Il ministro Tria: si, no o nì?
Difronte ad una situazione così difficile e delicata delle finanze pubbliche italiane, ci vorrebbe un ministro dell’economia capace di tenere testa alle tante fanfaronate dei due capi della coalizione, di non sentirsi condizionato dalle loro mosse politiche. Ma il ministro Tria, purtroppo, ogni giorno di più, dimostra di essere inadeguato per questo ruolo che richiede fermezza politica e indipendenza dai due partiti che compongono la coalizione di governo. Al contrario, si avverte come egli finisce per essere manovrato dai due capi-popolo e così, è bastato che qualche giorno fa, in un’audizione in Parlamento, dichiarasse che l’aumento dell’IVA potrebbe essere inevitabile, “per sollevare un immediato e plateale veto” – scrive La Repubblica del 18 u.s. – “da parte di entrambi i capi della coalizione”. Di Maio mette nero su bianco dichiarando che “finché il M5S ci sarà, non ci sarà nessun aumento dell’IVA” mentre lo stesso Salvini dichiarava che “siamo qui per abbassare le tasse non per aumentarle” lamentando che “non dà una mano alla maggioranza di governo”. E insiste il ministro leghista all’Agricoltura aggiungendo che “abbiamo trovato i fondi per il reddito di cittadinanza. Tria trovi quelli per evitare l’aumento dell’IVA”. Povero Tria, costretto ad inventarsi altre menzogne per restare a galla. E così – come scrive La Repubblica il giorno successivo – “è pronto a fare marcia indietro, aderendo al diktat della coppia dei due leader giallo-verdi anche perché, scrive La Repubblica, andare alle prossime elezioni con un aumento dell’IVA non deve essere stato giudicato prudente”. Resta, dunque, il problema di dove andare a trovare i soldi per evitare l’aumento dell’IVA che, secondo i calcoli, se fosse adottato, comporterebbe un ulteriore impatto negativo sui consumi interni. Una manovra dunque che andrebbe ad annullare anche l’effetto positivo del “reddito di cittadinanza” e a farne le spese sarebbero soprattutto le persone a basso reddito. Certo, se non si vuole aumentare l’IVA sarà necessario recuperare da qualche parte quasi 40 miliardi che dovrebbero essere individuati nella prossima legge di bilancio. Insomma, ancora una volta si rischia grosso sulla pelle degli italiani, rinviando tutto alla legge di bilancio in autunno. Tutti sperano in un ribaltone all’esito delle elezioni europee ma anche questo non cambia niente nel panorama italiano in quanto i problemi dell’Italia non sono causati dagli interventi della Commissione ma dallo stato di recessione in cui si trova il sistema economico italiano. Anche se il FMI ha segnalato un piccolo dato positivo per l’Italia prevedendo che per il primo trimestre v’è un accenno ad una piccola crescita pari allo 0,1 percento, la previsione per l’autunno è tutt’altro che ottimistica. Per incrementare gli investimenti, bisogna dare fiducia ai mercati e agli investitori che son parte del sistema economico mondiale. Senza questa fiducia, il destino di un paese può essere messo in discussione: la crisi che ha attraversato la Grecia ne è una prova, ma per l’Italia (e l’Europa) ci potrebbero essere conseguenze molto più gravi sia sotto il profilo economico ma anche sotto il profilo istituzionale. Reggerebbe il paese ad una crisi di così vasta portata? E sarebbe il sistema democratico in grado di garantire le libertà civili frutto di lunghi anni di lotte sociali? Forse oggi anche chi sa bene il pericolo che corre il paese, non è deciso a far sentire la sua voce a questo governo che si assume tutta la responsabilità di quanto sta accadendo nel paese, senza dimenticare i segnali di intolleranza sociale e di razzismo che fanno ormai parte della cronaca quotidiana. Intolleranza e razzismo che trovano conferma nei comportamenti dei due capi della coalizione, nel silenzio assordante del capo di governo deciso a portare avanti questa esperienza di governo.
Aprile 2019