La mediazione nell’UE
Il Parlamento europeo ha approvato il 12.9.2017 una risoluzione sull’attuazione della direttiva 2008/52 del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale. Constata il Parlamento che gli obiettivi enunciati all’art. 1 della direttiva sulle mediazioni non sono stati raggiunti, visto che la mediazione è utilizzata mediamente in meno dell’1% dei casi nella maggior parte degli Stati membri. Un vero e proprio fallimento, dunque, che riflette la scarsa fiducia che i cittadini e la classe forense ripongono in questo strumento extra-giudiziale per la risoluzione di conflitti in materia civile e commerciale. Una volta tanto, questa volta il Parlamento ha apprezzato la scelta italiana che ha utilizzato la mediazione in misura superiore a sei volte rispetto all’Europa. Risultato, come si legge in un commento apparso su D&G del 3 novembre scorso, che deriva sicuramente dalla scelta italiana di rendere obbligatoria la mediazione per un certo numero di materie (art. 5 comma 1 bis d. lgs. n. 28/2010) ma anche dalla scelta di una parte della giurisprudenza di applicare le sanzioni per la mancata partecipazione al procedimento di mediazione. Va riconosciuto che questo procedimento viene visto dalla gran parte dei giuristi come una formale strozzatura cui bisogna piegarsi per accedere alla giustizia ordinaria, sapendo in anticipo che la mediazione si risolverà nel 99% dei casi in un nulla di fatto. Purtroppo, il legislatore ha optato per una soluzione che, se da una parte frena il ricorso immediato al Giudice, non fa che rinviarlo di qualche mese facendo aumentare i costi per l’utente che agisce per veder riconosciuto un proprio diritto. Uno strumento dunque che non serve neppure a limitare l’accesso alla giustizia ordinaria. Un’occasione perduta per il legislatore per velocizzare i tempi della giustizia. In fondo, se in Italia sono state espresse molte critiche alla scelta della mediazione, resa obbligatoria per legge, bisognerà pur tener conto del fallimento della mediazione negli altri paesi dell’UE. Dubbi, ne esprime pure la Commissione quando sottolinea proprio nella risoluzione che “la questione o meno dell’obbligatorietà o meno della mediazione è controversa”. In realtà, il progetto iniziale era proprio quello di una mediazione “volontaria”. Il Parlamento europeo rileva che sia necessario un cambio di mentalità che favorisca il ricorso alla mediazione. Purtroppo, lo stato della giustizia in Italia è tale da aver progressivamente abbassato la fiducia dei cittadini. Sarà la carenza di investimenti e la difesa di posizioni di rendita ma, se il panorama non muta, è chiaro che nessuna riforma potrà incidere su un sistema giudiziario come il nostro che inceppa gravemente anche il funzionamento dell’economia. La tempistica della risoluzione delle dispute commerciali vede infatti l’Italia al penultimo posto nella classifica OCSE: peggio di noi solo la Grecia. L’inefficienza della giustizia ha un costo pesante. Ovviamente, parliamo della giustizia ordinaria. La soluzione adottata dal legislatore, si è dimostrata fallace perché è sul processo che bisogna lavorare, eliminando le sacche di inefficienza del personale burocratico, destinando nuove risorse al settore, e soprattutto chiedendo il rispetto dei termini giudiziari anche da parte della magistratura. In qualche Tribunale, come quello di Torino, è stato possibile eliminare l’arretrato con semplici misure organizzative, utilizzando meglio le risorse umane. Certo, questo significa avere la totale collaborazione sia degli avvocati ma anche dei magistrati. La scelta del processo telematico costituisce senz’altro un passo avanti in questa direzione ma non basta per cui ci attendiamo che il legislatore, una volta tanto, voglia implementare anche il ruolo della magistratura se si vuole recuperare la fiducia dei cittadini nella giustizia.
Novembre 2017
Fonte D & G
Nota a cura avv. Oropallo
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