Salvini e il caso “Diciotti”. Il passato che ritorna
Nell’agosto scorso, all’epoca in cui scoppiò la vicenda della motovedetta “Diciotti”, scrivevamo che andavano accertate le responsabilità in sede politica, certo, ma anche sul piano giudiziario. (L’articolo può essere letto su www.dirittoineuropa.eu). Qui, cercherò di riprendere i punti salienti di quella vicenda per riallacciarmi poi alle richieste formulate oggi dal Tribunale di Catania che ha richiesto al Senato l’autorizzazione a procedere nei confronti del ministro Salvini per il reato di sequestro di persona in base ai fatti accertati. E andiamo a ricordare questi fatti. La notte di Ferragosto la motovedetta italiana “Diciotti”, raccogliendo una richiesta di aiuto via radio, ebbe a soccorrere in mare un’imbarcazione con 177 persone a bordo, tra cui molte donne e bambini. Il comandante della motovedetta, come previsto dalla prassi, via radio chiede al centro italiano che coordina i soccorsi in mare di migranti di indicare il porto sicuro cui approdare in Italia, senza ottenere risposta alcuna, per cui la nave per alcuni giorni si terrà fuori dal porto di Catania ma senza avere il permesso di attraccare, su espressa indicazione dei funzionari del Ministero dell’Interno per decisione del ministro Salvini il quale pubblicamente dichiara che non darà il permesso di attraccare fino a quando l’UE non consenta di ricollocare gli asilanti in altri paesi europei, una volta effettuato lo sbarco. Si tratta di un vero e proprio abuso di legge sanzionabile penalmente in quanto il Ministro dell’Interno non ha alcun potere in tal senso perché la responsabilità nel porto di Catania è dell’autorità portuale e quindi spetterebbe al Ministro delle Infrastrutture Toninelli la decisione di negare lo sbarco. Ma Toninelli si guarda bene dall’intervenire nella vicenda. Secondo il prof. Flick, ex ministro della Giustizia, si può ipotizzare sotto il profilo giudiziario anche un sequestro di persona. Nel frattempo sulla terraferma continuano le polemiche tra Salvini e il governo da una parte e una parte della società civile che protesta per la mancata assistenza ai migranti le cui condizioni sulla motovedetta iniziano a diventare critiche. Anche la Magistratura interviene per individuare in concreto chi abbia inviato l’ordine di non far sbarcare i migranti. Il Procuratore Capo di Agrigento vola a Roma per sentire in veste di testimoni sia il Capo del Dipartimento delle libertà civili, il Prefetto Gerardo Pantalone e il Vice Capo del Dipartimento, Bruno Corde da cui, scrive la Repubblica del 25.8, “ha preso le mosse la macroscopica catena di abusi cominciati nove giorni fa nel basso Mediterraneo” indagando formalmente Salvini per i reati di sequestro di persona, arresto illegale e abuso di ufficio, disponendo lo sbarco immediato degli ultimi migranti rimasti ancora sulla motovedetta. Scriveva Bonanni sulle pagine di La Repubblica del 25.8 “L’Italia è stata spesso isolata in Europa –anche ai tempi del governo Renzi – …ma bisogna risalire ai giorni più neri dell’ultimo governo Berlusconi per ritrovare nelle altri capitali un’ostilità derisoria così diffusa e radicata nei confronti del nostro Paese. Il terzetto Salvini – Di Maio – Conte ha raggiunto questo risultato in pochissimi mesi”. Oggi l’isolamento sul piano europeo diventa un dato davvero preoccupante: isolato il paese dai suoi tradizionali alleati occidentali con i quali i rapporti ormai solo formali avendo il governo – con Salvini e DI Maio in primo piano – creato seri contrasti sia con il Presidente francese ed oggi con l’Olanda. Ma quel che è grave è che la affidabilità del nostro governo è ai minimi storici in Europa e chissà quanto tempo ci vorrà per recuperare un minimo di considerazione da parte dei partners europei. Ma l’Italia è isolata anche da quei paesi dell’Est – quelli del gruppo Visegrad in particolare – fautori di una politica sovranista su cui Salvini contava a livello europeo. Oggi – il governo italiano – in rotta con l’UE – va a cercare consenso o a casa del presidente americano o da quello russo che sono prodighi di consigli e di apprezzamenti per il lavoro del nostro governo, utilizzato come cavallo di Troia all’interno della cittadella Europa. E la cosa grave, ridicola nel contempo, è che questi fior fiore di politici, non si rendono conto di essere usati dalle due potenze per mettere fuori gioco l’UE. Ma ritorniamo alla vicenda “Diciotti”. Oggi il Tribunale di Catania – dopo aver accertato i fatti – peraltro inequivocabili – ha richiesto al Senato di procedere nei confronti di Salvini per il reato di sequestro di persona pluriaggravato (art. 605 comma 1,2 n. 2 e 3 c.p.) “per avere nella sua qualità di Ministro dell’Interno, abusato dei suoi poteri, privato della libertà personale 177 migranti”. Ai sensi del combinato disposto dell’art. 96 Cost. e dell’art. 9, co. 5 s.s. della legge costituzionale n. 1/1989, il Senato potrà negare l’autorizzazione a procedere a maggioranza assoluta entro il 23 marzo “ove reputi con valutazione insindacabile, che l’indagato abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell’esercizio della funzione di Governo”. (art. 9 co. 3 l. Cost. n. 1/89). E’ evidente che fino ad oggi, pur dichiarandosi innocente in quanto avrebbe agito per motivi di sicurezza in quanto si temeva che sulla motovedetta ci fossero soggetti terroristi, né Salvini né altro corpo di polizia all’epoca dello sbarco ha individuato alcun presunto terrorista per cui è chiaro che si cerca di coprire oggi le responsabilità di un ministro che aveva agito in violazione di ogni norma di legge sia nazionale che internazionale. Oggi si tenta di fare quadrato attorno a questo rappresentante dello Stato ma sarebbe davvero iniquo e contrario ad ogni forma di legalità che si negasse alla Magistratura di giudicare il Salvini, alla luce dei fatti accertati. Insomma, ancora una volta saremmo difronte ad un ennesimo abuso del potere politico. Salvini era ed è ben cosciente che molti suoi atti sono contrari alla legge per cui va giudicato come e più di qualsiasi altro cittadino, tenuto conto dell’alta carica che ricopre. Se è davvero il paladino della legalità costituzionale, si faccia giudicare dal Tribunale di questo paese per accertare una volta per tutte quali sono i limiti dei suoi poteri costituzionali. Non c’è bisogno di scomodare fior di costituzionalisti per ribadire come questo paese è alla deriva. Lo è sotto il profilo politico, lo è nel campo economico ma lo è ancor di più sotto il profilo della legalità che viene sistematicamente calpestata proprio da chi quella legalità dovrebbe difendere. E’ un problema, quello della legalità, che incide pesantemente sullo sviluppo del nostro paese, che ci allontana dall’Europa, che allontana dall’Italia molti operatori economici. Se oggi consentiamo ancora una volta a questo rappresentante del potere di bloccare il corso della giustizia, avremo un altro motivo per essere preoccupati per il futuro di questo paese e daremo un altro elemento di preoccupazione all’Europa che sull’Italia ha sempre contato per la difesa dei diritti umani in Europa. Se è solo Salvini ad essere giudicato, il governo ha ragione quando afferma, per bocca del Presidente Conte, che è messo in discussione anche l’operato politico di questo governo ma è proprio per questo che dovrà consentire alla giustizia di fare il suo corso. Purtroppo, oggi il governo – per giustificare l’operato di un suo membro – sta difendendo la tesi che Salvini non abbia agito da solo in questa vicenda ma di aver posto in essere una decisione concertata con tutto il governo. Fatto sta che all’epoca non era mai stato emesso alcun comunicato del Governo in tal senso, né si è avuta notizia di una riunione di governo che avesse preso la decisione di blocco della nave. Troppo tardi, dunque, per cambiare la versione e far bere a questo paese l’ennesima menzogna. In effetti, l’ipotesi di reato a carico del senatore Salvini è che abbia abusato delle funzioni attribuitegli ponendo arbitrariamente il proprio veto allo sbarco dei migranti. Ai sensi della Convenzione di Amburgo, ricorda il Collegio del Tribunale che ha richiesto il rinvio a giudizio di Salvini, sussiste in capo allo Stato di “primo contatto” con le persone in pericolo (nel caso di specie, l’Italia), l’obbligo di intervenire e coordinare le operazioni di soccorso anche al di fuori della propria zona SAR anche quando l’autorità nazionale che sarebbe competente secondo la ripartizione delle acque marittime (Malta, nel caso di specie) non intervenga in tempi utili. Comunque, l’incertezza dell’individuazione dello Stato tenuto a provvedere al soccorso, secondo il Collegio, doveva ritenersi superata il 19 di agosto, quando il comandante della Diciotti riceveva dalla Guardia Costiera l’ordine di dirigersi verso Catania. Il provvedimento del Tribunale affronta anche l’esimente dell’eventuale sussistenza della causa di giustificazione dell’adempimento del dovere (art. 51 c.p.) giungendo però a conclusioni negative osservando che: “a) lo sbarco di 177 stranieri non regolari non potesse costituire un problema cogente di ordine pubblico per diverse ragioni ed in particolare a) in concomitanza con il caso “Diciotti” si era assistito ad altri numerosi sbarchi dove i migranti soccorsi non avevano ricevuto lo stesso trattamento; b) nessuno dei soggetti ascoltati da questo Tribunale ha riferito (come avvenuto invece per altri sbarchi) di informazioni sulla possibile presenza tra i soggetti soccorsi, di “persone pericolose” per la sicurezza e l’ordine pubblico nazionale” (pag. 40). In realtà, aggiunge il Collegio, “la decisione del Ministro non è stata adottata per problemi di ordine pubblico in senso stretto, bensì per la volontà meramente politica…di affrontare il problema della gestione dei flussi migratori invocando, in base ad un principio di solidarietà, la ripartizione dei migranti a livello europeo tra tutti gli Stati membri” (pag. 40). Proprio a questo riguardo, peraltro, la motivazione evidenzia come, nel perseguire tali finalità di ordine politico, la decisione del Ministro abbia finito per travalicare precisi limiti di ordine costituzionale e sovranazionale che dovrebbero invece informare l’agire delle istituzioni. Il Collegio richiama, sul punto, la sentenza della Corte Costituzionale n. 105 del 2001, che pur prendendo atto dei molteplici interessi pubblici coinvolti nella gestione dei flussi migratori, ha ribadito il carattere inviolabile dell’art. 13 Cost., spettante ai singoli in quanto essere umani, e dunque a prescindere dalla loro eventuale condizione di migranti irregolari. Ancora, richiama la sentenza resa nel 2016 dalla Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo nel caso Khlaifia ed altri c. Italia, che aveva già condannato il nostro Paese per la violazione dell’art. 5 della Convenzione, in un caso simile a quello in esame, dove i migranti appena sbarcati erano stati arbitrariamente trattenuti (anche) a bordo di navi. Esclude ancora il Collegio che la decisione del ministro Salvini integri un “atto politico in senso stretto”, come tale radicalmente insindacabile, in sede giurisdizionale oppure integri un atto amministrativo adottato “per ragioni politiche” dal quale possono derivare anche responsabilità penali arrivando alla conclusione che le direttive impartite dal ministro Salvini non possono essere qualificate come atti politici in senso stretto: in verità, la designazione del place of safety (porto sicuro) costituisce un atto dovuto privo – alla luce della normativa sovranazionale e nazionale applicabile – di discrezionalità nell’an; inoltre, il divieto allo sbarco incide direttamente sulla sfera giuridica dei suoi destinatari, e dunque non può essere sottratto al sindacato del giudice penale. In conclusione, trattandosi di un atto amministrativo illegittimo, motivato da ragioni politiche, esso potrà essere oggetto di un processo penale, laddove la Camera di appartenenza rilasci l’autorizzazione a procedere. Dopo aver affermato di essere pronto a sottoporsi al giudizio del Tribunale, consigliato probabilmente dai suoi avvocati che certamente si rendono conto che sarà ben difficile parlare di atto politico in senso stretto, il ministro Salvini, in una lettera inviata al Corriere della Sera, sottolinea che la decisione di agosto è stata presa “nell’interesse pubblico”. Sappiamo benissimo che il ministro Salvini si ritiene, ovviamente, di essere il paladino dell’interesse pubblico, facendo sempre riferimento al popolo che lo ha eletto. Ma dovrà pur sapere che il mandato confidatogli si esercita tenendo conto dei limiti imposti per il suo esercizio dalla legge di questo Stato. Limiti che sono di per sé invalicabili in quanto si tratta di un precetto costituzionale: diversamente, ci si trova ad esercitare un potere arbitrario. E l’arbitrio non è ammesso innanzitutto per colui che ricopre incarichi ad alto livello quanto e più dell’umile servitore dello Stato. E’ questo il motivo per cui il ministro Salvini dovrebbe sentire l’obbligo morale di sottoporsi al giudizio del Tribunale perché così si rafforza il rispetto della legalità in un paese dove il principio della legalità viene richiamato spesso in maniera maldestra ed ipocrita. Se vi rinunziamo anche noi, ebbene è proprio il caso che chiudiamo bottega. Sottraendosi alla giustizia il ministro Salvini, legittimerebbe il ricorso alla violenza per superare i conflitti sociali -. E questo non sarebbe che un altro passo sulla strada dello Stato illiberale.