LA SCOMPARSA DEGLI OLIGARCHI
Dopo avere occupato per anni le cronache mondane di tutte le testate giornalistiche, sembra che gli oligarchi siano scomparsi dalla scena così come vi erano entrati. Fuga dalla realtà? Tentativo di dimenticare? ‘ Probabile che per mantenere il loro potere e difendere i lori patrimoni si siano affiancati al potere politico contribuendo anche a finanziare la guerra, sia in Russia che in Ucraina. Addirittura, nei mesi scorsi uno dei più potenti oligarchi russi si presentava in veste semiufficiale agli incontri fissati per cercare di mettere a tacere le armi. Anche gli oligarchi ucraini, come i loro emuli in Russia, stanno attraversando tempi difficili. L’oligarchia in Ucraina emerse sotto la presidenza di Leonid Kucma ex dirigente della più grande fabbrica di armamenti dell’allora Dnipropetrovsk (l’attuale città di Dnipro). Da allora gli oligarchi hanno sempre fatto parte integrante del sistema socio-economico-politico del paese, rendendo ancora più difficile il passaggio dell’Ucraina ad un sistema democratico privo (o quasi, diciamo) di corruzione. Il più accanito oppositore si è rivelato l’attuale presidente arrivato al potere grazie al sostegno di Kolomoiskyj una degli oligarchi più forti prima della guerra che comunque sembra non aver influito realmente sul sistema oligarchico ucraino. L’uomo più ricco di tutta l’Ucraina Rinat Akhakhmetov è stato l’unico a condannare apertamente l’aggressione. Altri oligarchi sono fuggiti dal paese rischiando di perdere la loro precedente influenza. Anche Kolomoiskyj, che era stato il principale organizzatore della campagna elettorale di Zelenski, di recente accusato di corruzione come governatore della regione Ucraina Dnipropetrovsk nel 2014/ 2015 non sembra particolarmente preoccupato per la situazione attuale anche perché le forze russe hanno risparmiato fino ad oggi le industrie controllate dall’oligarca. L’uomo d’affari Rinat Akhakhmetov, magnate dell’acciaio e dell’energia elettrica, fino al 2014 faceva parte della cerchia ristretta degli oligarchi vicino a Janukovic, già presidente dell’Ucraina e vicino alle posizioni di Putin, sostenne la causa separatisti nelle regioni orientali del Dombas senza però perdere la sua influenza a Kiev grazie al suo potere politico e finanziario. Con lo scoppio del conflitto nel 2014 Rinat Akhakhmetov ha avuto difficoltà da entrambi i lati del confine, ma ciò non gli ha impedito di fare affari sia in Ukraina (dove possiede centrali elettriche, acciaierie e un’enorme bacino mediatico) sia in Russia. Attualmente sostiene tutte le difficoltà associate alla guerra aiutando l’esercito regolare ucraino e gli sfollati. Insomma, si chiedono diverse esperti analisti, una sola guerra può spazzare via un sistema radicato in un paese da anni? “è da ingenui credere che il sistema oligarchico scomparirà sullo sfondo delle ostilità. Le persone che sono diventate oligarchi hanno sfruttato appieno le opportunità che si sono aperte dopo il crollo delle URSS. Nulla impedisce a queste stesse persone di cogliere le opportunità in una Ucraina post-bellica, soprattutto ora che lo Stato sta diventando l’attore principale dell’economia”, afferma l’analista politico Oleksandr Kocetkov. Insomma, sembra strano a dirsi, ma sul piano politico si trattava e si tratta ancora di un paese dove il governo è vicino a queste cosche mafiose, sia pure col colletto bianco. E che cosa dire dello sforzo finanziario che l’Unione Europea sta affrontando nell’Ucraina. Chi ne sarà beneficiario un’inesistente frangia democratica o un governo legato a doppio filo con i potenti oligarchi che fino ad oggi hanno sostenuto Zelenski e fanno il tifo per lui? In attesa di vedere come finirà questa guerra, non è che in occidente possiamo strapparci i panni per appoggiare le prospettive di Zelenski senza dimenticare che anche l’Europa ha i suoi oligarchi. Come scrive Michele Serra su il venerdì dell’otto luglio u.c.. Certo i nostri oligarchi saranno più esperti di quelli ucraini o russi ma non dimentichiamo che anche da noi ci sono oligarchi che ci stanno tosando con spaventose bollette del gas, ma non si possono toccare i loro enormi profitti ma per essere chiari non è che da noi in Italia si faccia una politica ostile a quei profitti anche se Draghi parla di “rischio populismo” le misure del governo contro il caro bollette hanno il sapore di pannicelli caldi. Non è demagogia e nemmeno populismo constatare che la guerra ha dato incremento a meccanismi speculativi ingovernabili, come se fosse uno stato di natura. C’è chi scommette sulla carestia per fare quattrini, speculando sul pane e sulla fame. E’ proprio vero quel che diceva Marx quando, parlando della guerra la definiva con “un bagno di giovinezza” per il capitalismo in affanno.
Luglio 2022