UNA RIFORMA DEI TRATTATI NECESSARIA PER IL FUTURO DELL’UE
Come scrive su La Stampa il direttore della rivista Limes Lucio Caracciolo, “la guerra in Ucraina segna la fine della pace, del pacifismo e dell’ideale europeista“.
Il conflitto ucraino ha messo in luce la debolezza dell’UE, segnando il ritorno al sovranismo più rissoso, e smantellato un po’ alla volta la condivisione all’interno di un sistema politico imperfetto e incompleto. Un ritorno alla Società delle Nazioni. Se non vi saranno modificazioni della rotta, potrà essere la fine di ogni prospettiva di collaborazione tra gli Stati Europei. Anche i contrasti tra gli Stati fondatori come la Germania o la Francia o come l’Italia stanno offrendo un quadro sempre più fosco del futuro dell’UE. Anche la visita a Pechino del cancelliere tedesco ha suscitato molte polemiche perché insiste sulla nuova strategia del governo tedesco che mira a trovare soluzioni nazionali ai problemi del paese. Una scelta insensata e pericolosa che non fa altro che indebolire l’assetto istituzionale dell’UE, laddove ci sarebbe bisogno di un’azione coordinata che metta in campo tutto il peso politico ed economico per instaurare rapporti simmetrici e proficui con le altre superpotenze.
Ma tutto ciò sembra già appartenere al passato. O si affronta il problema riformando le strutture politiche dell’UE o si assisterà al crollo di ogni illusione. Questo significa cambiare i trattati procedendo alla costruzione di un’Europa federale sulla scia dell’esperienza di altri Stati come la Svizzera. E non sarebbe neppure difficile raggiungere questo obiettivo ma sembra oggi che ne manca ogni volontà politica. Anche se i recenti successi della “destra europea” hanno sollevato allarme e preoccupazioni per il futuro dell’Europa, persistono divisioni all’interno del gruppo sovranista per cui non si rischia ancora alcuna crisi all’interno dell’UE. Le speranze di una maggiore cooperazione tra le forze politiche di destra e di estrema destra al parlamento europeo sembrano ancora lontane. Nei giorni scorsi la delegazione del partito di governo ungherese FIDESZ ha pubblicato una dichiarazione congiunta sulla collaborazione degli europarlamentari di estrema destra per promuovere politiche migratorie più severe e “spostare” le competenze dal livello dell’UE agli stati membri. Proposta che è stata respinta dal gruppo ECR presieduto dalla nuova premier italiana Giorgia Meloni e tra i firmatari non figurano neppure i parlamentari del partito polacco al governo (PIS) che fanno parte del gruppo ECR.
Molto peggio però se le tensioni che persistono tra i governi occidentali potessero bloccare il processo di revisione dei trattati europei. Per la Germania una vera e propria riforma dei trattati non è tuttavia l’unica opzione perché l’attuale quadro consente di apportare modifiche sostanziali all’assetto istituzionale dell’UE, in particolare per quanto riguarda l’introduzione del voto a maggioranza qualificata in settori che attualmente richiedono l’unanimità. Oggi a frenare il progetto riformistico è soprattutto il conflitto in Ucraina che non sembra volersi spegnere. Solo la fermezza dell’UE potrà convincere il presidente Zelensky a sedersi ad un tavolo di trattativa con la Russia, perlomeno per arrivare a una tregua sul piano militare. Non è possibile che sia solo Zelensky a poter decidere della sorte in questo continente ma soprattutto non si possono continuare a richiedere nuovi armamenti perché non potrà essere il campo di battaglia a decidere del destino dell’Europa.