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LA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA E IL CONFLITTO FRA MAGISTRATURA E GOVERNO

Il 16 gennaio scorso la Camera ha approvato in prima lettura il disegno di legge per la riforma costituzionale della Giustizia voluta dal governo Meloni. È il primo dei quattro passaggi parlamentari previsti dalle due Camere – Camera dei deputati e Senato della Repubblica. La riforma dovrebbe essere approvata con i due terzi dei componenti in entrambe le Camere. In mancanza di questa maggioranza qualificata, la riforma dovrà essere sottoposta a un referendum confermativo.

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Sulle tracce di Berlusconi

La riforma introduce un notevole cambiamento nell’ordinamento della Magistratura: a partire della cosiddetta separazione delle carriere, distinguendo i magistrati inquirenti (ossia i PM che conducono le indagini) da quelli giudicanti (ovvero i giudici che emettono le sentenze). Questa manovra fu tentata all’epoca anche da Berlusconi, ma senza successo.

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Oggi, non a caso, la Destra la ripropone in quanto il governo non vuole essere condizionato nelle proprie scelte politiche, anche se contrarie alla legge. Su questa parte della riforma si è sviluppato un accanito dibattito politico tra il governo e l’opposizione che la ritiene un vero e proprio “attentato” all’indipendenza della magistratura e alla democrazia stessa, mentre, secondo il governo, non sussiste un rischio del genere.

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L’ipotesi di differenziare in maniera netta le funzioni dei Magistrati è stata discussa per decenni in Italia, a partire dal dibattito dell’Assemblea costituente tra il 1946 e il 1947. Nell’ottica del governo questa differenza delle carriere dovrebbe da un lato favorire la specializzazione dei magistrati nelle rispettive funzioni e dall’altro prevenire il rischio dell’appiattimento dei Magistrati giudicanti sulle tesi dei PM. Questa tendenza è stata denunciata più volte anche dalle associazioni degli avvocati.

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Al contrario, i critici vedono in questa riforma un passaggio preliminare di un ipotetico nuovo intervento per subordinare l’azione e la carriera dei magistrati inquirenti al governo, col rischio che il PM diventi un “superpoliziotto” al servizio del potere esecutivo.

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Enrico Costa, deputato di Forza Italia e membro della Commissione Giustizia, sostiene che da parte dei giudici ci sia “il tentativo di condizionare il legislatore“, aggiungendo che “oggi assistiamo ad un procedimento in cui le indagini preliminari diventano la vera sentenza pronunciata dal Pubblico Ministero che ha una forza mediatica devastante che, di fatto, schiaccia il giudice“. Si tratta di un’ipotesi davvero stravagante che offende la professionalità del giudicante. Al contrario, il capo della Procura di Napoli, Nicola Gratteri, in un’intervista ha dichiarato che “il governo nuoce alla giustizia, paralizzando le indagini e indebolendo il PM” e lo fa per sottoporlo al potere politico. L’ex magistrato, Armando Spataro, sostiene che “il vero obiettivo della Destra è di sottomettere il PM all’esecutivo e abolire l’azione penale obbligatoria“.

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Per bloccare questa prospettiva l’ANM ha deciso l’astensione per il 27 febbraio, mentre Il Presidente della Suprema Corte di Cassazione ha aggiunto che “la riforma ridurrà le garanzie per chi va al processo“, e che “la creazione di una Magistratura inquirente separata è destinata inevitabilmente a ingigantire la funzione dei PM“.

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Alla cerimonia di apertura dell’Anno Giudiziario in tutte le sedi giudiziarie i Magistrati sono usciti dall’aula prima che intervenisse l’inviato del Ministro. I Magistrati contestano la riforma Nordio perché così si alterano gli equilibri dello Stato e nulla cambia per i cittadini. Il governo, in effetti, non intende subire critiche alle proprie scelte, anche quando si tratta di modificare l’impianto della Costituzione.

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Attacco alla Magistratura

L’ANM è seriamente preoccupata per gli attacchi del governo facendo presente che alla Magistratura spetta il controllo anche sull’azione del governo. Come scrive Salvi ex PG di Cassazione “ormai sono peggio di Berlusconi, insofferenti a qualsiasi forma di controllo“.

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La risposta della Magistratura

In un’intervista ad Alessandra Maddalena, Vicepresidente della ANM, la stessa lamenta che “si pretende che i nostri provvedimenti siano in linea con l’azione di governo anche quando risultano in contrasto con il diritto. Farlo significherebbe tradire la nostra funzione di tutela del diritto e dei diritti delle garanzie delle persone; si vuol far credere ai cittadini che la Magistratura agisca per ostacolare il bene della nazione ed è un inganno“.

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Purtroppo sembra che la Meloni voglia andar dritto per la sua strada, con un rischio che certo non ha considerato – quello di un conflitto tra i poteri dello Stato che certamente potrebbe anche aprire una crisi di governo e, nell’ipotesi peggiore, allo scioglimento di questa legislatura.

Febbraio 2025

Avv. Eugenio Oropallo

LA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA

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