UE, BREXIT E SOVRANISMO
Uno dei primi problemi che l’UE si troverà ad affrontare, se e quando sarà domata questa pandemia, e di sicuro non vi è alcuna certezza che ciò avvenga a breve, visto che la scienza sembra impotente rispetto a questa crisi sanitaria, sarà quella di tener salda l’unione monetaria e il mercato unico. Per quanto riguarda il primo aspetto, va ricordato che la Commissione uscente aveva raccomandato di estendere la moneta unica a tutti i paesi membri, perché non ha senso mantenere questa frattura tra le due parti dell’UE. E’ vero che nel 2000 non erano ancora mature le condizioni per creare una moneta unica, ma oggi, dopo venti anni, dovrebbe apparire del tutto legittimo che la UE si doti di un’unica moneta che potrebbe accelerare le riforme che tutti si aspettano da anni, soprattutto quella di creare anche un’unità politica e non solo monetaria o di mercato come avviene ancora oggi. Se ci sono delle contro-indicazioni, esse non sono di natura economica ma solamente politica. C’è infatti in piedi un problema aperto con alcuni paesi dell’Est che, malgrado l’appartenenza all’Unione europea, sembra che non ne accettino tutte le regole rivendicando di poter decidere da soli entrando in contrasto con i principi posti a base dell’UE. Ed è il caso della Polonia: proprio in questi giorni la Commissione ha inviato una nuova lettera di messa in mora alla Polonia per il tentativo del governo di Varsavia di sostituire prima del tempo il capo dell’autority delle telecomunicazioni mentre la Corte di Giustizia ha intimato all’Ungheria di liberare alcuni migranti arrestati alla frontiera, mentre il Parlamento europeo ha sollecitato l’apertura di una nuova procedura di infrazione per i pieni poteri che si è auto-conferito Orbàn per affrontare l’emergenza Covid-19. Ad allargare la frattura ci si è provata anche la Corte Costituzionale tedesca che con la sua sentenza ha messo in discussione la politica della BCE. Nota stonata che è stata subito contestata dalle istituzioni europee che hanno ricordato la piena indipendenza dell’UE e delle sue istituzioni. Anche la Cancelliera Merkel in questa vicenda è stata costretta a riconoscere come questo intervento della Corte Costituzionale sia stato abbastanza maldestro. Ma ciò non ha evitato ai paesi sovranisti di sentirsi autorizzati a mettere in discussione l’operato della Commissione, anche quando violano i valori fondanti dell’UE o quando rifiutano ogni delega di sovranità, come ha ricordato su “La Repubblica” del 18 u.s. Andrea Bonanni. L’altro problema che si troverà ad affrontare l’UE è quello della Brexit. A fine anno si dovrebbe definitivamente rompere il vincolo formale che ancora lega la Gran Bretagna all’UE. Ma, anche a causa della pandemia, sarà difficile raggiungere un accordo definitivo con Johnson che nel frattempo, con uno dei primi provvedimenti assunti, ha ribadito che i lavoratori provenienti dall’UE, a partire dall’anno prossimo, saranno trattati come i lavoratori extra-europei, senza poter contare più su quelle garanzie che erano stabilite per loro. C’è da aggiungere che l’accordo dovrebbe portare anche alla restituzione di diversi miliardi di euro da parte della Gran Bretagna all’Unione e questo potrebbe essere un argomento per convincere la Gran Bretagna a raggiungere un ragionevole accordo. Senza contare che è difficile prevedere quali saranno le decisioni che prenderanno sia la Scozia che l’Irlanda del Nord che non fanno mistero di voler restare nell’UE per cui si potrebbe arrivare anche ad una crisi istituzionale che potrebbe sancire il distacco di queste due regioni dal Regno d’Inghilterra per cui anche Johnson dovrà tener conto di questa ipotesi che potrebbe senz’altro ridimensionare la sua tracotanza. Al di là di questi problemi, il problema centrale per l’UE è quello di raggiungere un accordo sulle riforme istituzionali necessarie per la sua sopravvivenza. Innanzitutto bisogna rivedere i trattati consentendo di poter decidere a maggioranza qualificata mentre oggi le decisioni possono essere prese in seno al Consiglio solo all’unanimità. A dirla tutta, questo è un limite gravissimo che pesa come un macigno sul futuro dell’UE perché, se continueranno a decidere i governi dei singoli Stati membri, sarà difficile una trasformazione in senso federale dell’Unione. Ormai ad oltre sessant’anni dalla sua nascita l’UE continua a pagare un pesante tributo proprio agli Stati-Nazione che con il loro esasperato nazionalismo condizionano il futuro dell’Europa. Un aiuto per superare l’opposizione di diversi paesi potrà venire senz’altro dal Parlamento Europeo ma c’è bisogno nei prossimi anni di intervenire nei paesi membri per illustrare i limiti oggi della politica europea e i vantaggi che una trasformazione delle istituzioni e dei loro poteri potrà arrecare a tutti i paesi. Di fatto, per alcuni aspetti, come quello della sicurezza, anche se ci sono ancora delle voci stonate, si stanno facendo piccoli passi avanti anche nella prospettiva di sganciarsi dal Patto Atlantico. Ma la battaglia è appena agli inizi: bisognerà ritornare nelle piazze con tutte le forze che condividono questo percorso per far giungere all’UE un segnale forte e chiaro.
Non possiamo restare prigionieri del passato, di una ideologia che esalta i valori “nazionali” favorendo così conflitti futuri. Non possiamo sacrificare il nostro futuro per il bene della Nazione dimenticando che siamo ormai parte di una realtà sociale ed economica il cui obiettivo non può che essere il superamento di ogni particolarismo e raggiungere un’identità che possa essere riconosciuta e rispettata in tutto il globo, nella consapevolezza che il ritorno ad un passato nebuloso ed incerto non potrà che causare la perdita di ogni indipendenza difronte ai protagonisti politici di questo secolo, come gli USA, la Cina, o la Russia. La divisione tra gli Stati europei non potrà che fare il gioco di questi giganti politici, rispetto ai quali non possiamo continuare ad essere “i portatori d’acqua”.
21/5/2020