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ALLARME CLIMA

Sono ormai diversi anni che la scienza ci sta lanciando segnali di pericolo per un aumento della temperatura che dovrebbe essere contenuta entro l’1,5% per il 2100. In occasione della conferenza COP27 che si terrà il 6 novembre in Egitto, un rapporto della Croce Rossa e Mezza Luna Rossa internazionale e dell’ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (OCHA) ha stimato che entro il 2100 le ondate di calore renderanno invivibili parte dell’Asia e dell’Africa per cui non è più rinviabile un radicale cambiamento di rotta che di fatto, pur avviato, è stato rinviato a causa della guerra in corso in Ukraina che ha bloccato tutti i piani per sostituire ai combustibili fossili le fonti di energia rinnovabili. Già oggi il caldo estremo sperimentato in Europa e negli USA ha causato circa settantamila decessi ed il prezzo più alto lo pagano donne, anziani, lavoratori agricoli e bambini. Gli esperti stimano che l’emergenza climatica interesserà anche i territori più a sud dell’Europa; il caldo estremo contribuirà al declino degli eco-sistema, degli animali e delle colture come il grano. Il fenomeno della desertificazione è già una realtà nelle regioni del nostro sud, mentre anche i nostri mari, con l’aumento della temperatura, saranno aperti all’invasione di specie marine provenienti dalle zone tropicali.

Quest’anno si sono registrate temperature più alte dalla fine del secolo scorso. Anche per le nostre montagne la situazione è critica: la natura ha già mostrato quanto può essere micidiale il riscaldamento in montagna. La tragedia della Marmolada dello scorso mese di luglio con i suoi undici morti è una ferita ancora aperta. Il rapporto è un campanello di allarme perché se non si arriverà all’abbassamento della CO2 nell’atmosfera terrestre, i centri urbani di interi paesi come India, Indonesia, Sudan o Kuwait rischiano di non garantire più condizioni sopportabili di vita per cui la previsione che circa 600 milioni di persone saranno costrette a lasciare queste città. Anche se in tono minore, il fenomeno si farà sentire anche in Europa e soprattutto nel sud per cui città come Venezia rischiano di scomparire sotto l’acqua mentre le bombe d’acqua si faranno sempre più frequenti con il rischio di alluvioni causando sconvolgimenti non più rimediabili soprattutto per la politica di cementificazione delle coste e per la totale carenza di controllo della portata dei fiumi.

Secondo gli autori del rapporto, a cambiare rotta si può ancora: “i paesi più ricchi hanno le risorse per aiutare quelli più poveri ad adattarsi” sostiene Martin Griffths – sottosegretario generale dell’OCHA. Aggiungendo che servono subito finanziamenti sicuri e accordi rapidi per limitare il riscaldamento globale a +1,5-2, che riuscirebbe a scongiurare che 420 milioni di persone nel mondo siano esposte a ondate di calore. Sarebbe già un passo avanti ma che cosa stanno facendo i paesi ricchi nel mondo intero?

Esattamente il contrario di quanto chiedono gli scienziati: vedremo se alla conferenza del 3 novembre prossimo ci sia qualche novità in tal senso. Per il momento, tutte le grandi potenze si stanno muovendo per assicurarsi una presenza nell’Artico per poter sfruttare le risorse energetiche che verranno alla superficie a seguito dello scioglimento dei ghiacci, aumentando così l’immissione nella atmosfera del CO2.

Ovviamente, la torta interessa a tutti per cui non è improbabile che nuovi conflitti si preparano per il futuro nella regione artica. Se, dunque, non passa il messaggio lanciato dagli scienziati, ed in particolare se non ci sarà un drastico cambiamento di rotta da parte dei paesi ricchi, bisognerà attrezzarsi perché la voce degli scienziati giunga in ogni angolo della Terra. Nel frattempo, in attesa che i leader mondiali agiscono concretamente, la Croce Rossa e le organizzazioni umanitari stanno già studiando piani di emergenza per limitare le conseguenze di prossimi eventi climatici estremi.

Ottobre 2022

ALLARME CLIMA

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