LA PANDEMIA ALIMENTA RAZZISMO E PAURE
Alla fine del mese scorso a Mondragone – provincia di Caserta – è stato scoperto un altro focolaio di contagio sul litorale Domitio, nelle palazzine ex Cirio, quartiere dormitorio occupato da lavoratori stranieri, dove venivano individuati nell’immediato 43 casi di positività. La zona è stata dichiarata da subito “zona rossa” ma si è scatenata anche una protesta da parte di centinaia di residenti che hanno iniziato a tirare pietre contro varchi di accesso presidiati dalla polizia. La tensione è salita dopo che tredici delle persone risultate infette hanno varcato senza permesso i varchi della polizia per paura di perdere il lavoro a causa della quarantena loro imposta. Ben ventisette dei 75 casi di contagio accertati complessivamente riguardano lavoratori occupati nella stessa azienda che continuava a lavorare e, solo successivamente, ne è stata sospesa l’attività con un’ordinanza firmata dal sindaco dopo aver effettuato un sopralluogo. Molti degli occupanti della palazzina in cui si è acceso il focolaio sono cittadini bulgari provenienti da una stessa città e venuti a lavorare a Mondragone nelle campagne dove c’è carenza di forza lavoro. “In quella palazzina – scrive “La Repubblica” – vivono centinaia di persone che lavorano nei campi, in condizioni inaccettabili, bambini che non vanno a scuola”. “Bisogna evitare una guerra tra poveri” – sottolinea il vescovo di Sessa Aurunca. Le tensioni nei giorni seguenti non si sono spente anche se controllate dalla polizia presente in forza. Ad accendere gli animi si è recato sul posto anche il capo della Lega Matteo Salvini cui però è stato impedito di tenere il comizio da contestatore – attivisti di centri sociali e componenti di associazioni locali – dice Salvini-. Scrive Roberto Saviano su “La Repubblica” del 26 giugno scorso che “le pandemie radicalizzano le contraddizioni esistenti, non le generano”. I lavoratori bulgari non tutti “regolari” lavorano senza diritti, spesso senza contratti, alla mercé dei caporali che non sono mai scomparsi dalla scena mentre il fallimento del progetto di trasformare Mondragone nella capitale mondiale della mozzarella si è arenato a causa anche dell’insipienza dei politici locali, lasciando dietro di sé solo una lunga scia di sfruttamento, emarginazione, mancanza di tutele. Il populismo ha fatto presto ad indicare questi lavoratori come responsabili di questo nuovo contagio dimenticando le condizioni in cui essi sono costretti a vivere: addirittura c’è stato un sindaco che in una sua ordinanza, all’inizio del contagio, ha indicato nome, cognome e residenza dei contagiati, quasi ad indicare alla popolazione locale un nemico da attaccare. “Dove non ci sono diritti, il virus si propaga e travolge tutto” aggiunge Saviano. Il caso scoppiato a Mondragone non è isolato perché i lavoratori stranieri contagiati nei mattatoi tedeschi, come i braccianti stranieri che lavorano in Italia o i camionisti trovati positivi nelle aziende di trasporto a Bologna “sono la testimonianza che abbiamo venduto l’anima al profitto”. Il Covid non ha fatto che scoperchiare una realtà ben nota ma difronte alla quale preferiamo chiudere gli occhi. Il Covid dunque è solo colpevole di aver rivelato una realtà di miseria umana, di sopraffazione, di sfruttamento e di illegalità dei lavoratori “stranieri” presenti nell’ingranaggio della produzione in Italia e in Europa. Se lo Stato volesse effettivamente combattere il fenomeno del caporalato, del lavoro nero, avrebbe tutti i mezzi per farlo ma questo finirebbe per annullare quel maggior profitto che l’imprenditore – a qualsiasi latitudine – lucra sulle spalle del migrante, nero o bianco che sia. Se la pandemia sta rendendo sempre più evidente questa realtà, forse è il momento di chiedere la regolarizzazione e la integrazione dei lavoratori stranieri, fare in modo che possano esserci contratti di lavoro e di affitto, sottraendo questi lavoratori alla schiavitù del caporalato. Il controllo sociale di queste persone servirà anche a controllare la loro salute e quella della comunità. Non dimenticando che quei lavoratori sono essenziali alla campagna e dunque bisogna che essi possono godere degli stessi diritti riconosciuti alla popolazione locale anche se è vero che una gran parte dei locali si trova privato di tanti diritti per cui con il lavoro dei sindacati e dei centri sociali, si potrebbe creare un fronte unico per affrontare una battaglia comune in difesa della legalità.
17/7/2020
la pandemia alimenta razzismo e paure