Il divieto di autodifesa dell’avvocato nei processi penali è compatibile con il principio dell’equo processo
È quanto sancito dalla Grande Camera, Corte EDU, caso Correia de Matos c. Portogallo (ric. 56402/12) del 4 aprile 2018.
Il caso. Protagonista della vicenda è un avvocato e revisore dei conti che fu sospeso dall’albo dal 1993 al 2016, perché per le leggi interne le due professioni sono incompatibili e gli fu vietato l’esercizio forense pena una sanzione disciplinare. Vane le richieste di autodifendersi e le proteste contro l’imposto difensore d’ufficio: la legge e la prassi portoghesi, anche della Consulta, sono chiare nel vietare l’autodifesa nei processi penali. La CEDU già nel 2001 aveva rigettato un suo analogo ricorso perché manifestamente infondato. È stato di diverso avviso il Comitato per i diritti umani dell’ONU che nella Raccomandazione n.1123/02 e nel Commento generale n. 32/07 ha evidenziato come, in base all’art.14 §.3 (equo processo, assistenza tecnica e parità delle armi) del Patto internazionale sui diritti civili e politici, il diritto all’autodifesa sia una pietra miliare della giustizia, perciò non soggetto a restrizioni. L’imposizione di un avvocato d’ufficio, in base alla legge interna, è sproporzionata e va oltre quanto necessario in una società democratica. S’invitò – invano – il Portogallo a rivedere tale divieto. Nel decidere il caso la Corte EDU ha tenuto conto del quadro giuridico internazionale. Il regolamento interno della Corte penale internazionale consente all’imputato di difendersi da solo. Il diritto all’equo processo è sancito dall’art. 47 Carta di Nizza, speculare all’art. 6 Cedu. La Direttiva 2013/48 / UE (diritto di avvalersi di un difensore nei processi penali, nei procedimenti relativi al MAE etc.): impone l’assistenza tecnica da parte di un legale di fiducia o d’ufficio, cui l’imputato può rinunciare espressamente ex artt. 3 e 9. A livello di diritto comparato la maggior parte degli Stati del COE (Council of Europe ndr.) consente l’autodifesa dell’imputato anche se, nella maggior parte dei casi, questa facoltà può essere soggetta a restrizioni in base al grado di giurisdizione, alla complessità del caso, alla gravità dell’accusa e alla capacità dell’imputato di sapersi difendere da solo. L’avvocato può difendere chiunque, meno che se stesso. Il diritto all’autodifesa non è assoluto e può dunque essere limitato dal legislatore nazionale cui è riconosciuto un ampio margine discrezionale di adottare misure ed emanare disposizioni concernenti l’onere della difesa tecnica per assicurare una buona amministrazione della giustizia e l’esercizio dei diritti alla difesa, tra cui quello di avere una difesa efficace ed effettiva, oltre a quello della parità delle armi.
In breve, pur non essendoci uniformità sul punto a livello di diritto comparato, sono questi i principi cardine cui deve essere ispirata l’azione del Legislatore e della CEDU in materia: l’imputato deve avere la possibilità di presiedere alle udienze, rilasciare libere dichiarazioni, presentare memorie, essere difeso da un avvocato di fiducia o d’ufficio e, se non può permetterselo, deve poter accedere al gratuito patrocinio. Alla luce di ciò la CEDU ha ritenuto sufficienti e pertinenti le ragioni del contestato divieto, anche se alcuni giudici, facendo parte della Corte, hanno dichiarato il loro dissenso. A nostro avviso, anche se il nostro ordinamento dispone l’obbligo della difesa tecnica, quando l’imputato risulta essere un avvocato, non gli si può negare di avere le conoscenze giuste per difendersi da solo per cui la vicenda potrebbe essere ridiscussa successivamente. Nel nostro passato non lontano, si sono avuti dei casi in cui gli imputati hanno rifiutato il difensore d’ufficio che la Corte aveva assegnato chiedendo di difendersi da soli. Richiesta che venne respinta dalla Corte che, anche in quel caso, ribadì il principio che l’imputato non può rinunciare alla difesa tecnica, pur in presenza di un rifiuto espresso. Si trattava certo di un caso diverso, isolato ma che potrebbe riaprire la discussione sull’argomento, anche perché – come abbiamo visto – il regolamento della Corte penale internazionale consente all’imputato di difendersi da solo, come anche riconosciuto dalle disposizioni ONU e, dunque, non è detta l’ultima parola su questa vicenda.
Maggio 2019
Fonte: D&G
Commento a cura
Avv. E. Oropallo