“IL 41 BIS ED ERGASTOLO OSTATIVO NON SONO CARCERE DURO”
Mentre il direttore delle carceri italiane Bernardo Petralia su “La Repubblica” del 2 gennaio u.s. avanza l’ipotesi che “ogni toga passi una settimana in carcere per capire come si vive lì” il P.G. della Cassazione Salvi all’inaugurazione dell’anno giudiziario ribadisce che “l’ergastolo ostativo e il 41 bis non sono carcere duro ma strumenti per impedire che i mafiosi continuino a comandare dal carcere, come avveniva prima del 1992” come scrive il quotidiano “Il Dubbio” nell’articolo a firma di Valentina Stella. “Ora non si comprende – scrive il redattore – se questa dichiarazione sia una esortazione al legislatore affinché l’ergastolo ostativo e il 41 bis siano riformati in senso più umano o se sia accettabile così com’è” ricordando che il Comitato del Consiglio d’Europa per la prevenzione della tortura ha invitato le nostre autorità “ ad avviare una seria riflessione sul regime detentivo del 41 bis”. Sinceramente, a noi sembra che non si possa equivocare che il PG della Cassazione abbia voluto spezzare ancora una volta una lancia a favore del regime previsto ex art. 41 bis per negare qualsiasi forma di relazione tra il recluso e la società esterna. Applicato con queste modalità diventa quel “carcere duro” che tanta parte della magistratura e della politica auspicano e che viola la lettera e lo scopo della norma. Ad essere incostituzionale è anche il “fine pena mai”, come ha detto la Consulta. A leggere questa ulteriore dichiarazione di Salvi, si configura sostanzialmente come un nuovo ergastolo ostativo, come vorrebbe il M5S. Ed infatti riceve subito il plauso del Presidente della Commissione Giustizia della Camera, Mario Perantoni del M5S: “le parole del Procuratore Generale Salvi sull’ergastolo ostativo ed il 41 bis sono opportune e condivisibili”. “In momenti come questo, pur nel rispetto dei principi costituzionali, non bisogna cedere nella lotta contro la criminalità mafiosa né indebolire gli strumenti utilizzati per contrastarlo, a differenza di quanto emerge da alcune forze politiche”. Insomma, ancora una volta un tentativo per tenere in vita uno strumento dichiarato incostituzionale. E poi Salvi sembra sfiduciare – scrive ancora il giornale – i magistrati di sorveglianza che “potrebbero essere chiamati a svolgere un ruolo assai difficile da assolvere per la necessità di disporre di dati certi su cui fondare il giudizio di cessazione di legami attuali e potenziali con l’organizzazione di appartenenza”. Nessun problema, rassicura Salvi, “un ruolo importante nel fornire un quadro probatorio quanto possibile e completo sarà certamente svolto dal circuito dei procuratori distrettuali e dal procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo”. “Probabilmente il PG non ha letto, scrive ancora il giornale, la nostra intervista al nuovo coordinatore del Conams (Coordinamento Nazionale Magistrati di Sorveglianza), Giovanni Maria Pavarin, che aveva riconosciuto che la norma della misura alternativa al carcere va riconosciuta anche ai detenuti condannati quando sia stata riconosciuta l’impossibilità o l’inesigibilità della collaborazione con la giustizia”.
Febbraio 2022