VI RICORDATE DI RIGOPIANO?
Sono passati quasi due anni dalla tragedia di Rigopiano. Alle 17,40 del 18 gennaio 2017 una enorme valanga si stacca dalla montagna piombando sull’hotel Rigopiano in località Farindola. Nel pomeriggio, quando ormai all’hotel Rigopiano restavano pochi minuti di vita, l’Istituto di geofisica e meteorologia – come riporta la stampa – avrebbe informato alle ore 14,33 che sarebbero stati rilevati su quel territorio quattro sismi di magnitudo superiore a cinque nell’arco di quattro ore. Fenomeno mai verificato in passato. Nel breve intervallo, forse di mezz’ora fra la comunicazione dell’Istituto e la valanga, arrivò la quarta forte scossa: magnitudo, 4,3 alle 16,16. Alle 17,40 la massa nevosa si stacca dalla montagna piombando sull’albergo Rigopiano di Farindola. Si tratta di una massa di neve di 50 mila tonnellate che si abbatte sull’albergo alla velocità di 100 Km/h con la violenza pari a 4000 Tir a pieno carico che piombano su un edificio. Non c’è scampo per chi è rimasto in albergo tra ospiti e personale. Per 29 di essi non ci sarà più niente da fare. Si è trattato di un evento naturale, certo di natura eccezionale ma i soccorsi, partiti in ritardo, possono senz’altro aver reso più gravi le conseguenze di questa valanga. Per una serie imperdonabile di equivoci, di ritardi, di errate valutazioni e di scarsa conoscenza del fenomeno sismico, hanno perso la vita 29 persone che potevano essere salvate solo se il sistema di controllo, efficiente sulla carta, avesse funzionato. Errore umano? Certo ma aggravato dalla superficialità e dalla irresponsabilità di chi aveva il dovere di controllare, decidere e disporre le misure per mettere in salvo quanti erano rimasti isolati nell’albergo a causa del fenomeno nevoso che aveva bloccato le strade di accesso all’albergo. Circostanza questa che non impediva però l’accesso alle macchine dei soccorsi che sono intervenute con colpevole ritardo. Solo giovedì 19 gennaio dopo 20 ore di marcia i primi soccorritori con gli sci ai piedi sono potuti arrivare a quel che resta dell’albergo. Nei giorni successivi i soccorritori continuano a scavare senza sosta salvando alcuni ospiti dell’albergo, tra cui diversi bambini. Alla fine, il bilancio ufficiale è di 29 vittime ed 11 sopravvissuti. Viene avviata un’inchiesta giudiziaria per accertare se e quali responsabilità abbiano contribuito a questa ennesima tragedia. Oggi, dopo il lavoro congiunto di magistrati e di tecnici, il PM ha chiesto il rinvio a giudizio di 24 indagati. Sette i reati ipotizzati: disastro colposo, lesioni plurime colpose, omicidio plurimo colposo, abuso edilizio, abuso di atti di ufficio e ancora in più all’ex Prefetto di Pescara Provolo vengono contestati, insieme al suo ex capo di gabinetto Leonardo Bianco, anche l’omissione di atti di ufficio e il falso in ideologico – come riporta “La Repubblica” del 21.11 u.s. “perché comunicano alla Presidenza del Consiglio di aver fatto ciò che in realtà non avevano fatto e cioè attuare la sala operativa della Prefettura di Pescara e il Centro di comando dei soccorsi”. In effetti, il Centro Soccorsi fu attivato solo alle 13 del 18 gennaio, quattro ore prima della slavina. La vicenda di Rigopiano mostra che il disastro poteva essere evitato solo che il sistema fosse partito in base all’allerta già annunciata. Si fa presto a parlare di tragedia naturale in quanto sono le istituzioni in questo caso a essere responsabili perché i soccorsi son partiti con notevole ritardo. Certo, l’accertamento delle responsabilità non potrà riportare in vita le vittime né lenire il dolore dei sopravvissuti e di quanti hanno perso in quel disastro il compagno, l’amico o il figlio. Queste sciagure potrebbero insegnare molto anche perché, a causa del mutamento del clima, i disastri naturali saranno sempre più frequenti, come dimostra il recente disastro che si è verificato sulle Dolomiti Venete. Non si può continuare a piangere i morti o a intervenire quando ormai è troppo tardi. Bisogna imparare a prevenire, soprattutto in un territorio come quello italiano soggetto spesso a fenomeni tellurici di forte intensità. Imparare a rispettare la forza della natura evitando di aggredire le montagne, costruire sui greti dei fiumi o edificare sulle spiagge, perché se si continua a fare esattamente il contrario, non ci resteranno le lacrime per piangere i nostri morti. La sistematica aggressione subita dall’habitat naturale in questi ultimi decenni, accompagnata dalla speculazione di aree che dovrebbero essere sottratte ad ogni intervento dell’uomo, rende drammaticamente ineludibile di costruire un diverso rapporto con la natura e un intervento che miri a preservare la natura in tutti i suoi molteplici aspetti, combattendo ogni forma di sfruttamento del territorio che è un bene unico di cui possiamo godere ma conservandolo anche per le future generazioni.
Dicembre 2018