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JUS SOLI, UNA PROMESSA TRADITA

Ancora oggi il Parlamento ed i partiti politici che vi sono rappresentati stanno a discutere su una proposta di legge che è solo un modesto riconoscimento a quelli che, pur lavorando, studiando in questo paese affianco dei loro colleghi di lavoro o di studio, sono ancora considerati stranieri, privi di quei diritti civili che sono riconosciuti solo ai cittadini italiani. Stranieri, si è detto, in patria difronte ad una politica miope che si adegua alle paure suscitate nel paese dai partiti nazionalisti. Come ci avverte la vittoria del partito popolare nella vicina Austria, la barra politica è sempre più spostata a destra nel senso che anche i partiti di centro stanno accettando i valori della destra tanto è vero che proprio in Austria si prevede che il partito che ha vinto le elezioni politiche voglia governare con l’alleanza della destra xenofoba. Ma questa chiusura all’integrazione dei migranti poco ha a che fare con il riconoscimento della cittadinanza italiana ai giovani che di fatto fanno parte integrante della nostra società. Giovani che non hanno altra patria, che chiedono solo di non ritrovarsi fuori da ogni prospettiva di integrazione. E’ incredibile che una proposta di legge, approvata in prima lettura alla Camera dei Deputati nel 2015, votata da una maggioranza schiacciante con 310 sì e 66 voti contrari, sia ancora bloccata al Senato per l’approvazione finale. “Le riforme si fanno –scriveva allora il Presidente del Consiglio Matteo Renzi su Facebook- l’Italia cambia”. Al contrario, oggi la legge è ancora al palo: è incredibile che il PD ceda al ricatto di un suo alleato di Governo e di quei partiti che potrebbero essere suoi alleati in un governo futuro. E dire che la proposta di legge di cui stiamo parlando non mette affatto in discussione il principio dello jus sanguinis in base al quale solo chi nasce da cittadini italiani acquista automaticamente la cittadinanza italiana, restando così fuori dall’applicazione anche i cittadini europei che non hanno bisogno di permesso di soggiorno. Uno jus soli dunque molto temperato. Non sono pochi i politici – che fanno parte dell’attuale Governo – che si sono spesi a favore di questa proposta di legge. Il ministro della giustizia Andrea Orlando, affermava che – dopo la prima votazione alla Camera dei Deputati – “il nostro paese compie un grande e importante passo avanti verso il futuro”. “I bambini nati e cresciuti nel nostro paese potranno finalmente essere cittadini a tutti gli effetti” scriveva Ettore Rosato, capogruppo del PD alla Camera. Contrari all’approvazione, insieme alla destra, il Movimento 5 Stelle che ancora oggi nella più totale assenza di lungimiranza politica continua ad opporsi alla sua approvazione definitiva. Anche il Presidente del Consiglio Gentiloni resta prigioniero delle ambiguità del suo partito che guarda già alle alleanze future. A nulla è valso l’appello dei cento esponenti dell’arte e della cultura a riconoscere la cittadinanza agli 800mila bambini figli di immigrati regolari e nati in Italia per cui le possibilità che il provvedimento, già approvato alla Camera dei Deputati due anni fa, veda la luce prima della fine della legislatura si assottigliano sempre di più. “Sfruttando l’occasione del voto tedesco – scrive Mario Calabresi sulle colonne di “La Repubblica” del 27.9, “Alfano ha coniato una frase di cui pareva molto orgoglioso – «una cosa giusta fatta al momento sbagliato può diventare una cosa sbagliata»- E allora meglio fare direttamente una cosa sbagliata: arrendersi alla Lega, nella convinzione di poter conquistare qualche voto” concludendo che “abbiamo sprecato un’occasione gigantesca, reso inutile un finale di legislatura che poteva provare ad essere nobile e accettato di perdere la partita rinunciando a giocarla”. Vogliamo sperare che in questi mesi – sotto la spinta delle pressioni che vengono anche da chi milita nel PD (Veltroni) fa parte del Governo (Del Rio e Minniti) o di chi fa parte della cultura di questo paese (l’arch. Renzo Piano e lo scrittore Saviano) – il PD abbia un ripensamento. Se, come sostiene la Boschi, in Parlamento non ci sono i numeri, non è giusto che cali il sipario ancora oggi sulla sorte di tanti ragazzi che nelle scuole studiano la Costituzione che non li accoglie, pensano e giocano “in italiano” ma non hanno il diritto di dire “sono italiano”. Si tratta di un patrimonio umano da non disperdere, “un segnale che mandiamo al mondo che non conosceremo – così scrive Merlo su “La Repubblica” del 9.10 – ad un futuro che non vedremo, ma che vorremmo aver contribuito a migliorare”. In una Europa dove sono nati e si stanno sviluppando nuovi nazionalismi, sarebbe un segnale forte per rafforzare i valori di civiltà cui si richiama la UE sorta 60 anni fa dalle macerie della guerra.

Ottobre 2017

(Avv. E. Oropallo)

 

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