IL CASO CONTRADA: NUOVA CONDANNA DELLA CEDU
Contrada: chi era costui? Per i più giovani e per chi sia a corto di memoria, Bruno Contrada, all’epoca dei fatti (dicembre 1992) stimato funzionario del SISDE, venne arrestato con l’accusa infamante di collusione con i boss della mafia palermitana. Il funzionario fin dal primo momento si dichiarò sempre estraneo ai fatti che gli venivano contestati: l’accusa, all’epoca dei fatti sostenuta dal PM dott. Ingroia – sulla scorta delle accuse dei pentiti – in primo grado ottenne una condanna dell’imputato a 10 anni di carcere. Nel maggio del 2001 la Corte d’Appello assolve Contrada ma la Cassazione annulla la sentenza e ordina un processo bis che si chiude con una nuova condanna che diventa definitiva nel 2007. Un anno dopo l’ex funzionario ottenne la detenzione domiciliare per motivi di salute.
Pur accettando il verdetto della Cassazione, si può dire che questo fu all’epoca un caso clamoroso che suscitò numerose polemiche soprattutto perché l’accusa fu sostenuta sostanzialmente dalle dichiarazioni dei pentiti. E sul pentitismo la polemica è ancora aperta: se l’azione investigativa non è attrezzata per svolgere indagini di una certa delicatezza, neppure possiamo sostituire alle indagini le dichiarazioni dei pentiti che non possono costituire un elemento di prove, se non in presenza di elementi concordanti. E qui gli elementi concordanti furono soprattutto le dichiarazioni di altri pentiti. Il caso non si può dire ancora chiuso, come mostra questa condanna della CEDU che ha ritenuto che il Contrada non poteva essere condannato per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa in quanto all’epoca – rileva la Corte di Strasburgo “il reato non era sufficientemente chiaro e prevedibile”. E’ inutile dire che questa sentenza, se non sarà impugnata dal Governo Italiano nei termini di legge, potrebbe portare ad una riapertura del caso innanzi al Giudice Italiano. In effetti, la Corte europea ha ritenuto sussistere la violazione dell’art. 7 della CEDU secondo cui non ci può essere condanna senza che il reato sia chiaramente identificato dal codice penale. Va ricordato che in passato altra sentenza della CEDU aveva condannato l’Italia per le condizioni in cui era stato detenuto il Contrada. Aperta, dunque, la porta alla revisione del processo. Su questa vicenda ritorneremo con un esame più articolato della sentenza della CEDU.
Aprile 2015
(Avv. E. Oropallo)