I COSTI DELLA GUERRA
Sul quotidiano la Repubblica del 6 febbraio scorso Eugenio Occorsio scrive che nel 2023 il PIL del mondo ha raggiunto il livello astronomico di 105.000 miliardi – ma sarebbe stato 107.000 miliardi se i conflitti in Ucraina e in Palestina non avessero zavorrato l’economia. In effetti le guerre fino ad oggi sono costate più di 2.000 miliardi di euro pari al PIL di un paese grande come l’Italia. Con queste risorse avremmo potuto realizzare molti dei progetti che l’UE aveva in programma, soprattutto nel settore energetico per eliminare ogni ricorso alle fonti di energia non rinnovabili.
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Secondo il FMI l’economia cinese ha frenato la sua corsa facendo crescere l’inflazione, mentre l’Eurozona ha rischiato per un pelo la recessione. Un fenomeno, questo, che si verifica quando un paese ha avuto una grossa capacità produttiva che non è in grado di vendere sul mercato perché la domanda complessiva di beni e servizi diminuisce.
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Solo gli Stati Uniti sono riusciti a rispettare il trend di crescita dell’economia, anche perché l’industria bellica ha lavorato intensamente mentre l’Europa è stata severamente penalizzata dagli effetti della guerra. La crescita in Europa nel 2022 doveva essere del 4,9% ed invece è stata del 3,2% in particolare l’Italia è cresciuta nel 2022 del 3,7% anziché il 4,2% e dello 0,7%, anziché dello 0,9% nel 2023. “Ci sono stati anche altri fattori a partire dall’inflazione che hanno mortificato gli investimenti, come le strozzature nella catena dell’offerta aggravate dalle tensioni geopolitiche che trovano origine, a ben guardare, in modo decisivo dalle guerre“, commenta Angelo Baglioni, economista internazionale della Cattolica di Roma.
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Può sembrare un paradosso che mentre la guerra ha favorito l’economia USA, l’Europa ma anche la Cina stiano pagando le conseguenze più pesanti per il loro sistema economico. Cerchiamo di chiarire questo paradosso. In realtà già prima della Presidenza Biden l’economia americana stava attraversando una grave crisi economica per la forte concorrenza data dalla superiorità delle più giovani potenze come quella europea e quella cinese con una forte produttività. Per cui è dovuta ricorrere ai ripari per recuperare il gap.
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Si sa che la guerra è un bagno di giovinezza per il capitalismo più vecchio. In effetti la guerra scoppiata nel cuore dell’Europa ha bloccato lo sviluppo delle più potenti economie europee e cinese aprendo le porte ai prodotti USA. L’Europa è incappata nella guerra Ucraina che ha generato conseguenze a catena per la propria economia oltre all’orrore di migliaia di morti. Oggi non solo l’UE si ritrova a fare i conti con la prospettiva di una guerra senza sbocco e a sostenere lo sforzo bellico del vicino paese, ma anche di sostenere la ricostruzione di questo paese, come ha dichiarato l’amministrazione americana.
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Sarebbe il caso di mettere fine a questa guerra – ma ad opporvisi è la visione politica degli USA e anche dell’Ucraina, né esiste una classe politica capace di contrastare questa decisione. Anzi l’impegno militare in Ucraina è aumentato in questi ultimi mesi, mentre la guerra scatenata da Israele nel Medio Oriente non ha fatto che peggiorare l’economia dei paesi europei e della Cina, per i maggiori costi prodotti dal blocco del canale di Suez. Di questo passo l’economia mondiale e non solo quella europea entreranno in una nuova fase di recessione, che potrebbe essere rallentata da quelle che saranno le decisioni che prenderà l’Unione Europea con il “cambio della guardia” dopo le elezioni.
Febbraio 2024