“VECCHIA, PIU’ POVERA E IMPRODUTTIVA L’EUROPA SENZA IMMIGRATI”
Così – scrive la Repubblica del 18 settembre –. Una ricerca della Fondazione Leone Maressa (si tratta di un istituto nato nel 2002 da un’iniziativa dell’Associazione Artigiani e Piccole Imprese di Mestre) mostra che, se oggi l’Italia chiudesse le frontiere, perderebbe oltre 4 milioni di lavoratori in quindici anni. L’Europa non andrebbe meglio perché nel 2030 dovrebbe dire addio a 30 milioni di persone in età lavorativa. Si tratta di uno scenario “apocalittico” ma non ipotetico in quanto già da diversi anni si sapeva di questo disavanzo pesante. Ma c’è di più: nel 2030 con gli attuali tassi di fecondità – la popolazione UE diminuirebbe dell’1,9% sotto quota 500 milioni ma vedendo crescere l’invecchiamento della popolazione over 65 (+ 28 mil in Europa). In Italia gli anziani crescerebbero di 2,6 mil., passando dal 21,7% al 27,5%. Se restassero invece invariati gli attuali flussi migratori – aggiunge il giornale – gli immigrati che oggi rappresentano l’8,2% della popolazione residente che sale all’11,3% tra i bambini e scende all’1,1% tra gli anziani con un impatto dunque minimo sulla spesa pubblica. La percentuale nel 2030 salirebbe al 14,6% arrivando al 21,7% nella fascia 0-14 anni e al 17,4% nella fascia 15-64. Dunque, una boccata d’aria per quanto riguarda il mercato del lavoro in quanto gli immigrati passerebbero da 2 milioni di oggi a 4 milioni passando, percentualmente, dal 10% di oggi al 18% del 2030. Il PIL prodotto dagli immigrati ammonterà a 217 miliardi pari al 15% del totale mentre attualmente è poco al di sotto del 9%. Una presenza, quella degli immigrati, essenziale per sostenere la macchina produttiva sia in Italia che in Europa dove l’invecchiamento della popolazione e il tasso di natalità mettono in pericolo la capacità produttiva. Se non ci fossero immigrati, bisognerebbe dunque andarli a ricercare per consentire all’Europa un tenore di vita analogo a quella attuale. Lo studio conferma ancora una volta l’importanza della componente straniera in Italia e in Europa sia sotto il profilo anagrafico che di conseguenza sotto il profilo socio-economico. E’ chiaro che questa prospettiva si scontra con una politica miope dell’Europa e dei nostri governi che parlano di chiusura delle frontiere. Oggi è stato il turno della Svizzera – o meglio del Canton Ticino – di pronunciarsi in un referendum contro il libero accesso della mano d’opera in Svizzera cui ha replicato con enfasi propagandista, il nostro ministro degli Esteri che parla di vera e propria crisi tra UE e Svizzera dimenticando che è proprio la politica anti-immigrazione di questo governo e di quelli che l’hanno preceduto che ha visto aumentare la xenofobia nel nostro continente. E’ proprio la Repubblica di oggi (26/9) che parla di una maggioranza di italiani favorevoli alla chiusura delle frontiere. Una politica che va, dunque, controcorrente rispetto alle prospettive di un futuro non lontano. La Germania, uno dei paesi più a rischio nel caso di chiusura delle frontiere, per bocca della sua Cancelliera sig.ra Angela Merkel ha confermato di tendere le mani a chi arriva in Europa anche se questa dichiarazione di apertura sta danneggiando il suo partito sul piano elettorale. Non sappiamo fino a quando proseguirà questa politica contraddittoria dell’Europa ma certo, se si ha la vista corta come oggi avviene, e se i governi continueranno a scaricare le conseguenze della crisi economica sugli immigrati, crediamo che sarà poi molto difficile convincere la propria opinione pubblica del contrario. Miseria della politica che continua a mentire sul contributo insostituibile dell’immigrazione per la ripresa economica alimentando lo spettro della chiusura delle frontiere. Su questi problemi bisognerà sforzarsi di fare chiarezza anche per allontanare l’ipotesi di un indebolimento dell’UE la cui esistenza è messa in discussione proprio dallo scontro oggi in corso in Europa sulla politica dell’immigrazione.
Settembre 2016
(Avv. E. Oropallo)
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