LA CEDU CONDANNA L’ITALIA PER IL CASO ABU OMAR
Per fortuna, sarebbe il caso di dirlo, c’è sempre un giudice a Berlino (in questo caso Strasburgo) a riparare i torti della giustizia italiana. Ma questa volta, la condanna della CEDU fa seguito ad una coraggiosa azione giudiziaria promossa dalla Procura della Repubblica di Milano che ha portato alla condanna degli autori del crimine. E veniamo ai fatti. Venuto in Italia nel 1998 e diventato imam nel 2000, Abu Omar ottiene l’asilo politico in Italia. Nel centro di Milano nel 2003 l’imam fu rapito e portato – come poi accertato – nella base americana di Aviano e poi in quella di Ramstein in Germania. Gli autori del rapimento – individuati successivamente in agenti della Cia – con l’assistenza dei servizi segreti italiani – consegnarono il malcapitato nella mani dei servizi segreti egiziani, torturato a più riprese, per essere rilasciato solo nel 2004. La Procura di Milano aveva intanto aperto una indagine per sequestro di persona. L’inchiesta per la quale bisogna dare atto ai magistrati di Milano di non aver ceduto alle pressioni del potere politico, che vedeva come indagati appunto agenti della Cia e del servizio segreto italiano, si è conclusa con una sentenza di condanna del Tribunale di Milano del 4.11.2009 che ha condannato 23 cittadini USA (22 agenti della Cia e il colonnello Romano) e 2 agenti italiani del Sismi, tenuti a versare un indennizzo alla vittima. Ma in appello la condanna contro i due agenti del SISMI è stata annullata perché era intervenuta la sentenza n. 106/2009 della Consulta in base alla quale i due agenti del Sismi non potevano essere interrogati perché non potevano divulgare fatti coperti dal segreto di Stato. La sentenza della CEDU, depositata il 23.2.2016 ha accertato le violazioni della Carta di cui l’Italia si è resa responsabile e condannata la stessa per violazione dell’art. 3 (divieto di tortura e trattamenti disumani e degradanti), dell’art. 5 (diritto alla libertà e alla sicurezza), dell’art. 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare), dell’art. 13 (diritto alla tutela giurisdizionale effettiva) ma essa colpisce tutte le istituzioni statali, pesantemente richiamate in causa per le violazioni accertate e per la reticenza con cui hanno tentato di fermare la macchina giudiziaria e di coprire le responsabilità di agenti facenti parte dei servizi segreti. A partire dal Governo (e si tratta di ben quattro governi che si sono succeduti a partire da quello presieduto da Prodi, poi Berlusconi, poi Monti e Letta), accusati di aver abusato del segreto di Stato per favorire l’impunità dei responsabili, passando per la Corte Costituzionale, senza dimenticare il Presidente della Repubblica, allora Giorgio Napolitano, che concedeva la grazia ai due agenti della Cia condannati dai giudici italiani. Senza dimenticare che il Governo – malgrado ne avesse il potere in base al Trattato di cooperazione giudiziaria esistente con gli USA – non ha mai richiesto l’estradizione degli agenti della Cia. Motivo per cui la Corte ha condannato l’Italia a versare ai due ricorrenti (Abu Omar e la moglie) 85 mila euro per i danni non patrimoniali e 30 mila euro per le spese giudiziarie. Questo di Abu Omar è stato davvero un caso gravissimo che ha visto come la legalità sia stata tradita proprio dagli organi istituzionali, implicate le maggiori cariche dello Stato, stravolto ogni principio di giustizia. Grazie solo al coraggio dei giudici di Milano si è potuto far luce (e neppure tutta) su una vicenda così clamorosa. Avremo modo di ritornare a discutere di questa vicenda cui dedicheremo un prossimo convegno nell’ambito della formazione professionale.
Marzo 2016
(commento a cura avv. to E. Oropallo)
LA CEDU CONDANNA L’ITALIA PER IL CASO ABU OMAR