I FONDI UE PER COMBATTERE LA DISOCCUPAZIONE E AIUTARE LA RIPRESA ECONOMICA
Tra gli strumenti per aiutare i lavoratori a conservare il posto di lavoro durante la crisi c’è anche il Sure – una delle tre reti di sicurezza – per un importo globale di 540 mld. di euro – concordato dall’Eurogruppo il 9 aprile 2020. Il programma, di sostegno alla disoccupazione, mobiliterà fino a 100 mld. di euro, finanziati con debito comunitario, per prestiti a sostegno di lavoratori, subordinati ed autonomi, e di singole aziende. Recentemente, la Spagna ha richiesto alla Commissione Europea l’accesso a tale programma, chiedendo oltre 20 mld. di euro per finanziare programmi come quello relativo alle soluzioni per la regolamentazione del lavoro temporaneo. In parte tali prestiti saranno sostenuti dal bilancio dell’UE e dalle garanzie fornite dagli Stati membri sulla base del loro contributo relativo al reddito nazionale lordo dell’UE. E’ uno strumento cui ha fatto ricorso anche l’Italia per sovvenzionare l’erogazione della Cassa Integrazione Guadagni a favore dei lavoratori e delle aziende che hanno dovuto sospendere il lavoro nel corso della pandemia. Accanto a questo strumento, come sappiamo, c’è anche il MES (Meccanismo europeo di stabilità) che fino ad oggi non è stato utilizzato dall’Italia, malgrado sia già disponibile la quota prevista per l’Italia per ben 37 mld. utilizzabili sia per la scuola che per il settore sanitario. Una decisione dell’esecutivo che non trova alcuna giustificazione, malgrado sia pacifico che si tratta di prestito a tasso zero e rimborsabile nell’arco di dieci anni, che potrebbe evitare il ricorso per il Tesoro al mercato finanziario privato. Una decisione che potrebbe essere rivista nei prossimi giorni, anche a tener conto dell’aumento dell’indebitamento dell’Italia che ha superato in questi giorni i 2.500 mld. di euro. Per quanto riguarda il Recovery Fund, esso sarà operativo purtroppo solo da gennaio prossimo perché il lungo iter necessario per l’approvazione di un programma di tale importanza non è infatti ancora giunto al termine in quanto esso prevede l’accordo, non solo della Commissione Europea e del Parlamento che già si sono espressi sull’approvazione, ma anche quello dei 27 Stati membri, ciascuno dei quali gode di diritto di veto e quindi non è impresa facile. La volontà dei tre Presidenti, della Commissione, del Consiglio, presieduto oggi dalla Merkel, e del Parlamento è comunque di lavorare in modo da permettere una rapida approvazione del progetto e, su proposta del Presidente della Commissione Von der Leyen, i tre presidenti si incontreranno regolarmente, a partire da metà settembre, in modo da coordinare e facilitare il non semplice processo politico in quanto servirà anche una ratifica da parte di ciascuno Stato membro, secondo le proprie procedure costituzionali, sperando che le ratifiche nazionali non portino sgradite sorprese che possono rallentare e complicare ancor di più la questione anche se vi sono paesi, come l’Italia, che continuano a far pressioni per avere la disponibilità delle somme già nel prossimo autunno, tenuto conto delle spese correnti del bilancio e degli investimenti necessari per la ripresa dell’attività. E anche qui vi è una informazione scorretta da parte del governo, in quanto i fondi saranno disponibili solo dopo che l’UE avrà da parte dei singoli Stati indicazioni precise su come investirà questi fondi e ciò potrà avvenire solo a partire dalla primavera prossima per cui attualmente il governo potrà utilizzare solo quei fondi già disponibili, come quelli previsti dal MES, abbandonando ogni prospettiva di ridurre le tasse, che sono il carburante necessario per riavviare il sistema. E questo indipendentemente dalla volontà di questo governo ma di qualsiasi altro governo. L’intervento di Draghi al convegno di Comunione e Liberazione a Rimini è stato molto chiaro: bisogna finirla con la politica dei sussidi e avviare un programma di ripresa che prevede innanzitutto l’assunzione dei giovani nelle aziende e la ripresa dei lavori per completare quelle opere già in corso e per nuove opere finanziate dallo Stato per incrementare la mano d’opera e quindi far arrivare ai lavoratori un maggior flusso monetario che farà crescere anche i consumi. D’altra parte, bisogna tener conto che le grandi opere potranno essere finanziate solo se l’Italia riconquisterà sui mercati finanziari una certa credibilità che potrà favorire un aumento di investimenti esteri, soprattutto provenienti dall’Europa e dalla Cina, visto che gli USA sono decisi sempre di più a disincentivare gli investimenti nell’area europea. Proseguire la politica dei sussidi significa non aver chiaro che l’Italia sta navigando su un mare di debiti e, giustamente, come rilevava Draghi, bisogna pur incentivare i giovani garantendo loro un accesso ai posti di lavoro ma anche aumentando i fondi per l’università e così anche la possibilità per i laureati di trovare un lavoro davvero qualificato e non destinarli a svolgere lavori poco qualificati o mal pagati.
19/8/2020
I fondi UE per combattere la disoccupazione ed aiutare la ripresa economica