GIU’ LE MANI DAL POPOLO CURDO
Tra le tante nefandezze che la Storia oggi ci ripropone, c’è la tragedia del popolo curdo, aggredito dall’esercito turco che ha invaso un vasto territorio al confine con la Siria.
Frutto purtroppo anche della cattiva coscienza delle Grandi Nazioni e della ignoranza della Storia.
Forse non è un caso che si proponga da molte parti l’abolizione nelle scuole dell’insegnamento della Storia, soprattutto quella più recente perché nelle pieghe del recente passato si trova la chiave per capire quali siano le prospettive del nostro futuro. Oggi che la politica ha abdicato, se mai se ne fosse occupata, dal suo compito che è quello di assicurare il benessere dei propri cittadini, sono stati i giovani a ricordarci che non c’è più molto tempo per salvare il nostro futuro se da una parte si continua a fare violenza al nostro pianeta e dall’altra si assiste a nuove guerre che esplodono solo per mantenere in piedi una società ormai che non può avere più alcuna legittimazione storica. E’ tempo, dunque, che si rafforzi in tutto il mondo la coscienza della necessità di un cambiamento epocale che abbia come obiettivo l’abbattimento di questa società arrivata al suo ultimo stadio che ancora, però, mostra tutta la violenza di cui è capace, per ritardare, se non bloccare, ogni prospettiva di cambiamento.
Violenza contro la natura, violenza contro il genere umano, violenza contro popoli interi. Violenza che esplode solo per scoraggiare chi voglia cambiare la società, chi voglia eliminare le discriminazioni di ogni tipo, chi vuole dare ai popoli della terra un avvenire di pace e di prosperità collettiva.
Ma, come diceva un rappresentante della storia del secolo scorso, la guerra non può essere vinta se non rispondendo con la guerra. Una prospettiva che sembra oggi inevitabile ma che potrebbe essere evitata da un inteso lavoro politico che trasformi la guerra portata contro i popoli della terra in una guerra portata contro chi queste guerre alimenta.
Insomma, sostituire una politica che miri ad una nuova direzione sociale, collettiva, democratica, cui affidare il destino dell’umanità.
E’ quanto sta cercando di realizzare il popolo curdo in un territorio dove la potenza militare turca ha dato inizio ad una guerra per piegare la resistenza e l’eroismo del popolo curdo, che oggi indica al mondo intero come si possa costruire un’alternativa all’attuale dominio capitalista, distruggendo tutti i tabù e i imiti della società attuale.
In una regione dove da molti anni non si fa altro che offrire un lugubre messaggio di morte e di violenza le milizie curde, cercano di salvare la propria gente, di far riconoscere il loro diritto alla vita contro un’aggressione che ha come obiettivo il loro annientamento.
La loro battaglia è la nostra battaglia anche se, purtroppo, essi combattono da soli, grazie all’appoggio che il carnefice turco riceve da tutte le potenze mondiali. Dopo aver combattuto al fianco degli USA per battere il terrorismo islamico, i curdi si sono visti abbandonare dagli USA che hanno lasciato il campo aperto al governo turco per finire il lavoro “sporco”: quello di annientare il popolo curdo.
Un esercito ben armato, dotato dei più moderni strumenti di distruzione di massa, è penetrato nel territorio del Kurdistan portando morte e terrore anche per la popolazione civile terrorizzata da questa ennesima aggressione dell’esercito turco che sta spingendo le popolazioni del Nord a rifugiarsi nella città curde, ancora controllate dalle milizie curde.
Si tratta di un nuovo esodo di massa di circa mezzo milione di persone che vanno ad affollare i campi profughi già in collasso per il numero impressionante dei rifugiati. Città senza luce, spesso senza acqua, in crisi anche per la mancanza di ospedali che sono bombardati come obiettivi militari.
Se non ci fossero sul campo le ONG, i morti si conterebbero a migliaia.
E il mondo civile dov’è? Cosa fa per bloccare questa nuova strage?
Mentre gli USA hanno dichiarato di non avere alcun motivo per lasciare lo loro truppe sul campo, l’UE – faro della civiltà europea – si è trincerata dietro dichiarazioni ipocrite perché sul piano militare ha le mani legate.
Come facciamo a difendere ed accettare questa vergognosa posizione dei governi europei? Certo nessuno dimentica che qualche anno fa l’UE è intervenuta ad offrire al sultano turco ben sei miliardi di euro a condizione che fermasse sul suo territorio milioni di profughi in fuga dalla guerra, dalla fame, dalle discriminazioni. E questo patto di sangue costringe oggi l’UE a non intervenire nel conflitto come è avvenuto ad esempio in Yugoslavia quando si è trattato di portare “la pace” nella penisola balcanica. Lo ha fatto senza curarsi che andava a bombardare un paese seminando morte e distruzione per riportare l’ordine in questa regione ai confini del nostro paese. E’ possibile che nessun governante europeo voglia aprire gli occhi su questo ennesimo massacro?
Dove sono finiti i principi posti a base della costruzione europea? Il diritto alla libertà di tutti i popoli della terra, il rispetto della vita umana, il benessere collettivo sono principi che stanno franando sotto le cannonate dell’esercito turco. Ma, ancora peggio, pur trovandosi d’accordo i governi – almeno alcuni di essi – a sospendere ogni fornitura bellica alla Turchia, hanno dichiarato che questo vale solo per il futuro per cui continuano a fornire micidiali ordigni di morte al despota turco. Dove è finita tutta l’indignazione che si è manifestata quando gli attentati terroristici dell’ISIS hanno provocato il sacrificio di giovani vite nella civile Europa? Forse che i nostri giovani morti in Europa sono diversi dai giovani curdi di ogni età – di ogni sesso – che stanno morendo sotto il fuoco dell’armata turca? Oggi il sultano turco si incontrerà con i capi di Stato dei paesi europei, della Russia e degli USA per dettare le sue condizioni per un “cessate il fuoco”. La consegna da parte dei curdi delle armi, l’arretramento dei curdi all’interno del territorio siriano.
L’obiettivo di Erdogan è di estendere la zona di sicurezza a 440 Km. Quasi quattro volte rispetto al patto raggiunto l’altro ieri con gli americani. E non sarà certo Trump ad impedirglielo. Più che di una tregua si tratta di una resa senza condizioni che il popolo curdo farà fatica ad accettare, pur sapendo delle conseguenze che ne potrebbero derivare.
Questo progetto cancella i diritti del popolo curdo di essere padroni del loro destino, stronca i loro sogni di unire tutto il popolo curdo che vive in quella enclave di fuoco e fiamme.
Come ha scritto Roberto Saviano nell’appello lanciato sulle pagine di “La Repubblica” tutto questo ci riguarda “perché l’Europa che qualcuno vorrebbe distruggere, deve dimostrare di esistere…”. Ebbene se l’Europa oggi continua a chiudere gli occhi difronte a questa ennesima tragedia, non fa che andare contro gli stessi principi di libertà posti a base della sua esistenza. Se non riusciremo a difendere nei fatti e non a parole questi principi, ebbene non ci sarà altro futuro né per i curdi ma nemmeno per l’Europa.
Molti anni fa – tra le due guerre – i paesi europei, per scongiurare il pericolo nazista nel convegno di Monaco cedettero alle richieste del governo di Berlino, sacrificando l’indipendenza della Cecoslovacchia nella speranza di fermare la guerra.
Ma tutto ciò non servì a fermare le armate naziste che invasero tutta l’Europa. Oggi la situazione è analoga: allora ci si chiedeva: è giusto morire per Danzica? Oggi il popolo curdo sta combattendo anche per l’Occidente ricco e civile. Non sentite l’indignazione per questa ennesima tragedia? Adesso, mi sento di fare un appello alla gioventù in particolare e ai popoli di questo continente per scendere nelle strade e far sentire le loro voci, a richiedere ai loro governi di prendere le distanze dal regime turco, di isolare politicamente il despota turco per risvegliare anche quella resistenza sociale e politica che oggi, all’interno della Turchia, non è in condizioni di scendere in piazza ma che potrebbe risvegliarsi se e quando l’Europa sappia condannare senza alcuna esitazione questa incredibile operazione militare. Nella Storia moderna già una volta la Turchia ha proceduto al massacro di un intero popolo. Nel 1915 il giovane Stato turco intraprese una persecuzione nei confronti del popolo armeno residente in Anatolia e nel resto dell’impero ottomano che rappresenta forse il primo esempio dell’epoca contemporanea di sistematica e simbolica soppressione di una minoranza etnica che si concluse solo nel corso della prima guerra mondiale con il massacro di più di un milione di armeni. Come ha riconosciuto la Convenzione dei Diritti dell’Uomo delle Nazioni Unite. Oggi l’oppressione del popolo curdo ne rappresenta una tragica ripetizione. Siamo pronti a chiudere gli occhi anche difronte alla Storia?
Se non siamo disposti a fare i conti con la Storia, non non possiamo più avere alcuna fiducia nei nostri governi e sfiorirà ogni speranza di cambiare questa società. Occorre intervenire a fermare in tempo questo massacro, prima che sia troppo tardi per i curdi e per il futuro dell’Europa.