IL SENATO AMERICANO RIMUOVE L’IMMUNITA’ DEGLI STATI ESTERI
Il 28 settembre scorso il Senato americano ha bocciato il veto apposto dal Presidente Obama sul progetto di legge “Justice Against Sponsors of Terrorism Act” in modo che la giustizia americana possa colpire gli Stati esteri che supportano, direttamente o indirettamente, organizzazioni e/o individui che compiono attività terroristiche contro gli Stati Uniti. Scrive la prof. Castellaneta in un commento sul suo blog, che ciò “può essere il preludio a un cambiamento anche sul piano internazionale, incidendo sulla norma consuetudinaria in materia di immunità di Stati esteri e organi dello Stato dalla giurisdizione civile. Con un possibile effetto a cascata ossia che anche altri Paesi seguano la strada tracciata da Washington”. Sul ridimensionamento dell’immunità già si era pronunciata anche la giustizia italiana. In primis la Corte di Cassazione italiana che nella sentenza n. 5044/2004 aveva negato l’immunità alla Germania e riconosciuto la sussistenza della giurisdizione del giudice italiano in cui lo Stato estero, pur nell’esercizio della sua attività sovrana, aveva commesso atti configurati come crimini internazionali ma la Germania, ebbe a rivolgersi alla Corte Internazionale di Giustizia che con sentenza del 3.2.2014 condannava l’Italia per violazione della norma internazionale disponendo che “la Repubblica italiana …dovrà fare in modo che le decisioni dei suoi tribunali e quelle di altre autorità giudiziarie che violano l’immunità riconosciuta alla Repubblica federale di Germania dal diritto internazionale siano rese inefficaci”. Al fine di adempiere agli obblighi internazionali nonché di adeguarsi alle decisioni della CIG veniva promulgata la legge n. 5/2013 per cui nuovamente interpellata la Suprema Corte a seguito di ricorso da parte della Repubblica Federale di Germania avverso la sentenza della Corte d’Appello di Firenze (n. 490/2011), preso atto del mutato quadro normativo interno, non ha potuto fare altro che “dichiarare il difetto di giurisdizione con conseguente cassazione senza rinvio della sentenza impugnata”. Lo stesso giorno in cui la Suprema Corte confermava l’avvenuto arresto della propria battaglia con la sentenza n. 1136/2014, interveniva una ordinanza del Tribunale di Firenze con cui si sollevava una questione di legittimità costituzionale a protezione dei principi fondamentali dell’ordinamento, ritenuto inaccettabile che, tramite il principio di uguaglianza sovrana degli Stati, possa sacrificarsi una effettiva tutela dei singoli nel caso di crimini contro l’umanità. La Corte Costituzionale con sentenza n. 238 del 22.10.2014, già definita pronuncia “storica” non sembra che abbia risolto il problema sul piano pratico pur riconoscendo che sia “del tutto sproporzionato” il sacrificio che il diritto alla tutela giurisdizionale subirebbe in una situazione come quella del caso di specie in cui l’interesse concorrente da salvaguardare, ossia la funzione di governo sovrana dello Stato straniero, riguardasse la commissione di crimini internazionali. Detto questo, quando va ad affrontare la questione dell’incidenza della norma consuetudinaria nell’ordinamento interno, non può far altro che affermare che la norma consuetudinaria di diritto internazionale ha “rango equivalente” a quello costituzionale in virtù del rinvio effettuato dall’art. 10 Cost., e che, in caso di contrasto con altre norme e principi costituzionali non superabile in via ermeneutica, spetta alla stessa Corte in via esclusiva effettuare l’operazione di “bilanciamento” tra interessi e valori in conflitto. In prosieguo essa accoglie la eccezione di illegittimità costituzionale della legge di esecuzione della Carta dell’ONU in ragione dell’insuperabile contrasto che essa determina, nel caso di specie, con il diritto fondamentale alla tutela giurisdizionale garantito dagli artt. 2 e 24 della Costituzione. La sentenza costituisce un tentativo di difesa dei principi fondamentali del nostro ordinamento, riconoscendo il diritto delle vittime dei crimini commessi dai nazisti di poter richiedere alla Repubblica Federale di Germania il ristoro dei danni subiti ma resta il dubbio riguardo alla sua incidenza pratica in considerazione delle perdurante efficacia della sentenza della CIG nell’ordinamento internazionale. Resta l’auspicio, difronte a questa preclusione giuridica, che il governo italiano decida di riaprire i negoziati. Ne avrà la forza questo Governo di riaprire una quérelle con la Germania nelle difficili condizioni in cui oggi lo Stato italiano si trova in seno all’UE? Ne dubitiamo fortemente. Ma, riportandoci alla decisione assunta dal Senato americano, la vicenda può condurre ad un vero e proprio stravolgimento delle regole poste a base dei rapporti interstatuali. Con questo atto, se non fosse corretto, gli USA in fondo non fanno che violare i principi posti a base della Carta delle NU. Se il suo esempio fosse seguito da altri Stati, si verrebbe a violare una norma consuetudinaria, quella dell’immunità degli Stati, che metterebbe fine ad una pacifica convivenza tra gli Stati. Ed è quello che già sta accadendo in quanto il concetto di “Stato canaglia” è ormai entrato prepotentemente nei rapporti internazionali. Ma chi giudica che uno Stato possa definirsi tale, sempre che sia accertata una precisa responsabilità dello Stato per crimini contro l’umanità? Nel caso di specie non va solo demolito il principio dell’immunità ma anche quello della certezza del diritto perché non vi è stato fino ad oggi nessuna azione giudiziaria nei confronti della Arabia Saudita né si è pronunciata in tal senso una Corte internazionale sulle sue eventuali responsabilità. Anche nel caso della condanna comminata dalla Corte Penale Internazionale a Milosevic, all’epoca dei massacri di Srebrenica, capo dello Stato jugoslavo, non vi è stato alcuna richiesta di indennizzo da parte delle vittime di quel massacro nei confronti della Serbia. Grave dunque il vulnus subito dal diritto internazionale in questo caso per cui ci attendiamo che la legge adottata dal Senato americano vada rimossa al più presto per evitare l’insorgere di conflitti ulteriori tra gli Stati che potrebbe mandare a gambe all’aria uno dei principi basilari che regola i rapporti internazionali tra gli Stati. Certo sarebbe auspicabile che siano cambiate le regole per una maggiore ed efficace tutela delle vittime civili dei crimini di guerra in presenza del riconoscimento di una precisa responsabilità degli Stati ma questo porrebbe in crisi tutto l’assetto internazionale facendo cadere il mondo in una nuova epoca di barbarie giuridiche. E poi, siamo proprio convinti che sia sempre e solo il diritto a regolare i rapporti tra gli Stati? Difronte ai disastri causati dagli USA nei loro ripetuti interventi in Afghanistan, in Medio Oriente, si può escludere la responsabilità per crimini di guerra degli USA? Sia pure amaramente, per chi si batte contro le ingiustizie, le discriminazioni e la guerra, bisogna ammettere che i conflitti economici e quelli politici stanno per aprire nuovi scenari pericolosi per la sicurezza internazionale e per la pace tra i popoli.
Ottobre 2016
Avv. Eugenio Oropallo
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