VITTIME E CARNEFICI
Prima
Il 26 gennaio di quest’anno la Corte Internazionale di Giustizia (CIG), il più alto organo giudiziario delle Nazioni Unite (ONU), ha ritenuto sussistere “un rischio plausibile” di genocidio nella striscia di Gaza e ha imposto a Israele di adottare una serie di misure a difesa del popolo palestinese. La richiesta è stata deferita alla CIG il 29 dicembre 2023 dal Sudafrica, che con riferimento alla Convenzione del 1948 sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio, ha chiesto di ordinare ad Israele la sospensione delle operazioni militari contro Gaza per evitare che vengano inflitti danni irreparabili alla popolazione palestinese.
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Il governo israeliano ha ritenuto priva di ogni fondamento l’accusa, sostenendo di non combattere la popolazione civile di Gaza ma Hamas e ritenendo di aver reagito agli attacchi del 7 ottobre accusando a sua volta Hamas di crimini contro l’umanità. Già il 13 novembre scorso diverse associazioni non-profit e lo Stato di Palestina avevano richiesto di emettere mandati di arresto contro diversi membri del governo israeliano, e in particolare contro il Capo di governo Netanyahu e contro il Ministro della Difesa accusati di aver promosso e organizzato il genocidio del popolo palestinese. A riprova, gli avvocati sudafricani hanno prodotto delle dichiarazioni ufficiali: quella del Ministro della Difesa Yoav Gallant che ha definito i palestinesi “animali umani“, il rifiuto del Presidente israeliano Isaac Herzog di far distinzione tra Hamas e la popolazione civile e i ripetuti riferimenti – da parte di Benjamin Netanyahu – ad un passaggio della Bibbia ebraica in cui Dio ordina a Saul di uccidere tutti “uomini, donne, bambini e lattanti“. Inoltre, gli avvocati sudafricani hanno evidenziato l’elevato numero di morti, il 70% dei quali probabilmente costituito da donne e bambini, il trasferimento forzato dell’85% della popolazione di Gaza, la distruzione di 2/3 degli ospedali e l’assenza di rifugi sicuri contro i ripetuti bombardamenti. “Questa carneficina significa semplicemente la distruzione di ogni possibilità di vita in Palestina” ha riassunto l’avvocato Adila Hassim.
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Due pesi e due misure
Più di 50 paesi – molti dei quali appartenenti all’emisfero sud del mondo – hanno espresso il proprio supporto alla procedura avviata dal Sudafrica anche se per il momento nessuno ha aderito formalmente. Mentre 32 paesi, tra cui 26 Stati dell’UE, hanno sostenuto l’azione intentata dall’Ucraina contro la Russia, nessuno di essi ha aderito all’azione promossa dal Sudafrica. Anzi la Germania sta considerando di partecipare al processo, ma dalla parte di Israele. Il portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale Statunitense ha dichiarato che la denunzia è “priva di fondamento” mentre il Primo Ministro britannico la ritiene “ingiustificata“. Il Ministro degli Esteri francese il 17 gennaio scorso dichiarava che accusare Israele di genocidio significa “varcare una soglia morale” sollevando le giuste recriminazioni degli avvocati sudafricani e di organizzazione non governative. Un giudice della Corte ha accusato Israele di voler precostruire un eventuale probabile rifiuto di applicare una eventuale sentenza negativa che la Corte potrebbe pronunziare. Ma non tutto è andato nel verso giusto, come avrebbe voluto Israele. In Belgio si sono sollevate diverse voci che hanno sostenuto l’ipotesi più che legittima di perseguire Londra e Washington per complicità nel genocidio tenuto conto del loro sostegno materiale allo sforzo bellico israeliano. E non dimentichiamo nemmeno che gli studenti di molte università, anche americane, in questi mesi si sono battuti e si battono ancora perché venga fermato questo massacro ed accertate le responsabilità sia di Israele che di quanti hanno sostenuto militarmente Israele.
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Il 20 maggio scorso il Procuratore capo del Tribunale Penale Internazionale ha ipotizzato l’esistenza di crimini di guerra commessi sia da Israele che da Hamas, per cui ha chiesto al Tribunale l’emissione di mandati di cattura per il premier israeliano, aumentando l’isolamento di Israele a livello mondiale. Il Tribunale Penale Internazionale (ICC) non è un organo dell’ONU. Si tratta di un Tribunale che persegue i colpevoli di crimini di guerra. Ma né Israele né tantomeno Hamas fanno parte di questa organizzazione, che in passato si è occupata dei crimini di guerra commessi in Jugoslavia – riuscendo in quel caso anche a condannare diversi membri dei governi delle repubbliche nate dalla dissoluzione della Jugoslavia, colpevoli di un vero e proprio sterminio della popolazione bosniaca. Tuttavia la condanna dell’opinione pubblica potrebbe convincere Israele a consegnare Netanyahu al Tribunale, tenendo conto che ha diversi conti in sospeso con la giustizia israeliana. 1300 docenti e personale amministrativo delle istituzioni accademiche israeliane hanno firmato una petizione chiedendo al governo di porre fine alla guerra a Gaza e di riportare a casa gli ostaggi. I firmatari hanno affermato che “i benefici derivanti dal conseguimento della guerra non sono chiari” e che essa “sta causando danni enormi ai civili di Gaza, fame e distruzione senza precedenti oltre a provocare molte vittime, danni mentali a centinai di migliaia di persone e un grave deterioramento dello stato diritto“. “Il diritto all’autodifesa non garantisce il diritto di intraprendere una guerra senza un fine realistico o mirato alla sopravvivenza politica della leadership“, hanno concluso.
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Di tutt’altro tenore la reazione di Israele. La decisione del Tribunale dichiara Netanyahu “è un tentativo di negare la legittimità dello Stato ebraico a difendersi“. A sollevare la rabbia israeliana è stata anche l’equiparazione tra i propri leader e quelli di Hamas. Ribadisce Khan, il Procuratore del Tribunale Internazionale, che “la legge vale per tutti“. Diritto internazionale e regole sui conflitti armati valgono per tutti. Ora toccherà ai giudici della Corte Penale Internazionale esaminare la richiesta di mandato d’arresto avanzata dal Procuratore Khan, valutando le prove e chiedendo eventuali integrazioni. La conclusione non è scontata anche se prevedibilmente in caso di condanna sarà difficile attuare la misura detentiva.
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Anche il Presidente USA si è schierato al fianco di Israele. Ha dichiarato Biden quanto segue: “la nostra posizione sulla CPC non è nuova. Non riconosciamo la giurisdizione di questa Corte né pare che ci sia equidistanza tra ciò che ha fatto Israele e quello che invece ha fatto Hamas“. Così Biden ha replicato ad una lettera resa pubblica nella quale più organizzazioni di tutto il mondo hanno chiesto al governo americano di “opporsi a qualsiasi tentativo di intimorire la Corte Penale Internazionale“.
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Totale silenzio dell’UE
Purtroppo, fino ad oggi non risulta alcuna presa di posizione da parte dell’UE. Anzi sembra proprio che i membri dell’UE vogliano mettere a tacere ogni voce o comunque alleggerire le pesanti responsabilità del governo israeliano. Solo l’Irlanda per bocca del suo Ministro degli Esteri ha annunciato mercoledì (27 ottobre) che probabilmente si costituirà parte civile insieme al Sudafrica nella causa contro Israele. Il Ministro degli Esteri Michael Martin ha affermato che “anche se spetta alla Corte Internazionale di Giustizia decidere se si sta commettendo un genocidio, l’attacco di Hamas del 7 ottobre e ciò che sta accadendo a Gaza rappresenta la palese violazione delle norme internazionali del diritto umanitario su vasta scala” aggiungendo che “la presa di ostaggi, il rifiuto dell’assistenza umanitaria ai civili, l’uso indiscriminato di armi ed esplosivi nelle aree popolate costituisce una conferma del massacro di un intero popolo“.
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“Secondo i calcoli palestinesi, l’attacco guidato da Hamas ha ucciso 1200 persone e ha provocato la presa in ostaggio di oltre 250 persone. Da allora, secondo le autorità sanitarie di Gaza gestite da Hamas, l’assalto israeliano a Gaza ha ucciso più di 32000 persone“. La scorsa settimana l’Irlanda, sostenitrice da sempre dei diritti dei palestinesi, si è unita alla Spagna e alla Slovenia nel compiere i primi passi verso il riconoscimento della Stato dichiarato dai palestinesi nella Cis-Giordania occupata da Israele e nella striscia di Gaza. L’iniziativa ha sollevato la reazione dello Stato di Israele che ha richiamato gli ambasciatori di questi tre paesi al Ministero degli Esteri per protestare contro questa iniziativa ritenendo che costituisca “un premio per il terrorismo” che ridurrebbe la possibilità di una soluzione negoziata del conflitto.
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Sinceramente lo Stato di Israele è l’ultimo a poter accusare il popolo palestinese di terrorismo. Al contrario, tutta la storia di Israele, da quando ha messo piede in Palestina, si è servito sempre di violenza aperta nei confronti dei palestinesi, cacciandoli dai loro villaggi, distruggendo la loro economia. Ancora oggi, senza alcun rispetto degli accordi raggiunti per la costruzione di due Stati autonomi e indipendenti l’uno dall’altro, Israele continua a massacrare il popolo palestinese alla luce del sole, mentre i nuovi coloni arrivati in Israele hanno mano libera per impossessarsi dei territori occupati già dai palestinesi. I carnefici di oggi sono le vittime di ieri ma la belva umana non è ancora soddisfatta di quanto accade, lanciando la prospettiva di una guerra senza fine. La pace, come scriveva un politico di professione, è solo una pausa tra una guerra e l’altra. Se vogliamo evitare un nuovo conflitto che potrebbe coinvolgere tutta la nostra civiltà, dimostriamo ai padroni della guerra di essere ancora capaci di distruggere i piani bellici di un sistema impazzito. Abbasso la guerra, tutte le guerre, chiediamo il disarmo universale e cacciamo questi protagonisti della politica, nemici dell’umanità, per riprendere un percorso di solidarietà e di cooperazione tra tutti i popoli della Terra.
Giugno 2024
Avv. Eugenio Oropallo