BASTA CHIACCHIERE SE VOGLIAMO SALVARE IL PIANETA
In un precedente articolo pubblicato sul mio sito qualche settimana fa avevo accennato alle dichiarazioni fatte da uno scienziato il quale aveva calcolato che per arrestare il dissesto ambientale basterebbero 17.000 miliardi di euro, una cifra pari a quella che si spende in tutto il mondo ogni anno per la produzione di armi. Si è trattato di uno spiacevole errore in quanto la cifra è molto più modesta in quanto si parla di 1.700 miliardi. In un lungo articolo ripreso da La Repubblica del 22 gennaio u.s. è lo storico israeliano Yuval Noah Harari a fornire questo dato. E’ incontestabile che i cambiamenti climatici sono una realtà con la quale dobbiamo misurarci in questi anni, anche se sono ancora molti quelli che tendono a minimizzare l’enormità della minaccia ma sono anche tanti che dicono che sia ormai troppo tardi per farlo. “L’apocalisse sta arrivando e non c’è più niente che possiamo fare per impedirlo”. Questa convinzione è perniciosa più della tesi negazionista in quanto lascia che tutto vada a rotoli. “L’umanità dispone di enormi risorse e se le applichiamo con saggezza possiamo ancora prevenire il cataclisma ecologico”. Secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia, per il raggiungimento di un’economia a zero emissioni di carbone, basterebbe un investimento del 3% del PIL mondiale ossia poco più della cifra sopra indicata. Poiché l’umanità spende già circa l’1% del PIL globale annuo in energia pulita, ci basta aggiungere solo una ulteriore quota del 2%. Ma bisogna tener conto anche delle altre fonti di emissioni inquinanti come la silvicoltura e l’agricoltura che possono essere ridotte senza tanti sacrifici ma solo cambiando le nostre abitudini alimentari consumando meno carne e latticini e scegliendo una dieta a base vegetale che può contribuire ad allungare la nostra vita e quella delle foreste pluviali. Certo investire il 2% del PIL mondiale non mette di certo fine al problema come gli oceani ricoperti di plastica e la continua perdita di biodiversità. Dovremo assicurarci che i fondi siano investiti nei posti giusti ed evitare che i nuovi investimenti causino ricadute ecologiche o sociali negative. In realtà spesso accade che i politici con abilità spostano il 2% delle risorse in altri settori ma quello descritto resta un progetto sostenibile. Difronte ad una grave crisi i politici spostano regolarmente molte più risorse per combatterla. Durante la crisi finanziaria del 2008-2009 il governo degli Stati Uniti ha speso circa il 3,5% per salvare istituzioni finanziarie ritenute “troppo grandi” per fallire. Allo stesso modo nei primi nove mesi del 2020 i governi di tutto il mondo, per far fronte alla pandemia, hanno fatto investimenti del 14% circa del PIL globale. Al momento né le imprese, né i governi sono disposti a fare l’investimento aggiuntivo del 2% necessario per prevenire il cambiamento. Eppure i governi spendono per le loro forze armate ben 2.000 miliardi di dollari all’anno, ovvero il 2,4% del PIL globale mentre un altro 2,4% viene speso in sprechi alimentari. Ancora i governi concedono sussidi diretti per i combustibili fossili per un importo di circa 500 miliardi di dollari. Tenuto conto anche delle spese di manutenzione, il valore complessivo di questi sussidi costituisce un importo del 7% del PIL per ogni anno. Insomma si investe purtroppo molto di più per l’industria dei combustibili fossili, negando fondi per favorire le energie pulite. Per dare un dato di riferimento, una equipe di tecnici ha calcolato che per proteggere le foreste locali, la biodiversità delle foreste pluviali amazzoniche costerebbe circa 800 miliardi di dollari o un pagamento inferiore all’1% del PIL. Per quanto riguarda l’elusione fiscale, l’UE stima che il denaro occultato nei paradisi fiscali valga circa il 10% del PIL mondiale. Se dunque i governi volessero, potrebbero esigere il pagamento dei tributi evasi. I soldi dunque per affrontare il disastro ambientale ci sono quindi non dobbiamo soccombere al disfattismo ma si tratta di fare pressione sui propri governi per investire il 2% annuo del PIL per la battaglia contro i cambiamenti climatici, utilizzando i fondi disponibili anche per incrementare l’uso delle energie rinnovabili. Una richiesta a cui finora tutti i governi hanno risposto negativamente, continuando a sovvenzionare l’industria dei combustibili fossili anche grazie al fatto che le famose “sette sorelle” ossia le maggiori industrie produttrici di petrolio come la Shell o la Exxon corrompono a suon di milioni di dollari gruppi politici legati a doppio filo con l’industria estrattiva. E’ dunque una questione squisitamente politica per cui non vi sarà cambiamento di rotta se non si mandano a casa gli attuali nemici della transizione ecologica a tutti i livelli. Un compito certo non facile ma non impossibile se impareremo a farci sentire da chi ha le leve del potere ben sapendo che questi investimenti creeranno numerosi nuovi posti di lavoro e opportunità economiche. Investimento che ridurrà anche le spese sanitarie necessarie per curare le malattie causate dall’inquinamento atmosferico. Se per ignoranza o grazie alla corruzione della nostra classe politica non si riesce a cambiare la politica energetica degli Stati, ebbene bisognerà rendere ancora più forte la pressione sulla classe politica mondiale costringendola a scegliere di conservare il proprio prestigio e la propria condizione economica o mandarli a casa. L’Unione Europea da tempo sta discutendo per il cambiamento delle fonti energetiche inquinanti ma senza raggiungere alcun accordo grazie all’opposizione di numerosi Stati membri. Mentre la Germania ha deciso di chiudere tutte le centrali nucleari entro il 2030, la Francia sta brigando per far passare l’energia atomica come “energia verde” in quanto è uno dei maggiori produttori mondiali di energia nucleare mentre altri Paesi – tradizionali produttori del carbone – come la Polonia, per motivi anche economici, ha annunciato che continuerà a produrre carbone fino al 2050. Insomma un quadro preoccupante che rende sempre più urgente la nascita di un forte movimento ecologico a partire dai partiti dei “Verdi” in Europa e all’estero, collegato alle proteste dei giovani in tutte le piazze d’Europa. Non abbiamo molto tempo e non possiamo sacrificare il destino del nostro pianeta e della specie umana solo per far aumentare i profitti di un’economia rapace e incurante della salute dell’uomo e del nostro Pianeta.
Febbraio 2022
BASTA CHIACCHIERE SE VOGLIAMO SALVARE IL PIANETA