L’ARTICO, UNA BIODIVERSITA’ DA PRESERVARE
Si può dire che, dopo l’Amazzonia, le due calotte polari costituiscono zone strategiche di straordinaria importanza per la sopravvivenza dell’uomo sul pianeta. L’Artico, a causa dei cambiamenti climatici, sta subendo una trasformazione ormai inarrestabile e sta mettendo in discussione la sopravvivenza di alcun specie animali, rendendo, altresì, più difficile la sopravvivenza delle tribù indigene che vivono nel Nord estremo. Nel 2016 è stato fondato il Consiglio Artico di cui fanno parte tutti i ministri degli Esteri degli otto paesi artici e delle sei organizzazioni permanenti di tribù indigene e dei paesi associati all’organizzazione. Ai primi di maggio del 2019, in occasione del meeting biennale, è stato fatto un bilancio degli interventi svolti nella direzione dei tre grandi obiettivi che il Consiglio Artico si è dato, a partire dalla lotta al cambiamento climatico per passare alla protezione ambientale e della biodiversità e nel sostenere uno sviluppo sostenibile per la regione che si estende dall’Islanda fino al Canada. Nel corso del meeting sono stati mostrati i risultati dei progetti volti a ridurre l’inquinamento da microplastiche e i passi avanti fatti per un sistema di trasporto e comunicazioni nella regione artica. L’apparente clima disteso dell’incontro non può però nascondere le reali motivazioni poste a base di questo interesse per la regione. Alcuni tra i paesi che fanno parte del Consiglio Artico stanno portando avanti i propri piani di sviluppo, in aperto contrasto con gli obiettivi di conservazione dell’ambiente naturale. Da una parte, infatti, lo scioglimento dei ghiacci può aprire nuove strade di comunicazione e per un verso o per l’altro rendere più economico lo sfruttamento dei vasti giacimenti di gas metano e di idrocarburi che si trovano sotto la calotta polare. Per comprendere come sta crescendo la tensione tra i ghiacci, basta ricordare che la Cina ha investito tra il 2012 e il 2017 quasi 90 miliardi di dollari nella regione per partecipare al progetto della “Silk Road” che accorcerebbe i tempi di navigazione e consentire alle navi mercantili di solcare queste acque senza essere dotate di particolari strumentazioni. Progetto che Pechino vorrebbe realizzare insieme alla Russia e al Canada. Questa politica ha messo in allarme Washington che vede nell’influenza cinese un grosso rischio – che non si sa bene quale sia – se non quello di fare concorrenza allo strapotere americano. Sul piano diplomatico in sede internazionale gli USA stanno cercando di indebolire la posizione di Pechino che intende entrare nel Consiglio Artico e avere lo status di “Near Artic State” in quanto il confine più vicino dista circa 1450 Km dalla zona artica. Sta maturando dunque un altro conflitto tra USA e Cina che potrebbe mettere in discussione gli attuali equilibri nella zona. Ma, a parte la Cina, la Russia, che punta molto allo sfruttamento delle risorse naturali, sta ampliando le sue zone di influenza, a discapito dei paesi meno attrezzati, rivendicando con un supporto anche militare la propria sovranità su alcune aree della regione. Fino ad oggi l’UE è rimasta fuori da questa vicenda pur riconoscendo che la sostenibilità è una sfida fondamentale per tutti coloro che sono interessati ad operare nel grande Nord per cui anche tutte le politiche che coinvolgono la regione artica vanno affrontate. In effetti, l’UE ha un forte ritardo rispetto agli altri paesi anche se può contare sul fatto che alcuni paesi membri dell’UE siano già membri del Consiglio Artico come la Svezia e la Danimarca per cui sarà più facile per l’UE ottenere lo status di associato o di membro del Consiglio. Se l’Europa non rafforzerà la propria strategia, nel prossimo decennio rischiamo di lasciare il campo alla Russia che ha istituito una Commissione Speciale per la protezione degli interessi russi nell’Artico. Nei prossimi decenni sull’Artico di sicuro si combatterà una battaglia sia sul piano della sicurezza che su quello della sostenibilità per cui per la sua posizione, l’UE potrà agire come moderatore dei contrasti a vari livelli. La regione artica va aiutata a ritrovare il proprio equilibrio ecosostenibile; diversamente se prevarranno gli interessi nazionali, si rischia di andare incontro ad un’altra catastrofe ecologica e militare che potrebbe segnare la fine della società umana su questo Pianeta.
Marzo 2021
l’Artico una biodiversità da preservare
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