IL CONGELAMENTO DEI BENI DEGLI OLIGARCHI
Nel conflitto che oggi si combatte in Ucraina si è usato, oltre ogni ragionevolezza, ogni forma di sanzione non solo nei confronti degli uomini politici russi più in vista ma anche nei confronti di chi ha ritenuto di sostenere la posizione dello Stato belligerante. Recentemente, lo Scheherazade, lo yacht dei misteri ormeggiato a Marina di Carrara, più volte accostato a Vladimir Putin, non potrà più muoversi. Almeno fino alla fine delle sanzioni: il ministro dell’Economia Daniele Franco lo ha “congelato” con decreto, dopo che la Guardia di Finanza ha individuato il proprietario nell’oligarca Eduard Khudaynatov. E non si esclude che lo stesso Putin, come sostenuto dal suo principale oppositore Aleksey Navalny, possa essere il vero proprietario dell’imbarcazione. Lo yacht, battente bandiera delle Isole Cayman, è sottoposto dal settembre scorso a una serie di lavori di manutenzione e ammodernamento in un cantiere di Marina di Carrara: difficile stabilire se davvero Putin ne sia stato l’utilizzatore finale. Il regolamento europeo adottato, nel febbraio scorso, a seguito della invasione dell’Ucraina da parte della Federazione russa, ha esteso il campo di applicazione delle sanzioni, già previste per i terroristi, a chiunque fornisca un sostegno materiale o finanziario al governo della Federazione russa e agli «imprenditori di spicco o le persone giuridiche, le entità o gli organismi che operano in settori economici. Il congelamento di una risorsa finanziaria o patrimoniale consiste nel blocco preventivo della sua utilizzazione per cui il titolare perde la disponibilità del bene pur restandone proprietario”. Il regolamento UE 269/2014, che faceva seguito alla invasione della Crimea, limitava le misure restrittive per sole 20 persone, la prima delle quali era Vladimir Putin. Il nuovo regolamento, approvato nel febbraio scorso, estende notevolmente il campo di applicazione del primo, che ora si applica anche a chiunque fornisca un sostegno materiale o finanziario al governo della Federazione russa. Si comprende quindi come i 20 soggetti inizialmente sanzionati, il primo dei quali era Vladimir Putin, siano diventati ad oggi 893. Solo in Italia, il valore dei beni sottratti alla disponibilità di soggetti inclusi nella lista, ammonta a circa 800 milioni di euro. Di questi aspetti si è occupato recentemente anche la rivista di Magistratura Democratica cui abbiamo attinto per avere informazioni di prima mano che ha criticato che questi provvedimenti emessi dall’UE sono discutibili perché non garantiscono alcuna possibilità ai proprietari formali di poter impugnare il regolamento. Le misure sono state prorogate da ultimo fino al 15 settembre 2022. “Già nel 1999 una risoluzione del Consiglio di sicurezza aveva imposto il congelamento dei beni dei Talebani. Ma i regolamenti UE 269/2014 e 330/2020, di cui qui si tratta, presentano, rispetto ai precedenti, una importante differenza: non si fondano su risoluzioni del Consiglio di sicurezza, per l’assorbente motivo che la Federazione russa ne è membro permanente”. Spetta all’Agenzia del demanio provvedere alla custodia, all’amministrazione e alla gestione delle risorse congelate. Il sistema del congelamento dei beni ha subito, sin dalle prime applicazioni, critiche sia in termini di efficacia che di rispetto delle garanzie dell’individuo. Solo nel 2017 è stata introdotta la possibilità di ricorrere al giudice ordinario, e precisamente al Tribunale di Roma in via esclusiva, avverso «i decreti sanzionatori, adottati ai sensi del presente decreto», ma non è del tutto chiaro se ciò riguardi anche le misure restrittive adottate in attuazione dei regolamenti europei. Secondo la rivista “l’interessato potrà, invece, certamente ricorrere alla Corte di Giustizia della UE, in quanto i regolamenti sul congelamento dei beni incidono direttamente su diritti individuali”. Secondo alcuni commentatori, il sacrificio del diritto di proprietà non può ritenersi inadeguato o sproporzionato, «di fronte a un obiettivo di interesse generale così fondamentale per la comunità internazionale quale la lotta con ogni mezzo, conformemente alla Carta delle Nazioni Unite, contro le minacce alla pace e alla sicurezza internazionali derivanti dagli atti terroristici». Ma qui non siamo in presenza di atti di terrorismo che possano minacciare la pace e la sicurezza internazionale: al contrario viene sottratto al legittimo proprietario un bene solo sulla base di un sospetto, non accertato, di poter fornire un sostegno materiale o finanziario al governo della Federazione russa. Ma, anche se così fosse, non si vede in base a quale principio giuridico si possa impedire ad un individuo di fornire il proprio aiuto ad uno dei belligeranti, sempre che si tratti di un aiuto di natura economica o finanziaria, applicando invece il sequestro penale qualora si trattasse di fornitura di armi. Ma questo potrebbe allargare una falla nella politica anche del nostro paese che sta trasferendo grosse forniture belliche ad un paese in guerra, senza che vi sia un obbligo di legge, una forma di trattato di difesa ma solo sulla base di una decisione che intende colpire l’altro Stato belligerante, nel nostro caso la Russia, senza che vi sia alcun conflitto in corso tra Russia e l’Italia per cui giustamente il governo russo si è rammaricato di questo intervento per l’Italia e gli altri paesi della NATO che hanno scelto di fornire ingenti quantitativi d’armi all’Ucraina, condizionando anche la prospettiva di qualsiasi trattativa per mettere fine a questo gigantesco olocausto. Sarà interessante vedere come la Corte di Giustizia valuterà il sacrificio del diritto di proprietà, in relazione ai regolamenti più recenti, tenuto conto di quanto si è detto in ordine alla loro autonomia rispetto all’ordinamento delle Nazioni Unite.
IL CONGELAMENTO DEI BENI DEGLI OLIGARCHI