La CEDU e il principio del libero accesso alla giustizia
Come abbiamo scritto in una nostra nota di qualche giorno fa, la Corte EDU ha modificato il regolamento di procedura stabilendo precise norme per poter ricorrere alla Corte. Innanzitutto è previsto che ogni ricorso depositato a norma dell’art. 34 vada presentato esclusivamente su formulario fornito dalla Cancelleria. Il ricorso tra l’altro (art. 1/e) deve contenere una esposizione succinta e leggibile dei fatti o delle allegate violazioni della convenzione e delle argomentazioni pertinenti (art. 1/f) e un’esposizione succinta e leggibile che confermi il rispetto da parte del ricorrente dei criteri di ricevibilità enunciati nell’art. 35 c. 1 della Convenzione. Tutte le informazioni previste devono consentire alla Corte di determinare, senza consultare ulteriori documenti, la natura e l’oggetto del ricorso (cd. principio di autosufficienza). Il ricorrente comunque può allegare al formulario del ricorso un documento al massimo di 20 pagine per integrare ed esporre in dettaglio i fatti e le allegate violazioni della Convenzione e le argomentazioni pertinenti. Inoltre (art. 3/1)il formulario di ricorso deve essere firmato dal ricorrente o dal suo rapp.te corredato a) dalle copie dei documenti riguardanti le decisioni giudiziarie o i provvedimenti denunciati, che siano o meno di natura giudiziaria; b) dalle copie dei documenti e delle decisioni che dimostrino che il ricorrente ha esaurito le vie di ricorso interno ed osservato il termine richiesto dall’art. 35/1 della Convenzione (termine di sei mesi dalla decisione interna definitiva). Inoltre (art. 3/2) i documenti presentati a sostegno del ricorso devono figurare in un elenco per ordine cronologico. In caso di non rispetto degli obblighi elencati dai paragrafi da 1 a 3, il ricorso non sarà esaminato dalla Corte che può comunque richiedere al ricorrente, prima di decidere, di presentare entro un determinato termine ogni informazione o ogni documento utile nella forma e nella maniera ritenuta opportuna (art. 5.2). Ancora il ricorso ai fini art. 35/1 della Convenzione, si considera presentato nella data in cui un formulario – che soddisfi i requisiti previsti nel presente articolo è inviato alla Corte, salvo che la Corte non decida una diversa data, se lo ritiene giustificato. Infine il ricorrente (art. 7) deve informare la Corte di ogni cambiamento d’indirizzo e di ogni fatto pertinente per l’esame del suo ricorso. Invece di semplificare, a noi sembra che il nuovo regolamento finisca per rendere più accidentato il percorso per chi voglia lamentare un torto subito dalla giurisdizione di uno dei paesi aderenti alla Convenzione. Innanzitutto, ove prima il ricorso si intendeva depositato appena pervenuto in Cancelleria, oggi esso si ritiene depositato se sono state formalmente rispettate tutte le istruzioni fornite (par. 5/1). Il ricorso dunque, prima ancora di essere ritenuto ammissibile o meno, sarà esaminato dalla Cancelleria per accertare se esso rispetti o meno i requisiti di forma sopra enunciati. Esame che non sospende il termine dei 6 mesi previsti dalla Convenzione per cui -se ci fosse qualche omissione o irregolarità segnalata dalla Cancelleria – si dovrà provvedere onde evitare che maturi il termine previsto dei sei mesi che chiude le porte alla ricevibilità del ricorso. E’ opportuno, dunque, per evitare questa probabile tagliola, depositare il ricorso appena si abbia notizia del provvedimento finale del giudice interno. Successivamente si passa alla fase in cui il Giudice unico (art. 27) ai sensi art. 35 verifica se sussistono o meno le condizioni di ricevibilità. Rientra nei poteri del Giudice dichiarare il ricorso irricevibile e rigettarlo se ritiene che la decisione possa essere presa senza esame complementare. Nel caso in cui non lo ritenga irricevibile o non lo cancelli dal ruolo, lo trasmette ad un comitato composto da tre giudici o ad una Camera per un esame complementare. Esame che ancora una volta può portare ad una dichiarazione di irricevibilità. In caso contrario, il Comitato o la Camera deciderà anche sul merito o meno che non ritenga di rimettere la decisione alla Grande Camera (17 giudici) quando la vicenda solleva un problema relativo all’interpretazione della Convenzione o se la soluzione possa portare ad un contrasto con una decisione già resa anteriormente dalla Corte. Come si vede, un percorso piuttosto accidentato che può fermarsi già nella prima fase per aver violato le regole previste per la redazione del ricorso. Il motivo di questo irrigidimento sta nel fatto che, purtroppo, è aumentato notevolmente il numero dei ricorsi che perviene alla Corte che per carenza di mezzi è costretta a bloccare sul nascere la marea dei ricorsi. Si pensi, per fare un paragone, che il bilancio della Corte è di un sesto rispetto a quello della Corte di Giustizia UE malgrado quest’ultima esamini un numero di ricorsi notevolmente inferiore, non essendo previsto fino ad ora il ricorso individuale. Ma questo non giustifica affatto questa chiusura operata dal regolamento che tende a limitare l’accesso alla Corte. Se i ricorsi sono effettivamente aumentati in questi ultimi anni è anche perché sono aumentati i casi di violazione dei diritti umani da parte degli Stati. Allora, se si tengono a cuore i diritti dei cittadini e si vuole far sopravvivere una istituzione sovranazionale indipendente che possa far cessare l’abuso e condannare lo Stato inadempiente, allora bisogna che nell’ambito del Consiglio d’Europa, si rafforzi sia sul piano economico che sul quello istituzionale questo organismo perché sia garantito il rispetto di quei diritti per cui è giustificata la stessa esistenza della Corte che finora è stato l’unico avamposto a livello continentale contro gli abusi dei singoli Stati, in questi tempi di crisi, sempre più frequenti. Insomma, se l’Europa vuole continuare ad essere faro di civiltà e culla dei diritti umani, bisogna, per rendere effettiva questa tutela, rafforzare la Corte EDU che con le sue decisioni ha arginato fino ad ora le violazioni da parte degli Stati membri.
Febbraio 2016
Nota a cura avv. E. Oropallo