Crisi istituzionale in Bosnia Erzegovina da non sottovalutare
È in corso in Bosnia Erzegovina l’ennesima crisi istituzionale. Ciò che tuttavia la differenzia dalle precedenti crisi sono i tentativi di minare le stesse fondamenta degli Accordi di Dayton. E riemerge il fantasma del conflitto. Separatismo e concreti sforzi finalizzati alla secessione della Republika Srpska dalla Bosnia Erzegovina. Queste le accuse mosse a Milorad Dodik, membro serbo della Presidenza tripartita della Bosnia Erzegovina e leader dell’Unione dei socialdemocratici indipendenti, che ormai da settimane porta avanti diverse iniziative volte ad aumentare i poteri della Republika Srpska (una delle due entità che costituiscono la Bosnia Erzegovina) a scapito di quelli delle istituzioni centrali. Le accuse mosse al leader serbo sono quelle di voler smantellare le istituzioni dello Stato e a tal proposito i vertici politici di Sarajevo hanno scritto all’Ue e agli Usa parlando di accordi di pace a rischio. Nella lettera, indirizzata tra gli altri alla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen e ai presidenti del Parlamento europeo David Sassoli, i presidenti della Camera dei Rappresentanti e della Camera dei Popoli della Bosnia, lanciano l’allarme su una possibile escalation delle tensioni causate dalle mosse delle forze politiche della Republika Srpska, l’entità a maggioranza serba della Bosnia Erzegovina. Dirimente è la questione dell’esercito. Anche il generale Claudio Graziano, presidente del Comitato militare dell’Ue, è stato in visita nella capitale della Bosnia-Erzegovina. La sua visita mirava a mostrare la grande importanza che l’Unione attribuisce all’unità della Bosnia. Senad Masovic, il capo del quartier generale congiunto dell’OSBiH, ha detto che le forze armate sono l’unica forza militare legale e legittima in tutto il territorio della Bosnia e che “qualsiasi altra cosa sarà considerata un’organizzazione paramilitare”. Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu mercoledì 3 novembre ha votato all’unanimità per rinnovare di un anno il mandato della missione militare europea in Bosnia ed Erzegovina, nonostante l’opposizione di Mosca. Il voto del Consiglio di sicurezza è avvenuto in un contesto di forti tensioni. Di altro avviso, rispetto alle posizioni di Mosca, l’ambasciatore francese dell’Onu Nicolas de Rivière ha invece condannato “ogni forma di messa in discussione dell’integrità territoriale e dell’esistenza della Bosnia ed Erzegovina come Stato”. In effetti la Bosnia è divisa in aree etniche dalla guerra degli anni ’90, con due entità autonome – la Republika Srpska dei serbi e la Federazione croato-musulmana –. Il leader serbo-bosniaco Milorad Dodik ha promesso la formazione di un esercito serbo e vuole creare una serie di organi di governo separati, abolendo il mandato delle istituzioni federali all’interno della Repubblica serbo-bosniaca. L’ambasciatore americano alle Nazioni Unite ha detto che “la sovranità e l’integrità territoriale della Bosnia ed Erzegovina” sono di primaria importanza. In realtà sotto le ceneri covano ancora antichi rancori ed il fantasma del separatismo non è stato sconfitto perché costruito su un debole compromesso voluto all’epoca della guerra jugoslava dagli USA e sottoscritto da tutte le parti in causa. Ma si tratta, proprio per questo, di una tregua instabile, pronta a saltare, soprattutto in periodo di crisi economica e politica, come quella attuale. A dire il vero, è soprattutto l’UE che è interessata alla stabilità di questi territori che possono diventare terreno di un nuovo scontro armato tra le diverse anime di questa regione. Non possiamo consentire che si riaccenda la guerra che insanguinò questa parte dei Balcani, anche se un nuovo conflitto – alimentato anche dalle differenze etniche – è una minaccia da non sottovalutare. Un mezzo ci sarebbe ed è quello di aprire le porte dell’UE a questi paesi in quanto l’appartenenza ad una struttura politica europea potrebbe favorire anche una riconciliazione tra i vari protagonisti della storia di questi ultimi decenni. Purtroppo, l’UE, pur tenendo aperta questa opzione, è frenata dall’opposizione di alcuni Stati membri contrari ad un allargamento dell’UE ai Paesi Balcanici. Ma ritardare questo progetto non fa che allontanare questi paesi dall’Europa aprendo la strada ad una penetrazione della Cina e della Turchia, come già sta accadendo per cui il rischio è che un risveglio del separatismo finisca per cancellare definitivamente ogni prospettiva di adesione di questi paesi all’UE che perderebbe così la possibilità di costruire un futuro di pace non solo per quest’area ma anche per tutta l’UE.
Novembre 2021
Crisi istituzionale Bosnia Erzegovina da non sottovalutare