I TEMPI DA LUMACA DELLA GIUSTIZIA ITALIANA
Come giurista e come cittadino non posso nascondere ancora una volta la mia indignazione difronte ai mali del nostro sistema giudiziario. Più di una volta gli avvocati sono stati accusati di voler ritardare i tempi della giustizia, senza capire quale ne potrebbe essere l’interesse. Anche nel caso della prescrizione di un processo – civile o penale che sia – essa è imputabile alla lentezza del nostro sistema giudiziario. Ce lo conferma, ancora una volta, una notizia riportata dal quotidiano “La Repubblica” del 4 ottobre scorso. Nella Cancelleria della Suprema Corte, Sezione Civile, giacciono 5.703 sentenze che non possono essere pubblicate perché manca il timbro del “Cancelliere esperto”. Malgrado vi sia anche il deposito della sentenza in Cancelleria, in effetti c’è un passaggio ulteriore, quello della pubblicazione, che dovrebbe essere automatica non sussistendo alcun impegno particolarmente gravoso ma nel corso degli anni – come scrive l’autore dell’articolo – “si è deciso di affidare l’espletamento di questa mansione ad una figura amministrativa con un ruolo specifico, quello di “cancelliere esperto”. Può far sorridere tutto ciò ma si tratta di un’amara constatazione che la pubblicazione delle sentenze sia bloccata per mancanza di una firma. “Ancora più sorprendente è il fatto che essendo perfettamente al corrente di questa assurdità, nessuno al Ministero di Giustizia per anni si sia posto il problema di mettervi fine con un semplice atto amministrativo”. C’è da aggiungere che questo accade anche nei Tribunali o in appello ma si verifica anche nei procedimenti innanzi il GdP dove tra il deposito della minuta in Cancelleria e quello della pubblicazione non passano meno di 2-3 mesi, con punte anche di 6 mesi. Non si tratta dunque di “una vicenda apparentemente marginale” come scrive l’autore dell’articolo che non sa che bisogna ricorrere frequentemente, in periodo ancora di pandemia, al telefono e anche via e-mail per sollecitare la pubblicazione di una sentenza. L’autore dell’articolo parla di “sindrome del carrello” che affligge la giustizia italiana: “settimane, mesi di tempo per spostare un fascicolo da un ufficio ad un altro a pochi metri di distanza”. A volte “mancano anche coloro che dovrebbero spingerlo quel carrello, nonostante le statistiche dicano che la spesa del nostro paese per i tribunali sarebbe addirittura in linea con la media europea”. Che cosa andremo a raccontare ai nostri colleghi in Europa? Che basta l’assenza di un “portantino” per bloccare la pubblicazione di una sentenza mettendo in crisi tutto il sistema?
Ottobre 2021