IN DIFESA DEL PRIMATO DELLA SCIENZA
L’ondata della russofobia ha messo in discussione anche la collaborazione scientifica tra l’Europa e la Russia. I paesi membri del CERN il 13 giugno decideranno se espellere i mille scienziati russi che lavorano da anni insieme ai colleghi di tutta l’Europa per migliorare la conoscenza umana e lavorare per un mondo sempre più bisognoso di tutela e controllo da parte della società scientifica. I 23 paesi membri decideranno se cancellare gli accordi di cooperazione scientifica con Mosca. Cinquanta scienziati italiani hanno sottoscritto un appello per scongiurare questa scelta politica che verrebbe calata su una comunità che fa dell’indipendenza la sua bandiera. Il Consiglio è diviso fra paesi che spingono per la rottura e paesi che sono contrari. Tra i falchi ci sono paesi come la Polonia, la Germania e la Finlandia. A Ginevra 40 scienziati delle università ucraine lavorano al fianco dei colleghi russi. “La scienza come l’arte deve restare un santuario inviolabile… un’orchestra che suona insieme da decenni non può espellere dei membri solo per la loro nazionalità rischiando di distruggere un patrimonio che non si ricostituirà mai più”. Tanto diceva il fisico Guido Tonelli dell’università di Pisa e protagonista della scoperta del bosone di Higgs, furioso come molti altri colleghi. Al CERN lavorano un migliaio di scienziati russi mentre Mosca è tra i paesi che hanno contribuito maggiormente a fornire fondi per lo sviluppo della ricerca. “L’espulsione di un paese sarebbe un precedente senza ritorno” commenta Luciano Maiani che del CERN è stato direttore generale dal 1989 al 2003 “distruggeremmo un canale importantissimo che anche nei peggiori anni della guerra fredda è rimasto sempre aperto”. La dirigenza europea che non riesce a mettersi d’accordo su sanzioni efficaci non può chiedere agli scienziati di distruggere una delle più belle esperienze di questa comunità scientifica e il suo sforzo per comprendere i misteri della natura. La scienza non deve appartenere ai paesi né tantomeno ai governi. Lo scienziato non nasconde la sua amarezza per una scelta folle che potrebbe annullare i successi che la scienza ha realizzato in questi anni. Ancora, aggiunge, che “anche in altre guerre nessuno si è sognato di mettere in discussione la collaborazione scientifica ad esempio contro gli Stati Uniti”. Se si decidesse di espellere la Russia si verrebbe a rompere una tradizione fissata da Edoardo Amaldi che realizzò il CERN mettendo insieme paesi europei che fino a poco tempo prima si erano combattuti in una lunga guerra.
Crediamo che difendere la pace e sostenere le ragioni di un ritorno rapido al tavolo delle trattative non possa far dimenticare anche la necessità di difendere la libertà della scienza che fa parte del patrimonio dell’umanità. Ebbene, difronte a una scelta irrazionale della politica bisogna far sentire la voce di quanti, professionisti, scienziati e anche della gente più umile e di quanti partecipano allo sviluppo scientifico e scendono in piazza per difendere i valori della scienza universale e soprattutto che si decidano i protagonisti di questa guerra di frontiera che non può giustificare in un mondo cosmopolita di mettere in discussione lo sviluppo della scienza che lavora per il futuro dell’umanità. Sembra davvero ozioso ricordare che in un’epoca in cui tutti i paesi del mondo sono interconnessi, una squallida guerra di frontiera debba mettere in discussione sia il benessere del mondo intero come lo sviluppo scientifico. Perciò, a chi ancora tentenna facciamo pervenire questo nostro appello che possa mettere fine allo sterminio in corso facendo prevalere il primato della scienza e della solidarietà fra tutti i popoli della Terra. Come previsto il 13 u.s. il Consiglio del CERN di Ginevra ha deciso di porre fine agli accordi di cooperazione internazionale con la Federazione russa e la Repubblica di Bielorussia alla loro data di scadenza del 2024, alla luce della invasione militare dell’Ucraina in atto che ha provocato una diffusa crisi umanitaria ed una significativa perdita di vite umane.
Il Consiglio ha deciso di rivedere la futura collaborazione del Cern con il Joint Institute for Nuclear Research con sede nella Federazione russa ove lavorò anche il fisico italiano Bruno Pontecorvo. “La decisione del Consiglio –afferma Gianotti, presidente del CERN – lascia comunque la porta socchiusa per una ripresa della collaborazione scientifica se le condizioni lo permetteranno in futuro”. E’ una “posizione di grande ragionevolezza quella raggiunta al termine del Consiglio che ha deciso di non sospendere la collaborazione fin da oggi, come prevedeva una delle proposte, ma di attendere la scadenza degli accordi del 2024”. Lo ha detto all’ANSA Antonio Zoccoli, presidente dell’Istituto di fisica nucleare, al termine di un dibattito durato due giorni. Si è trattato dunque di una decisione sofferta che ha raccolto il sostegno di una larga maggioranza perché tutto sommato lascia intravedere ancora qualche spiraglio di dialogo pur confermando la forte condanna dell’invasione dell’Ucraina.
Giugno 2022