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RAPPORTI SEMPRE PIÙ TESI TRA ISRAELE E LE NAZIONI UNITE

Sono passate più di due settimane da quando il primo ottobre l’Iran ha attaccato Israele con un massiccio lancio di missili e droni. Il governo israeliano ha promesso di rispondere con un attacco in territorio iraniano ma senza indicare né come né quando. Per il momento, con il pieno accordo degli Stati Uniti, Israele ha aperto un nuovo fronte di guerra alla frontiera con il Libano, venendo così a contatto con il contingente ONU presente nel Nord del Libano come forza di interposizione dal 1978.

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Sotto il fuoco israeliano sono finite le città a ridosso della linea blu dell’ONU che ospita il quartier generale dell’UNIFIL, svelando che l’obiettivo non è più solo quello di allontanare i miliziani sciiti dal confine in modo che i coloni ebrei possano ritornare a casa – ma cambiare il quadro politico del Libano. E così progressivamente è cresciuta la pressione anche nei confronti del contingente ONU che gli israeliani vorrebbero che si ritirasse per non avere testimoni scomodi in attesa di “pianificazioni future“, visto che non è stata ancora espugnata la roccaforte di Hezbollah.

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Nei giorni scorsi la base UNIFIL è stata colpita dall’esercito israeliano ripetutamente, ferendo prima due soldati indonesiani e successivamente anche puntando le armi sulle basi tenute dagli Italiani. Un attacco deliberato, dunque, un vero e proprio crimine di guerra come lo ha definito il Ministro Crosetto.

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Qualche giorno fa Israele ha dichiarato il Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres “una persona non grata” proibendogli di entrare nel paese, accusandolo anche “di non aver condannato l’attacco criminale dell’Iran contro Israele“. In effetti dopo aver esortato a più riprese le parti in guerra a cessare il fuoco, Guterres ha condannato “l’allargamento del conflitto nel Medioriente“. La decisione di Israele di mettere alla porta il massimo rappresentante dell’ONU segna una notevole escalation nella faida di lunga data tra Netanyahu e il Segretario ONU che aveva ripetutamente denunciato le uccisioni di civili inermi da parte dell’esercito israeliano a Gaza mentre Netanyahu dal palco dell’Assemblea Generale dell’ONU è arrivato a definire l’ONU “una palude antisemita“, aggiungendo che la principale agenzia dell’ONU per i rifugiati palestinesi è in realtà una struttura infiltrata da Hamas chiedendone dunque l’immediato scioglimento.

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Il portavoce della missione internazionale Andrea Talenti ha denunziato che la pressione dell’esercito israeliano ha costretto i soldati della missione a interrompere ogni attività col timore di essere coinvolti in altri incidenti del genere. Non siamo di fronte a errori o eccessi di chi dirige il fuoco sul campo, ma ad una deliberata politica. Le Nazioni Unite dichiarano che “è in corso uno sterminio vero e proprio“.

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Domenica scorsa è stato lo stesso premier israeliano a richiedere al Segretario generale ONU di ritirare il contingente militare che controlla le alture del Golan svelando così l’intenzione di Israele di occupare tutto il Libano. Il tentativo israeliano di ritirare i caschi blu va contro una risoluzione (accettata anche dal governo israeliano stesso) per cui è solo il Palazzo di Vetro che potrà decidere su un eventuale ritiro del contingente.

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Israele per gli Stati Uniti è un pilastro della loro presenza sulla regione e questo finisce per coinvolgere anche i paesi alleati che non hanno mano libera sul conflitto, la cui sorte è legata solo agli interessi militari ed economici degli Stati Uniti.

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Purtuttavia, alla luce della estensione del conflitto alcuni stati Europei hanno preso posizione contro la politica aggressiva di Israele. L’Italia, la Francia e la Spagna con una nota congiunta hanno parlato di “attacchi ingiustificabili“. Il premier spagnolo Sánchez, dopo essersi incontrato con il Papa, ha aggiunto “che è urgente, alla luce di quanto sta accadendo in Medioriente, che la comunità internazionale interrompa le esportazioni di armi al governo di Israele“. I partiti di sinistra che fanno parte del governo spagnolo hanno richiesto a gran voce di interrompere ogni relazione diplomatica e commerciale con Israele. Una misura che, se applicata anche solo dai paesi europei, potrebbe convincere Netanyahu a rivedere la sua politica aggressiva. Anche perché sta invadendo un paese terzo, il Libano, violando così il diritto internazionale e umanitario, come ha segnalato la Corte di Giustizia internazionale.

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La settimana scorsa era stata l’Ambasciata israeliana ad attaccare la Spagna dopo le proteste che si erano tenute in varie città contro la guerra. Nel frattempo sta crescendo la schiera dei paesi che stanno limitando la vendita di materiale bellico a Israele o limitando i loro rapporti economici. Come mostra la decisione del governo francese di vietare a Israele di partecipare a una fiera che si è tenuta in Francia.

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Se c’è un paese che protegge il popolo ebreo – gli Stati Uniti – chiediamo che la Comunità internazionale e soprattutto la vecchia Europa facciano sentire la loro voce perché sia messa fine a questa barbarie, in attesa che i responsabili di questi crimini siano giudicati da una Corte internazionale. E, se non sarà possibile, lasciare ai palestinesi giudicare i loro carnefici – così come è stato alla fine della Seconda Guerra Mondiale quando i paesi vincitori hanno costituito un tribunale internazionale per giudicare i responsabili dei crimini commessi dal regime nazista.

Ottobre 2024

Avv. Eugenio Oropallo

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