GIUSTIZIA IN FERIE
Nel caos italiano, un posto a sé occupa il sistema giudiziario che dovrebbe rappresentare uno dei presidi essenziali di una società civile che non possono essere allentati anche in presenza di gravi e luttuosi eventi. Se la giustizia si paralizza, si apre la strada ad un pericoloso ritorno alla giustizia privata. Ed è esattamente il rischio che oggi si corre in Italia. Non ha fatto scalpore, se non per le categorie interessate, come l’avvocatura, che mentre gli altri servizi essenziali hanno continuato a funzionare anche nel periodo della pandemia, solo il sistema giudiziario si sia bloccato, ha calato il sipario per diversi mesi: la paralisi è proseguita fino all’undici maggio scorso, quando si è deciso di riaprire i tribunali. Ed in effetti, i Tribunali si sono riaperti ma restano irraggiungibili in quanto due mesi e passa di astinenza hanno acuito i problemi di una giustizia lenta, in piena anarchia, perché durante la chiusura si sono moltiplicati i provvedimenti dei singoli Presidenti dei Tribunali – circa trecento- andando ad intasare la macchina della giustizia invece di favorire una ripresa ordinata delle udienze civili e penali. E’ penoso raccontare quello che è successo alla riapertura: cancellieri sommersi da mesi di inattività, magistrati che si sono limitati ad un processo da remoto, quando era possibile e, quando non lo era, non hanno avuto remora alcuna a rinviare le udienze a data successiva al prossimo autunno ma in molti casi addirittura alla primavera 2021. Tutto questo non fa che aumentare la sfiducia degli italiani nei confronti del sistema giudiziario italiano che occupa gli ultimi posti nella classifica mondiale in quanto ad efficienza. Si insiste nel ricordare che la nostra è la settima potenza economica a livello mondiale. Se si tratta di un’osservazione esagerata per quanto riguarda il settore economico, lo è ancor di meno per il settore giudiziario. Il timore dell’intasamento che avremmo trovato alla riapertura delle aule giudiziarie, sembra sia stato colto ancora una volta solo dall’avvocatura – mentre il Guardasigilli e i magistrati si sono messi in ferie “forzate” (si fa per dire), ferie ben pagate – insieme al personale di cancelleria che, solo ora al rientro, si rendono conto del disastro cui mettere mano. L’impressione del disastro viene colto anche dall’osservatore esterno. Oggi si tenta di riaprire il dialogo tra professionisti della giustizia e le istituzioni per poter lenire i guasti di questo sistema che non lasciano alcuna speranza di una rapida soluzione ad un problema che è oggi divenuto sistemico. Eppure, in una società dove ci sono segni evidenti di una discriminazione sociale e inveterate discriminazioni classiste, il principio di una giustizia giusta viene spesso invocato a sproposito proprio da quelli che la infangano quotidianamente. In un sistema democratico la giustizia civile dovrebbe essere patrimonio di tutti, forse anche di più la giustizia penale. Lo dice la Costituzione di questo paese che è anch’essa spesso invocata a sproposito restando in realtà lettera morta, nonostante i tanti appelli lanciati dal Presidente della Repubblica anche in occasione degli ultimi episodi che hanno interessato la casta dei magistrati.
16/06/2020