DIMISSIONI SUBITO!
La vicenda della motovedetta italiana Diciotti, che si sta trascinando da diversi giorni, ha subito un repentino e prevedibile sviluppo a seguito del rifiuto del ministro Salvini e del governo di far sbarcare i richiedenti asilo in un porto italiano. Proprio a seguito di questi sviluppi, è necessario chiarire tutta la vicenda sia per accertare le responsabilità sotto il profilo penale ma anche quelle politiche che stanno mettendo a dura prova il rapporto con le istituzioni europee e minando la credibilità internazionale del nostro paese. E’ giunto il momento che si ponga fine a questa vergognosa gazzarra posta in essere dal trio Salvini-Di Maio-Conte che ne dovranno rispondere in tutte le sedi, innanzitutto nei confronti di quei milioni di italiani che li hanno votati cui non si possono ancora raccontare la favola della emergenza migranti – una vicenda, quella della Diciotti, sia detto chiaramente, – che è apparsa sia dal primo momento solo un pretesto per entrare ancora una volta in rotta di collisione con l’UE e con le sue istituzioni maldestramente accusate di non voler dare un aiuto all’Italia per risolvere un problema, quello della Diciotti, che non può essere delegato all’UE. La notte di Ferragosto la motovedetta italiana, raccogliendo una richiesta di aiuto via radio, ebbe a soccorrere in mare un’imbarcazione con circa 170 persone a bordo, di cui molti bambini e donne, e molti ancora di provenienza eritrea in fuga dal loro paese, per sottrarsi alle gravi violenze subite da una dittatura feroce, in particolare donne abusate sessualmente. Persone, dunque, che avrebbero avuto tutti i requisiti previsti dalla legge internazionale, per richiedere asilo politico. Non si tratta dunque di migranti “economici” come ha sostenuto il governo ma di persone che avevano il diritto di richiedere asilo, in base alla nostra stessa Costituzione, prima ancora della tutela offerta dalle convenzioni internazionali, sottoscritta dall’Italia e dai regolamenti comunitari. Mentre si dirige verso le coste italiane, il comandante della motovedetta, come previsto dalla prassi, via radio, chiede al centro italiano che coordina i soccorsi in mare ai migranti di indicare il porto sicuro cui approdare in Italia. Ebbene, a questa richiesta, il centro risponde negativamente per cui per alcuni giorni la nave si terrà fuori dal porto di Catania ma senza avere il permesso di attraccare, su indicazione dei funzionari del Ministero degli Interni per decisione espressa dal ministro Salvini il quale dichiara – ovviamente senza rendersi conto della gravità delle sue affermazioni – che non darà il permesso di attraccare fino a quando l’UE non abbia mostrato di venire in soccorso dell’Italia consentendo una ricollocazione degli asilanti negli altri paesi europei, una volta effettuato lo sbarco. Si tratta di una decisione gravissima, come abbiamo detto, in violazione sia di norme interne che di norme internazionali. Di un vero e proprio abuso, sanzionabile penalmente, in quanto al ministro dell’Interno, non è dato alcun potere in tal senso, in quanto nel porto di Catania la responsabilità è dell’autorità portuale e quindi spetterebbe al ministro dell’infrastrutture Toninelli la decisione di negare lo sbarco dei profughi. Ma, prima ancora delle disposizioni previste in materia di immigrazione (è ancora in vigore la legge Bossi-Fini) il divieto, come ha chiarito l’ex Ministro della Giustizia Flick, la libertà di movimento può essere limitata solo da un magistrato, in quanto la nave militare è territorio italiano per cui si può ipotizzare, sotto il profilo giudiziario, anche un sequestro di persona, sia per quanto riguarda i profughi che per quanto riguarda lo stesso equipaggio della motovedetta cui viene impedito di sbarcare. Sgomenta in questo quadro il silenzio totale sia del ministro delle Infrastrutture ma anche del Capo del governo Conte che, pur avendo – presumibilmente – una preparazione giuridica abbastanza vasta, finisce per aderire alla decisione oltranzista del ministro Salvini mentre M5S– per bocca di Di Maio,responsabile della politica del governo – si piega alla linea di Matteo Salvini scaricando lo stesso Fico e le sue preoccupazioni umanitarie. Intanto le condizioni igieniche sul battello vanno progressivamente aggravandosi per cui, dopo una visita della CRI, il Salvini è costretto a far sbarcare alcuni migranti a rischio e poi, tutte le donne con bambini, anche se alcune di esse decidono di restare a bordo accanto ai loro mariti. Nel frattempo, continua a crescere la solidarietà popolare attorno a questi disgraziati già costretti a subire gravi violenze in patria e che oggi si vedono prigionieri della politica italiana. Anche la Magistratura si muove per individuare in concreto chi abbia emanato l’ordine di non far sbarcare i migranti della Diciotto mentre anche il Ministro della difesa Lezzi prende le difese di Fico che aveva chiesto lo sbarco immediato. Anche dopo l’apertura delle indagini, il ministro leghista alza ancora di più il tiro: “non mi dimetto – fa sapere – l’Italia è ostaggio dell’immigrazione clandestina…se qualcuno pensa di arrestarmi sbaglia, la gente è con me”. A questo punto, Salvini cerca di salvare il salvabile: lancia l’idea di individuare, sempre a bordo della nave, tutti i migranti che abbiano diritto a richiedere l’asilo in Italia. Trattenimento che comunque continua ad essere illegale perché il T.U. dell’immigrazione in vigore in Italia prevede che, una volta sbarcati, dopo l’identificazione, il migrante debba essere informato sulle procedure di “protezione internazionale” e accolto in appositi centri, in attesa che la commissione territorialmente competente si pronunzi sulla sua richiesta. La mancata applicazione di tutte queste disposizioni configura l’abuso d’ufficio. Imperterrito, il Salvini: “il mio obiettivo è il no way australiano” sostiene, minacciando il respingimento dei migranti fino alle coste libiche, vietato dalle convenzioni internazionali e per la violazione del quale l’Italia già in passato ha ricevuto una severa condanna da parte della Corte Europea dei diritti dell’Uomo. Ma l’intervento della Commissione, sollecitato da Salvini e Di Maio su questa vicenda, non ci sarà e non ci potrebbe essere perché, come spiega sulle pagine de “La Repubblica” Emma Bonino, “la Commissione europea non ha competenza perché non ha ricevuto alcun mandato dagli Stati membri – ricordando che – al vertice di fine giugno, sbandierato come una vittoria da parte di Conte, ci sono stati tanti litigi e poca sostanza. Tant’è vero che le parole chiave furono “su base volontaria” che non significa nulla”. Ed è proprio a questo pseudo accordo che fa riferimento il Salvini. Accordo che non c’è mai stato anche se il prof. Conte rientrando in Italia sorridendo ha parlato di vera e propria vittoria per l’Italia. Anche in questa vicenda, purtroppo, il Presidente Conte ha dimostrato di non avere alcuna autonomia rispetto ai suoi elettori accettandone fino in fondo le decisioni per cui non può dirsi estraneo a questa sciagurata politica. Alla vigilia della riunione che si è tenuta a Bruxelles nei giorni scorsi, anche Di Maio, per non sentirsi inferiore a Salvini dichiara –come riporta “La Repubblica” del 24 u.s. – “se l’UE si ostina in questo atteggiamento, se domani dalla riunione della Commissione non esce nulla e non decidono sulla nave Diciotti sulla redistribuzione dei migranti, io e tutti i M5S non siamo disposti a dare venti miliardi di contributi all’UE”. Ma anche questa informazione è falsa in qunato si tratta di quattordici miliardi e non di venti, dodici dei quali rientreranno per finanziare in parte i progetti strutturali in Italia. La minaccia lanciata dal Di Maio è da considerarsi autolesionista visto che Roma non riceverebbe più i fondi europei con lo stop dei progetti per il Sud e soprattutto si metterebbe fuori dall’Italia, correndo verso il baratro ma trascinando nella caduta tutto il paese. La risposta dell’UE non è tardata a farsi sentire. “Non accettiamo più ricatti” – fanno sapere alcune fonti diplomatiche che parlano, giustamente, di emergenza creata ad arte a fronte di flussi ormai inesistenti in Italia, per “preparare la volata di Salvini alle europee di maggio”. Se questo, come ha dichiarato Salvini, è il suo obiettivo, sarebbe il caso che si mettesse fine a questa vergognosa speculazione sulla pelle di migranti già provati dalle condizioni disumane in patria. Nonostante le minacce di Di Maio, la riunione a Bruxelles, cui partecipano i rappresentanti di dodici paesi, si chiude con un nulla di fatto, in quanto si trattava di una riunione informale che non ha preso neppure in considerazione la vicenda della nave militare Diciotti. Nel frattempo, accelerando i tempi, il Procuratore Capo di Agrigento è volato a Roma per sentire, per adesso nella veste di testimone, il Capo del Dipartimento delle libertà civili, il Prefetto Gerarda Pantaloni e il Vice Capo del Dipartimento Bruno Corde, arrivato al Viminale nel luglio scorso su indicazione proprio di Salvini. Sono loro infatti i due dirigenti dell’Ufficio da cui ha preso le mosse “la macroscopica catena di abusi cominciati nove giorni fa nel basso Mediterraneo”( La Repubblica del 25.8). Essi devono chiarire: 1) per quale motivo il Dipartimento delle Libertà Civili, in violazione delle leggi e delle convenzioni internazionali, non abbia comunicato al Comando Generale della Guardia Costiera il porto sicuro dove la Diciotto avrebbe dovuto sbarcare i migranti nella notte del 15 agosto. La seconda, per quale motivo il Dipartimento delle Libertà Civili abbia negato ai migranti soccorsi l’esercizio del diritto riconosciuto dalle nostre leggi oltre che dalle Convenzioni internazionali di poter chiedere asilo. La terza, per quale motivo i due Prefetti abbiano dato corso a disposizioni palesemente illegittime, venendo meno, prima ancora delle disposizioni del codice penale, al regolamento di disciplina dello stesso ministero che impone ai funzionari e ai dirigenti di sottrarsi ad ordini contrari alle leggi. Si tratta di gravi accuse ben precise e documentate, per cui, nel giro di poche ore “è cominciata la corsa febbrile del Viminale di immaginare come mettere una pezza o trovare un capro espiatorio per una storia in cui – per dirla con le parole di un navigato dirigente di palazzo – si faranno male in parecchi. “A cominciare dai prefetti che hanno battuto i tacchi e chinato il capo di fronte alla prima telefonata arrivata dal Gabinetto di un ministro fuori controllo e fuori dalla legge”. (rep. La Repubblica del 25.8). Un quadro che non lascia alcuna via di uscita al Salvini e a quelli, con pari responsabilità di governo, che hanno collaborato a portare avanti questa linea. Senza parlare della loro responsabilità politica che sta minando la credibilità a livello internazionale del nostro paese e allontanando sempre di più l’Italia dall’ orizzonte europeista. E’ necessario a questo punto correre ai ripari e farlo presto nell’interesse del nostro paese e per evitare che milioni di italiani siano prigionieri delle menzogne e della irresponsabilità dei partiti che fanno parte del governo. Nella giornata di ieri, secondo notizie di stampa, la Procura della Repubblica di Agrigento ha formalmente indagato Salvini per i reati di sequestro di persona, arresto illegale e abuso di ufficio e mandato gli atti alla Procura Generale della Repubblica perché siano trasmessi al Tribunale dei Ministri. Immediatamente è stato disposto lo sbarco degli ultimi profughi rimasti ancora sulla motovedetta. La CEI ha accettato cento profughi, gli altri saranno accolti in Albania e in Irlanda. Se siamo soddisfatti di questo primo passo, ci resta ancora l’amarezza che il governo italiano abbia inteso dirottare queste poche persone verso altri Stati che si sono offerti ad accoglierli o affidandoli alla Caritas cattolica quasi a sottolineare che la linea del governo è quella vincente perché il governo non ha inteso come prevede la legge dare accoglienza ai profughi sul territorio dello Stato di primo sbarco perché sia avviata la procedura per il riconoscimento nello stato di asilante o di protezione internazionale. Insomma, è stato omesso un passaggio che la legge italiana e le norme internazionali ritengono essenziale per l’esame dei singoli casi. Ci chiediamo che cosa avverrà di questi migranti che non potranno accedere a quella forma di protezione prevista dalla legge europea o dalla legge comunitaria applicabile solo all’interno dell’UE. E’ possibile che un paese come l’Italia, che ha visto ridurre l’afflusso dei profughi in quest’anno del 70%, non possa accogliere poche decine di migranti? Ma chiuso che sia questo capitolo della nave Diciotti, bisogna valutare le conseguenze che ne derivano sul piano istituzionale. Se è vero che la Procura ha ufficialmente indagato il Ministro dell’Interno, sarebbe politicamente corretto che egli si dimetta per dar modo di potersi liberamente difendere dalle accuse che gli sono state fatte, senza creare imbarazzo al resto del governo. Sarebbe un gesto apprezzato anche a livello europeo. Non è un obbligo, quello delle dimissioni, ma l’applicazione di una corretta prassi istituzionale. Tanto più che, nel caso specifico, anche per le conseguenze che si sono determinate a livello di rapporti con l’UE, Salvini è ormai impresentabile in Europa. Ma il buon senso ancora una volta latita nella compagine governativa; come era facile prevedere, il Salvini ha alzato il livello di scontro con l’UE, dichiarando di non volersi dimettere, e di volersi, anzi, preparare per le elezioni europee del 2019, per mandare a gambe all’aria ogni prospettiva di sviluppo del progetto federale. A questo punto egli ha trovato un buon appoggio nel leader del M5S Di Maio che ha dichiarato non solo di essere solidale con il proprio collega di governo ma ha dichiarato che resta ferma l’idea di non procedere al pagamento dei contributi a carico dell’Italia e trovato il tempo anche di raccomandare che sia messa fine a ogni contrasto tra magistratura e politica, laddove non esiste alcun dubbio sulla correttezza della Magistratura che si è limitata ad indagare un membro del governo per reati che andranno provati nel corso delle indagini. Vero è che in altri paesi europei sarebbe bastata un’accusa molto più leggera per consigliare all’indagato di dimettersi. Purtroppo in Italia questa cultura non ha trovato quasi mai la disponibilità dell’indagato e neppure c’è da giurare in questo caso che questo invito gli possa venire dal Presidente del Consiglio, sempre pronto a soddisfare le intemperanze dei suoi elettori. Ci si chiede come faccia il prof. Conte a restare al suo posto a meno che non voglia continuare a svolgere un ruolo di facciata e per un professionista come lui ci sembra una scelta davvero incredibile. Certo, una sana crisi di governo potrebbe ridare al governo italiano e all’Italia quell’onore che oggi viene calpestato indecorosamente da questa avvilente alleanza di governo. Come scrive Andrea Bonanni sulle pagine di La Repubblica del 25 c.m.: “L’Italia è stata spesso isolata in Europa anche ai tempi del governo Renzi…ma bisogna risalire ai giorni più neri dell’ultimo governo Berlusconi per ritrovare nelle altre capitali un’ostilità derisoria così diffusa e radicata nei confronti del nostro Paese. Il terzetto Salvini-Di Maio – Conte ha raggiunto questo risultato in pochissimi mesi”, aggiungendo che, riferendosi allo spauracchio sollevato da Di Maio “ se l’Italia non pagasse la sua quota UE si porrebbe di fatto al di fuori non solo dell’UE, ma anche del consesso dei paesi politicamente e finanziariamente credibili…”. “Questo genere di preoccupazioni, evidentemente non sfiora la coppia Salvini-Di Maio…che questo ci veda ridicoli e inaffidabili agli occhi degli altri europei, non interessa a questo governo, il cui unico riferimento è sempre più l’ombelico smisurato dei propri potenziali elettori”. La politica di cambiamento promessa da questi imbonitori di fiera paesana è stata solo un bluff per andare al governo. Oggi essi cercano di agitare altre acque per evitare di vedersi respingere i progetti che avevano lanciato difronte alla mannaia del bilancio statale. Non sappiamo oggi quali saranno gli sviluppi politici dei prossimi giorni o dei prossimi mesi. Sappiamo solo che serve oggi la più larga mobilitazione, a partire dai sindacati e a finire con tutte le associazioni che lavorano per la difesa degli umili per mandare a casa questo governo. E costruire la più ampia collaborazione fra le forze politiche per poter affrontare le prossime elezioni europee in difesa degli ideali europeisti. L’Europa Unita è una realtà benché la negano i suoi detrattori, certamente da riformare, ma non possiamo fermare l’orologio della storia per ritornare all’Europa degli Stati sovrani, difronte ad una situazione politica mondiale che non consente più di restare alla mercé delle grandi potenze che già stanno attorno al letto del grande malato in attesa che sopraggiunga la sua fine. Fino ad oggi, indiscutibilmente, con tutti i limiti e le critiche che si possono fare, l’UE rappresenta per i popoli europei, ma anche per gli altri Stati, un modello per la difesa dei diritti umani, di solidarietà sociale che non ha eguali in tutto il resto del mondo. Certo non bisogna far prevalere interessi di singoli Stati né guardare sempre e solo agli aspetti economici ma costruire una società che sia solidale e rispettosa dei diritti fondamentali. Anche il fenomeno migratorio, che si svilupperà ancora di più nei prossimi anni, invece di essere un peso, può diventare una risorsa per l’Europa in crisi per il crollo della natalità mentre vi sono ampi territori europei che potrebbero essere recuperati con un piano straordinario di ripopolamento. E’ singolare la proposta lanciata dallo stesso Salvini di trasferire al Sud più di mezzo milione di persone nei prossimi anni, proprio per riqualificare quelle aree abbandonate e ridare sviluppo a quelle zone: in questo quadro potrebbe anche inserirsi il collocamento dei migranti che andrebbero ad attivare anche l’economia locale. Zone simili esistono anche nel resto dell’Europa per cui è davvero incredibile che si continui a parlare dell’immigrazione come di un fenomeno tutto negativo. L’UE ci insegna oggi a rispettare la dignità umana, a rispettare le regole che purtroppo non fanno ancora parte del nostro bagaglio culturale e politico; stiamo lavorando per raggiungere una completa integrazione economica, per sconfiggere il lavoro nero, migliorare le condizioni di vita dei nostri cittadini, ridare speranze ai giovani senza dimenticare la lotta alle malattie e ai pregiudizi sociali. Non possiamo ai fantasmi delle piccole patrie di riprendersi la rivincita su quanto stiamo costruendo perché al di là dell’Europa Unita, al di là della prospettiva degli Stati Uniti d’Europa, non vi è altra strada da percorrere, per cui bisogna far sentire la nostra voce contro chi rema contro la storia sognando il ritorno dell’anarchia sociale, della prevaricazione e dei poteri forti.
Agosto 2018
Avv. E. Oropallo