LICENZIAMENTO E DISCRIMINAZIONE RELIGIOSA
La Corte di Giustizia dell’UE con sentenza depositata nella causa C-68/17 ha ritenuto che il divorzio di un medico cattolico che lavorava in un ospedale religioso, come motivo di licenziamento, è una forma di discriminazione religiosa. Questo perché il rispetto del carattere sacro e indissolubile del matrimonio non è una condizione professionale essenziale per l’attività professionale svolta e non può portare al licenziamento. Tanto più che, osserva la Corte, posti analoghi erano ricoperti da dipendenti di diversa confessione religiosa. “Il divieto di qualsiasi discriminazione fondata sulla religione o sulle convinzioni personali – scrive Lussemburgo – riveste carattere imperativo in quanto principio generale del diritto dell’Unione ora sancinto dall’art. 21 della Carta, ed è di per sé sufficiente a conferire agli individui un diritto irrevocabile come tale nell’ambito di una controversia che li veda opposti in un settore disciplinato dal diritto dell’Unione”.
La Corte ha affermato, altresì, l’obbligo per il giudice nazionale di modificare una giurisprudenza consolidata se questa si basa su un’interpretazione del diritto nazionale incompatibile con gli scopi di una direttiva, nel nostro caso la direttiva n. 2000/78 che stabilisce la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro recepita in Italia con il Dlgs. n. 216/2003.
Settembre 2018
Fonte: www.marinacastellaneta.it