VENDETTA DOPO IL VERTICE
Si era appena chiusa la conferenza di Palermo sulla Libia che a Tripoli si combatte di nuovo. Come si legge su “La Repubblica” del 15.11, la settima brigata di Tarhouna, una delle milizie meglio organizzate e armate, ha occupato l’aeroporto internazionale, dichiarato zona militare. In una dichiarazione resa sempre al giornale “La Repubblica” del 14.11. l’intervistato dichiarava “da Palermo non ci aspettiamo niente, è una sfilata di bambole e Serraj è un burattino dell’Europa e delle Nazioni Unite”. Sono gli stessi governi, quello di Serraj di base a Tripoli sostenuto dalla comunità internazionale e in particolare dall’Italia e quella del generale ex gheddafiano Haftar, fortemente sostenuto della Francia di Macron, a contendersi le alleanze strategiche con le milizie. Diciamo che se i due governi restano ancora in piedi, lo devono alle milizie che li sostengono e che contribuiscono a rendere instabile il paese e a bloccare qualsiasi tentativo di riportare la pace in Libia. In un report pubblicato la scorsa primavera dall’Istituto tedesco per affari internazionali, lo studioso Walter Lacher sottolinea come le milizie siano diventate interlocutori obbligati per garantire la continuità del Consiglio Presidenziale di Serraj, aggiungendo che “negli ultimi due anni le milizie tripolitane si sono trasformate in reti criminali associate alla politica“. “Il governo è impotente difronte a queste influenze mentre l’ONU e i governi occidentali hanno contribuito a questa situazione, tacitamente sostenendo l’espansione di questi gruppi“. Dichiara all’Espresso del 9.9 Yaseen, che un tempo lavorava come addetto alla sicurezza delle aziende internazionali in Libia: “Sono proprio questi paesi e la stessa ONU, dunque, che hanno fallito imponendo ai libici un governo che non rappresenta altro che i loro interessi e stringendo accordi più o meno imposti con quelle milizie che oggi fingono di condannare. Il governo Serraj esiste sempre più solamente sulla carta…e ci sono migliaia di migranti, rinchiusi in prigioni legali o illegali, che nessuno può evacuare: molti di loro sono stati catturati nel Mediterraneo e rispediti a terra, in una Libia considerata “un porto sicuro”. Non dimentichiamo che recentemente – sia col vecchio governo che con quello attuale – si sono intensificati gli incontri e gli accordi per bloccare in Libia i flussi migratori, consentendo appunto le violenze indiscriminate nei confronti di donne e bambini, da parte di queste milizie che gestiscono il traffico delle rotte migratorie, arricchendosi sulla pelle di questi poveracci con il silenzio dei paesi rivieraschi – in particolare l’Italia – che si ostina a ritenere i porti libici “sicuri” mandando indietro, come è avvenuto recentemente, decine di migranti su cui si sono accaniti gli aguzzini libici. La conferenza di Palermo aveva fatto sperare che l’incontro tra i due protagonisti della vicenda libica potesse contribuire ad accelerare il processo di pace. Tutto si è rivelato una grande illusione: la divisione tra i paesi europei, in particolare tra l’Italia e la Francia –e la posizione defilata sia della Russia che degli Usa hanno determinato anche il fallimento di questo vertice che ha ribadito al contrario che non si può fare alcun passo avanti, fino a quando non si prende atto che sono per primi alcuni paesi europei, come l’Italia e la Francia, e poi gli Usa e gli altri paesi di questa tormentata regione a non voler sciogliere i nodi di questa intricata situazione politica. Ancora una volta sono gli interessi del capitale internazionale a determinare i destini del popolo libico senza nascondere le mire di altri paesi di come l’Egitto o i paesi del Corno d’Africa, come l’Arabia Saudita, o come la Turchia, che vorrebbero partecipare alla spartizione delle risorse di questo paese. Insomma, per dirla in breve, la favola della rivoluzione araba, invece di portare la pace, ha alimentato la guerra ed è ancora difficile immaginare quale sarà il destino di questo paese in cui decine di milioni di uomini vivono nella morsa della guerra e della fame. Probabilmente, si dovrà attendere che in Europa e nel mondo si abbia un nuovo cataclisma politico che possa consentire alle plebi africane di affrancarsi definitivamente dalla schiavitù e dal neo-colonialismo, anche quello attuale mascherato dei paesi capitalisti che, per appropriarsi delle ricchezze dell’Africa, contribuiscono al sottosviluppo economico e sociale di questo continente. Anzi, si può aggiungere che il recente interesse manifestato Cina che sta acquisendo vasti territori centro-africani, allontana sempre di più la prospettiva di sviluppo dei paesi dell’Africa sub-sahariana.
Novembre 2018