Camilleri e i comunisti
Sono un estimatore sincero di Camilleri, per i suoi romanzi, per la sua sobria e sincera fede politica, per la sua difesa appassionata della libertà della cultura di questo paese. Ho letto, sulle pagine di “La Repubblica” del 19 u.s. la sua presentazione del libro che apparirà tra qualche giorno nel quale egli racconta alla pronipote come diventò comunista quando il fascismo vittorioso perseguitava i comunisti italiani in Italia e all’estero. “Perché sento il bisogno impellente di scriverti?” – scrive Camilleri – “queste mie righe vogliono essere una povera sostituzione di quel dialogo che mai avverrà tra di noi”. E così prosegue la sua narrazione per ricordare quali fossero stati i motivi che l’avevano condotto ad abiurare la sua adesione al fascismo e passare a militare nelle file dei comunisti. C’è un punto che vorrei chiarire quando Camilleri parla di Gramsci come primo segretario del Pc d’I all’indomani della scissione di Livorno del 1921. Ma non è proprio così. Come scrive Giorgio Bocca nella rivista “Storia illustrata” del lontano agosto 1973, la scissione dal partito socialista avvenne ad opera della frazione di sinistra del partito socialista, quella che faceva capo ad Amadeo Bordiga, suo brillante leader, raccolta attorno alla rivista comunista “Il Soviet” fondato a Napoli sempre a cura della frazione astensionista del partito. “La storia sacra dei comunisti ortodossi – scrive Bocca – arriverà a dire che Gramsci e Togliatti sono stati i fondatori del partito comunista, ma è vero il contrario; Togliatti è a Torino a fare il giornalista e Gramsci riesce a stento ad entrare nella direzione del partito”, affidata ad un comitato guidato appunto da Bordiga.
Ecco, quello che mi interessava, è di ricostruire questa verità storica e di dare la dignità che merita ad un militante comunista che ha lottato fino alla morte, avvenuta nel 1970, all’uomo che con la sua passione seppe rompere ogni legame con il vecchio partito socialista. Si tratta di un riconoscimento che gli è dovuto: ancora oggi – a distanza di tanti anni – nessuno conosce la sua storia, nessuno conosce la vera storia del comunismo in Italia.
E’ ancora Bocca a scrivere alla fine del suo articolo che “egli merita un giudizio più equo e una storia più onesta di quelli usciti fin qui dal partito comunista togliattiano”. Al “compagno” Camilleri auguro di vivere tanti anni ancora per stupirci con le sue storie, dedicando qualche momento del suo prezioso tempo per conoscere meglio la figura di questo autentico rappresentante della più fiera tradizione comunista.
Chissà che non ne possa ricavare materiale per un suo nuovo e avvincente romanzo, così come è abile a fondere fantasia e realtà.
Agosto 2018
(Avv. E. Oropallo)