Il pignoramento degli importi dovuti per pensioni e stipendi confluiti sul conto corrente
Con un articolo pubblicato recentemente nel giugno scorso su Expartecreditoris a firma dell’avv. Antonio Arseni si è chiarita la portata della nuova disciplina introdotta dal D.L. 27.6.2015 n. 83. Va ricordato che, prima di questa novella, non pochi pensionati e lavoratori si vedevano – scrive l’autore – indiscriminatamente pignorare le somme accreditate sul conto corrente superiori ad € 1.000,00, anche quando queste erano corrisposte a titolo di stipendio o di pensione o di compensi versati dalla P.A.. In effetti, sulla base di una giurisprudenza maggioritaria perversa e irrazionale “le somme provenienti da crediti di lavoro e trattamenti pensionistici, una volta percepite ed affluite (obbligatoriamente) sul conto corrente del medesimo perdono la loro specifica connotazione rientrando nel patrimonio dell’obbligato e liberamente aggredibili dai creditori” (cfr. Trib. di Roma 24/03/2000, Trib. Bari 04/10/2010 e soprattutto Cass. 04/10/2010 n. 2946). E questo in virtù della l. 214/2011 che consentiva la totale apprensione dei proventi della pensione o dello stipendio una volta confluiti sul conto corrente – laddove la norma speciale – a tutela dei soggetti economicamente più deboli – prevedeva limiti di impugnabilità operanti solo nel caso in cui il pignoramento veniva eseguito alla fonte, con evidente disparità di trattamento dei soggetti obbligati. I tentativi della giurisprudenza di merito di ovviare all’inconveniente sono stati da ultimo vanificati dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 85 del 15.5.2015 che rigettava una eccezione di incostituzionalità formulata dal Tribunale di Lecce in relazione agli artt. 3 e 38 della Costituzione, reputata inammissibile, pur riconoscendo la Corte che “…la individuazione e le modalità di salvaguardia della parte della pensione necessaria ad assicurare al beneficiario mezzi adeguati alle sue esigenze di vita è riservata alla discrezionalità del legislatore, il quale non può sottrarsi al compito di razionalizzare il vigente quadro normativo in coerenza con i precetti dell’art. 38 della Cost.”. Questa volta il monito è stato ascoltato dal legislatore il quale attraverso il D.L. 27.6.2015 n. 83 ha aggiornato gli artt. 545 e 546 per cui: a) le somme da chiunque dovute (e, quindi, non ancora pagate) a titolo di pensione, di indennità pensionistiche e gli assegni di quiescenza, non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell’assegno sociale aumentato della metà. Tale limite che appare rappresentare il minimo vitale per il soggetto debitore, è pari ad € 672,76. La parte eccedente tale limite è pignorabile nei limiti di cui allo stesso art. 545 cpc, comma 3°; b) queste stesse somme, nel caso di accredito su conto bancario possono essere pignorate (e questa è la novità più importante) per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale (quindi oltre € 1.345,53) quando l’accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento. Nel caso invece in cui esso ha luogo in data coincidente con il pignoramento o successiva, dette somme potranno essere pignorate nei limiti di cui agli indicati commi 3,4 e 5 dell’art. 545 c.p.c.. L’inosservanza ed il superamento dei predetti limiti comporta la parziale inefficacia del pignoramento, rilevabile di ufficio dal Giudice. Con comma aggiunto al primo comma dell’art. 546 c.p.c., si precisa che gli obblighi di custodia del terzo pignorato sono rapportati alla misura della somma pignorabile in ragione dei limiti previsti dall’ art. 545 c.p.c..
Agosto 2015
Nota a cura Avv. E. Oropallo
Il pignoramento degli importi dovuti per pensioni e stipendi confluiti sul conto corrente