Alitalia, nuovo banco di prova per il governo
Secondo alcuni flash di agenzia di stampa, il governo sta valutando l’ipotesi di “nazionalizzare” l’Alitalia; così apertamente ritiene il nuovo idolo delle folle, ci riferiamo, come è evidente, al ministro Salvini che ribadisce come “un paese a vocazione turistica come l’Italia non può rinunciare ad una compagnia di bandiera”. Una soluzione questa che certamente aggraverebbe il deficit del bilancio e soprattutto verrebbe pagata ancora una volta dai cittadini. Sarebbe esclusa, come riporta La Stampa, ogni ipotesi di un nuovo bando di gara che era già stato annunciato e l’acquisto dell’intero pacchetto azionario della società in default verrebbe effettuato da una nuova società creata appositamente con la partecipazione di aziende pubbliche a partire dalle Ferrovie dello Stato ma vi sarebbe in ballo una partecipazione anche della Cassa Depositi e Prestiti e di Poste Italiane. Neppure sono giustificate le motivazioni poste a base dell’opzione perché – in regime di libera concorrenza – se lo Stato vuol salvare i posti di lavoro, deve fare i conti con l’indebitamento progressivo del vettore aereo ormai consolidato senza dimenticare che l’Alitalia dovrà restituire un prestito già avuto in passato dalla Cassa Depositi e Prestiti. Insomma, un’altra cascata di centinaia di milioni di euro senza che si risolva il problema ma soprattutto limitando l’intervento statale per investimenti in altri settori. Perché è chiaro che non si tratta di investimento ma di un ulteriore tentativo di ritardare il fallimento dell’azienda. Una manovra del tutto perdente sotto il profilo economico, solo per confermare una vocazione nazionale dell’attuale governo che si scontra anche con i limiti posti dalla UE che pur non intervenendo per ora in questa che appare solo un’opzione, ha fatto capire, attraverso la dichiarazione del Commissario UE alla concorrenza, che lo Stato può ben intervenire nella vicenda purché “agisca come attore nel mercato” nel senso che non sono ammessi quegli interventi statali che in effetti sono veri e propri “aiuti di Stato”, vietati dalla normativa europea, per salvare un’azienda ma mettendo così in crisi il mercato di libera concorrenza. Se la manovra passasse, c’è il rischio che l’Italia possa essere portata innanzi la Corte di Giustizia e di essere condannata per “infrazione”con tutte le conseguenze che ne verrebbero. Insomma, se si intende davvero rispettare le regole, non esiste altra strada che quella di porre in vendita sul libero mercato l’azienda. “L’onore nazionale “ – per riprendere Salvini – non può condannare questo paese ad un’altra scelta sciagurata che verrebbe a pesare ancora una volta sui costi del paese. Speriamo che vi sia qualche ministro che possa impartire una lezione di economia ai due nuovi attori comparsi sulla scena politica perché il paese non è più in grado di accettare ulteriori sacrifici.
Agosto 2018
(Avv. E. Oropallo)