LA POLONIA e IL SOVRANISMO IN EUROPA
Le recenti elezioni politiche in Polonia hanno confermato il successo della destra al potere – in particolare del partito (PiS) (Diritto e Giustizia) guidato da Jarosław Kaczyński, – che ha ottenuto il 43,6% dei consensi, mentre il cartello liberale nato dalla coalizione tra il partito d’opposizione Platform dell’ex premier riformatore Tusk e l’altro partito Nowoczesna si è fermata al 27,6% e la coalizione dell’ultradestra al 6,4%. Il risultato elettorale ha confermato le previsioni che già erano circolate nei giorni precedenti. Adam Michnik, storico e protagonista delle lotte del 1989 che portò alla nascita di Solidarność in un’intervista al giornale “La Repubblica” non aveva difficoltà ad ammettere che “con il partito di maggioranza vincerebbe la Polonia xenofoba, per cui c’è il rischio di incamminarsi verso un tipo di “democrazia illiberale” come nell’Ungheria di Orban”. “E questo perché – spiega ancora – il partito populista vede crescere il consenso anche per il sostegno della Chiesa cattolica”. E questo “malgrado le accese critiche sollevate in ambito internazionale e da parte delle istituzioni comunitarie, – come scrive su “Affari Internazionali” Massimo Congiu- per i provvedimenti recentemente assunti dal governo in carica che ha unificato le figure del Ministro della Giustizia e di Procuratore Generale. Tale misura – aggiunge il giornalista – ha posto fine alla distinzione tra potere politico e potere giudiziario”. Motivo per cui nell’estate del 2018 “la Commissione europea ha quindi avviato una procedura d’infrazione contro la Polonia preoccupata per il mancato rispetto dello Stato di diritto”. Addirittura minacciando nel 2017 “di invocare l’applicazione dell’art. 7., procedura mai utilizzata prima che, se attuata, può portare alla sospensione del diritto di voto in sede comunitaria”. Soluzione che finora è stata esclusa a tener conto del peso che la Polonia ha all’interno dell’UE: non dimentichiamo che è tra i maggiori paesi dell’UE, che può contare oggi, grazie agli investimenti europei, i maggiori incrementi di crescita del PIL. Tuttavia, non si può negare che le lotte delle donne che sono scese in piazza per protestare contro una legge che limita o peggio azzera le possibilità di ricorrere all’aborto e le proteste dei giudici che si sono battuti contro il licenziamento del Presidente della Corte Suprema qualche anno fa costringendo il governo a bloccare la riforma giudiziaria che ha provocato poi l’intervento dell’UE sono segnali che non vanno sottovalutati. A fronte di un’ampia maggioranza di cui gode il governo attuale soprattutto delle campagne, nelle grandi città del paese vi sono numerosi gruppi della società civile che soffrono soprattutto dell’isolamento culturale determinato dalle leggi antidemocratiche, che fanno sentire la loro voce. Ricordiamo che –a seguito dell’assassinio di Adamowicz – sindaco di Danzica e oppositore del governo – nel marzo scorso è stata eletta al suo posto Aleksandra Dulkiewicz che ha ottenuto l’82% dei voti stracciando gli altri due rivali entrambi dell’estrema destra, la quale ha confermato di voler portare avanti il programma del suo predecessore. Un programma che prevede finanziamenti per la scuola, per le pensioni e che si batterà a livello nazionale per l’integrazione dei profughi. Insomma – afferma la sindaca – “saremo un modello di integrazione per la Polonia”. In un paese, dove il governo al potere con la politica anti-europeista – calpesta le riforme democratiche degli anni scorsi, che hanno aperto per i polacchi una finestra sul mondo – bisogna utilizzare tutti questi momenti di critica e di protesta per costruire un’alternativa al sistema conservatore appoggiato, purtroppo, anche dalla Chiesa polacca che sembra voglia ignorare la politica di apertura e di rinnovamento della Chiesa di Roma. E questo è un elemento che non va sottovalutato. Malgrado il sovranismo sia ancora il riferimento politico prevalente, occorre ricordare che in tutta l’area centro-europea vi sono fermenti di ripresa dell’opposizione democratica. Il recente successo in Ungheria del fronte di opposizione al partito di governo che si è affermato in 11 delle 23 grandi città del paese ne è un segnale evidente, tanto da sollevare qualche preoccupazione anche ad Orbàn. Ma i movimenti di protesta dei giovani soprattutto, ma anche di ampie fasce della cultura sono sorti e sviluppati in tutta l’area centro-europea. A legarli è una forte dose di europeismo combinato al rigetto dei vari populismi. Ma soprattutto è forte la loro vicinanza all’Europa per cui un collegamento tra questi movimenti potrebbe anche far maturare un’ipotesi di partiti transnazionali. Ipotesi questa che potrebbe portare una vera e propria rivoluzione nelle elezioni del Parlamento europeo con la presentazione di liste transnazionali. L’idea non è nuova: Transnazionale ante litteram è stato il partito dei Verdi che per primo aveva rilanciato questa prospettiva ma mancava di una struttura comune. L’idea è stata ripresa anche recentemente prima delle elezioni europee ma mancava il tempo per collegare i movimenti sviluppatisi all’interno soprattutto dei paesi del centro Europa ove resiste ancora una forte presenza di nazionalismo acceso che ha sviluppato poi il fenomeno del sovranismo. L’idea di un partito transnazionale potrebbe essere la chiave di volta per superare le pastoie del nazionalismo e dare nuovo e forte impulso al progetto europeo.
Ottobre 2019