skip to Main Content

IL VERTICE DI PALERMO SULLA LIBIA: INIZIATO MALE, FINITO PEGGIO

Il 12 e il 13 novembre si è tenuto a Palermo una conferenza sulla Libia fortemente voluta dal governo italiano, in particolare dal premier Conte, che fa seguito ad un analogo vertice che si è tenuto a Maggio in Francia, conclusosi con un nulla di fatto in quanto il paese è spaccato in due tronconi, ed ancora lo è. Da una parte c’è il governo “ufficiale” riconosciuto dall’ONU e dai paesi occidentali sotto la guida del Presidente Serraj che ha sede a Tripoli mentre vi è a Tobruk, in Cirenaica, un altro governo, sotto la guida del generale Haftar che controlla in buona parte i pozzi di petrolio, unica fonte di ricchezza alla Libia. La situazione è complicata dalla esistenza di diverse milizie armate che hanno il controllo di buona parte del territorio, foraggiate dai due schieramenti. Secondo un rapporto di Human Rights Watch del 2018, il conflitto ha causato migliaia di morti, decine di migliaia di profughi allontanando così la prospettiva di un governo stabile. All’incontro era presente Federica Mogherini alto Rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza che in un suo articolo su “La Repubblica” ha ribadito che “l’UE continuerà a sostenere in modo determinato e unito la Libia e il lavoro dell’Onu” ribadendo che il popolo libico ha diritto ad una vita normale.  Anche il mediatore dell’ONU intervistato sempre dal giornale “La Repubblica” ha dichiarato che “a medio termine la Libia dovrà mandare avanti il processo per unificare e ristrutturare un esercito nazionale professionale”., rilanciando il piano di nuove elezioni da tenere nel corso del 2019 ritenendo, però, essenziale che “bisogna lavorare perché le risorse della Libia vadano a vantaggio dell’intera popolazione, non di alcuni milionari che diventano sempre più ricchi”. All’incontro non erano presenti né la Cancelliera Merkel che pure aveva assicurato la sua presenza, né il Presidente USA Trump, che si è limitato ad inviare un sottosegretario di Stato, Donal Satterfield, assai meno di quanto l’Italia sperasse mentre erano presenti il ministro degli Esteri Francese, il potente vice –premier e ministro degli Esteri del Quatar, ed il vice-presidente turco, Fuat Oktay paesi che hanno sostenuto massicciamente le milizie che negli anni passati hanno combattuto contro il generale Haftar, per cui il primo giorno della conferenza, arrivando a Palermo, solo dopo le insistenze del rappresentante russo, con un aereo messo a disposizione sul piano dei servizi segreti italiani che è andato a prenderlo a Tobruk. Comunque, il generale non ha inteso incontrare nessuno, né ha partecipato alla cena con gli altri leader libici e con ministri che considera nemici, appunto il Quatar e la Turchia, per cui, Conte per evitare il totale fallimento, convoca un vertice ristretto per far incontrare le due parti, con il premier russo Medvedev, l’egiziano Sīsī e il tunisino Essebsi nel corso del quale egli chiederà ai presidenti di superare le divergenze, senza ottenere alcun risultato concreto, creando anche un incidente diplomatico con il vice presidente turco il quale, offeso per non essere stato invitato a partecipare al vertice ristretto, abbandonava la conferenza prima della fine dei lavori. Il momento migliore del vertice è certamente la stretta di mano che si è avuta tra i due “contendenti” perché subito dopo, Haftar ritorna in fretta in Cirenaica. Insomma, un vertice mal preparato nell’illusione da parte italiana di poter fare da mediatore tra i due governi rivali. Posizione questa che non gli può essere riconosciuta in quanto l’Italia ha forti interessi commerciali in Libia, dove pure la Francia intende intervenire, e lo ha fatto già in passato, in rivalità con l’Italia. Certamente, Conte sconta anche l’isolamento a cui l’ha costretto Trump, defilandosi dal vertice mentre il ministro francese è rimasto a guardare come la conferenza si chiudesse senza che fosse preso alcun impegno concreto. Come scrive lucidamente Daniele Perra su “www.eurasia-rivista.com” “se da un lato il vertice di Palermo sulla crisi libica (a prescindere dalla confusa disorganizzazione e dai risultati pressoché nulli) ha avuto il merito di riportare alla ribalta la diplomazia italiana, dall’altro ha segnato proprio la definitiva sconfitta di quella “non linea” che dal 2011 in poi ha caratterizzato l’azione del governo italiano” mentre la presenza informale dell’uomo forte della Cirenaica – il general Haftar – ha sancito il tracollo della linea italiana incapace di portare reali soluzioni. “Paradossalmente – aggiunge il commentatore – la conferenza si è risolta in una vittoria su tutti i fronti proprio di Haftar” e “ancora più paradossalmente gli Stati Uniti, protettori del governo giallo verde, hanno mostrato una sostanziale ambiguità di fondo rispetto all’iniziativa italiana” i cui limiti sono stati ben evidenziati.  Il vertice palermitano è stato fallimentare anche perché ha escluso il tema dei diritti umani per evitare di creare problemi al governo Serraj in quanto i centri di detenzione dei migranti sono gestiti proprio dalle milizie che sono legate al premier libico. Anzi capovolgendo le ripetute denunce avanzate dall’agenzia ONU e dalle altre organizzazioni no profit, il primo ministro italiano ipocritamente ha ribadito come la Libia “si sia dimostrata un valido partner per combattere le reti di trafficanti di esseri umani” facendo i complimenti sia a Serraj che alla guardia costiera libica che non gli hanno fatti arrivare in Italia.

Novembre 2018

 

Il vertice di Palermo sulla Libia, iniziato male, finito peggio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

www.dirittoineuropa.eu

Back To Top
Translate »