SI RIACCENDE IL CONFLITTO NEL NAGORNO KARABAKH
Non bastava il conflitto in Ucraina, si è tornati a sparare nel Nagorno Karabakh nonostante la presenza di un forte contingente russo di 2000 soldati schierati fin dal 2020 per far rispettare gli accordi intervenuti tra le parti. Gli scontri hanno causato la morte di quindici soldati armeni anche se si tratta di notizia da verificare. Dal mese di febbraio le accuse di aver violato il cessate il fuoco si sono moltiplicate in Karabakh, nella zona in cui sono dispiegati i peacekeeper, che hanno accertato che gli azeri sparavano verso la popolazione per intimidirla. Gli azeri hanno rimandato le accuse al mittente sostenendo che sul posto ci siano formazioni illegali armate armene. A marzo la situazione di sicurezza è ulteriormente peggiorata: dall’8 di marzo poi il Karabakh è rimasto in gran parte senza gas. Un tubo è stato rotto o manomesso, i tempi del ripristino sono stati protratti, e poi il servizio è stato sospeso di nuovo. C’è la neve in Karabakh, senza gas si congela. Gli armeni del Karabakh e di Yerevan accusano Baku di stare forzando un esodo con misure coercitive, come l’intimidazione, l’esclusione da servizi essenziali come il riscaldamento, le violazioni del cessate il fuoco. Baku nega e rinfaccia le responsabilità addebitandole alla condotta armena nei territori occupati e ricorda che il gasdotto è stato posato illegalmente. Ma non ci si è fermati qui. Nel tentativo di far limitare gli scontri in corso, i peacekeeper hanno negoziato con le parti un ritiro dalle proprie posizioni. Gli armeni hanno di seguito liberato degli avamposti, mentre gli azeri non solo non si sono ritirati, ma sono avanzati, e controllano ora le alture di Daşbaşı. È la prima volta dal cessate il fuoco del novembre 2020 che un così sostanziale movimento di truppe avviene nell’area del Karabakh. Insomma Baku si sente in condizione di dettare i termini della discussione. Una posizione forte sullo sfondo di una Russia che appare in difficoltà in Ucraina. Ma anche di una nuova importanza strategica dell’Azerbaijan stesso, come fonte alternativa di idrocarburi a quelli russi nel quadro del regime sanzionatorio e di riposizionamento di medio e lungo termine dei paesi importatori occidentali. Non dimentichiamo che è stato proprio nei giorni scorsi che il nostro Ministro degli Esteri si è recato in visita ufficiale nell’Azerbaijan allo scopo di assicurarsi la disponibilità del governo azero di subentrare alla Russia per i rifornimenti di gas e di petrolio. E questo in barba alla decisione dell’UE di acquistare in blocco per tutti i paesi aderenti idrocarburi a prezzo calmierato. E’ proprio vero che, in tempo di crisi, viene meno quella presunta unanimità decisionale dell’UE andando ogni Stato a difendere il proprio orticello nazionale. Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan ha annunciato che domani 6 aprile, incontrerà il presidente dell’Azerbaijan a Bruxelles per porre fine al lungo conflitto nella regione separatista. Ricordiamo che in base al Trattato di Pace di novembre 2020, l’Armenia ha ceduto il controllo sull’area del Nagorno Karabakh su tutti i sette distretti limitrofi all’Azerbaijan i quali negli anni ‘90 erano stati occupati dalle forze armene. Il Nagorno Karabakh ha un’importanza notevole perché la sua posizione è strategica per il controllo dei gasdotti e oleodotti che vi transitano e forniscono idrocarburi per il mercato russo o turco. E’ anche importante ricordare che, sullo sfondo delle rivendicazioni territoriali azero-armene, un ruolo cruciale è anche quello della Turchia che ha sostenuto militarmente l’Azerbaijan e della Russia alleata dell’Armenia. Difronte a tale scenario, questo conflitto potrà dirsi concluso solo nel caso in cui al tavolo delle trattative ci siano anche la Russia e la Turchia che non sembra siano stati invitati a questo incontro che si terrà domani soprattutto per insistenza dell’UE, terzo protagonista di questa storia che sta cercando, grazie anche ad un intervento diretto della Francia, di controllare questa regione ricca di materie prime indispensabili per l’economia occidentale.
Aprile 2022
(Avv. E. Oropallo)