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QUESTO GOVERNO CI HA TRADITO

La decisione del Governo di dar via libera ad una fornitura di armi all’Egitto del valore di diversi miliardi ha scatenato la reazione dei genitori del ricercatore ucciso al Cairo, come scrive il quotidiano “La Repubblica” del 9 giugno u.s.. In concreto i genitori di Giulio Regeni in questi anni si sono battuti e continuano a farlo non solo per ottenere giustizia per il loro figliolo ma in nome della difesa dei diritti umani ritenendo a giusta ragione che “le navi e le armi che venderemo ad Al Sisi serviranno a perpetuare le violazioni dei diritti umani contro le quali abbiamo sempre combattuto”. Una battaglia corale, dunque, in nome del rispetto dei diritti umani. Nell’ottobre dell’anno scorso era stato lo stesso ministro degli esteri Luigi Di Maio ad assicurare ai genitori “la verità sull’omicidio di Giulio è una priorità che non può subire alcuna deroga”. Ma, non è solo in questo caso e non sarà neppure l’ultima volta che le promesse dei governi italiani restino lettera morta. Se da una parte ci sono alcuni esponenti della sinistra italiana a chiedere un ripensamento immediato, dall’altra parte, in nome della real politik, c’è il capo politico del M5S, Crimi, che sostiene che “quella delle navi è soltanto una manovra economica senza alcuna relazione con il caso Regeni”. Più di un commentatore teme che questo dell’acquisto da parte dell’Egitto di una grossa fornitura di armi sia una sorta di risarcimento per il silenzio sul caso Regeni. Non crediamo che questo possa essere l’obiettivo. In effetti, la fornitura di navi e aerei da combattimento serve a combattere la presenza turca nel Mar Mediterraneo per cui da parte italiana si vuole rispolverare una collaborazione con l’Egitto per mantenere il controllo sul Mediterraneo, oggi compromesso proprio dall’intervento della Turchia che tenta di diventare lo Stato dominante nella regione. C’è poi l’interesse economico da non dimenticare e qui c’è lo zampino anche delle nostre industrie di punta come La Fincantieri e la Leonardo. Come ha scritto lucidamente Luigi Manconi sulle pagine sempre de “La Repubblica” dell’11 giugno scorso fu lo stesso Conte nel primo governo che “non riuscì a nascondere una certa euforia nel rinsaldare il rapporto con l’amico Al Sisi nel corso dell’agosto 2018” per proseguire nella collaborazione giudiziaria tra i due paesi, interrotto ormai da oltre un anno.

Il caso Regeni non potrà mai essere risolto, come vuole l’opinione pubblica, “perché Al Sisi non può incriminare chi ha commesso l’omicidio perché si tratta di un crimine di Stato”. E i delitti di Stato non possono essere puniti come se si trattasse di un delitto comune. Ricordiamo che per l’assassinio dell’onorevole Matteotti, quando già il fascismo si era installato a Roma, fu lo stesso Mussolini in un suo discorso ad assumersi la responsabilità del fatto mentre gli autori materiali, benché identificati, non subirono alcun processo. Solo dopo la caduta del fascismo uno degli assassini un certo Donini veniva condannato all’ergastolo ma poté anche godere della amnistia concessa dal Ministro Pella nel 1953. Difronte alla richiesta di atti concreti della famiglia Regeni, il titolare della Farnesina, quel Di Maio che ha sempre brillato per una serie di iniziative rivelatesi del tutto fallimentari (chi volete che lo ascolti? Putin o Al Sisi o l’amico-nemico Macron?) ha dichiarato che “resta ferma la nostra incessante richiesta di progressi significativi (quali?) nelle indagini sul caso del barbaro omicidio di Giulio Regeni, mentre il governo e le istituzioni italiane continuano ad esigere la verità dalle autorità egiziane attraverso una reale, fattiva ed efficace cooperazione”. Una dichiarazione ipocrita che continua a promettere sapendo bene che non c’è nessuno ad ascoltare.

18.6.2020

questo governo ci ha tradito

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