Terrorismo internazionale: la Cassazione si pronuncia sul reato di arruolamento
L’arruolamento in un’organizzazione terroristica internazionale si realizza anche senza la prova dell’esistenza di un “serio accordo” tra l’arruolato e il gruppo arruolante perché ciò che conta, per configurare il reato previsto dall’articolo 270-quarter del codice penale, è che vi sia una disponibilità concreta del terrorista a “compiere atti eversivi, anche a progettazione individuale”, pur in mancanza di una prova del patto. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, seconda sezione penale, con la sentenza n. 23168/19 depositata il 27 maggio. Per la Suprema Corte, è necessario dare attuazione nell’ordinamento italiano alla risoluzione n. 2178 del 2014 che obbliga “a reprimere una serie di condotte volte ad agevolare, attraverso un coinvolgimento diretto, il compimento di atti terroristici, anche in territorio estero ….” . Tra i comportamenti puniti il reclutamento di soggetti destinati a trasferirsi in altri Paesi per commettere atti di terrorismo. L’ordinamento italiano ha due fattispecie di reato: una, prevista nell’articolo 270-bis, in cui si punisce colui che ha un preciso ruolo nell’organigramma dell’associazione e l’altra, nell’articolo 270-quarter,in cui vi è l’adesione al programma con svolgimento di attività terroristica, anche a progettazione individuale. Così, non è necessario, in quest’ultima ipotesi, un serio accordo. Nel caso in esame, il ricorrente aveva seguito un percorso di progressiva radicalizzazione ideologica, si era messo a disposizione dell’organizzazione compiendo un viaggio in Siria e aveva materiale telematico riconducibile alla propaganda jihadista. Con un’evidente prova del suo arruolamento che ha condotto alla conferma della condanna.
Giugno 2019
Fonte: www.marinacastellaneta.it