L’UE e i BALCANI OCCIDENTALI
Come ha dichiarato il 19 u.s. l’Alto rappresentante dell’UE per gli Affari Esteri e la politica di sicurezza Joseph Borrell “l’UE non è completa senza i Balcani Occidentali. E’ tempo che ci uniamo per costruire un’Europa più forte”. Sono diversi anni ormai che – anche attraverso incontri programmati tra l’UE e i rappresentanti degli Stati ex-Jugoslavi – si è aperta la porta dell’UE ai paesi che ne hanno chiesto l’adesione. Ma nel pacchetto presentato il 19 u.s. dalla Commissione al Parlamento europeo in seduta a Strasburgo non vi è nessuna grossa novità rispetto al summit tenutosi il 6 ottobre in Slovenia e durante la recente visita della Presidente della Commissione nella regione. Confermata la strategia dell’allargamento e la prospettiva europea per questi paesi ma nessun passo avanti concreto. La Commissione nel presentare una valutazione dettagliata dei progressi compiuti, precisa che l’approccio è basato sul merito, ritenendo necessario porre attenzione alle riforme fondamentali come lo stato di diritto, le libertà parlamentari e il funzionamento delle istituzioni democratiche. I nostri partner – aggiunge la Commissione – devono affrontare questi obiettivi, nell’interesse dei cittadini e per avanzare sulla strada dell’UE, mettendo da parte le loro differenze. Ci sembra sinceramente un approccio astratto in quanto sarà l’ingresso nell’UE che aiuterà questi paesi a migliorare il loro sistema politico, a dare impulso alle riforme economiche necessarie per l’integrazione e per mettere fine ad un passato di frammentazione politica e di rancori sociali che ancora si fanno sentire nelle regioni. A partire dal contrasto tra la Serbia ed il Kossovo. Da parte sua dell’UE ha un piano di investimenti di 30 mld. di euro per promuovere lo sviluppo economico dell’intera regione e per la ripresa post-pandemia. Per quanto riguarda i singoli paesi la Commissione rileva che il Montenegro continua ad essere il paese più avanti nel percorso europeo, con tutti i capitoli negoziali aperti. Ci si aspettano però sostanziali progressi per i capitoli 23 e 24 riguardanti lo stato di diritto: le autorità montenegrine devono intensificare gli sforzi riguardo a libertà di espressione e libertà dei media, lotta alla corruzione, lotta alla criminalità organizzata. Secondo la Commissione la Serbia deve proseguire e accelerare le riforme sull’indipendenza della magistratura, la lotta alla corruzione, la libertà dei media, la gestione interna dei crimini di guerra e la lotta alla criminalità organizzata e anche migliorare il suo allineamento con la politica estera e di sicurezza dell’UE. Nessuna novità sostanziale per l’Albania e la Macedonia del Nord, le quali continuano a soddisfare le condizioni per l’apertura dei negoziati di adesione ma che ancora attendono il via libera degli stati membri. Prioritaria per la Macedonia del Nord è la soluzione dei rapporti bilaterali con la Bulgaria che sta di fatto ponendo un veto all’avvio dei negoziati con Skopje. La Bosnia Erzegovina ha mancato l’obiettivo strategico di completare le 14 priorità individuate ed approvate nel 2019 dal Consiglio europeo, priorità che la BiH deve raggiungere per poter ottenere lo status di paese candidato. C’è da aggiungere però che il processo di adesione è molto rallentato sia dalle perplessità sollevate da alcuni paesi UE come la Francia che già da tempo ha fatto intendere di non voler accelerare questo processo, in disaccordo con paesi come l’Italia e la Germania che hanno intensi rapporti economici con l’area balcanica ed in particolare con la Serbia. Anche l’Italia ha ottimi rapporti con la Serbia essendone il primo partner commerciale. Di fatto l’UE è condizionata dall’opposizione di altri Stati membri come la Bulgaria che ha opposto il veto per l’adesione della Macedonia del Nord la quale, pur di entrare nell’Unione, ha deciso con un referendum popolare di cambiare il proprio nome che inizialmente era solo Macedonia, pur di vincere le resistenze con la Grecia ma neppure questo è bastato per far passare la sua candidatura. Purtroppo, ancora una volta la vince la mancata autonomia politica dell’UE che lascia spazio libero così alla penetrazione di altre potenze nella regione, come sta facendo la Cina e in misura minore la Turchia. Inoltre si potrebbe obiettare che paesi come Ungheria e la Polonia non sono messi meglio della Serbia ma proprio questo è il punto, in quanto gli europei si sono già scottati con l’allargamento all’Est che ha portato in seno all’Unione paesi con un pedigree democratico quanto meno discutibile, non essendo dunque disposti a ripetere l’esperienza con i Balcani mentre sul fronte interno si apprestano a regolare i conti con Budapest e Varsavia. Va comunque ricordato che se la debolezza dell’UE allunga i tempi per l’ingresso in Europa dei paesi di questa ragione, potrebbe domani trovarsi a fare i conti con la potenza cinese o quella russa che pure conserva buoni rapporti e tradizionali legami sia con la Serbia e il Montenegro ma anche con la Macedonia del Nord, perdendo così l’occasione storica di rafforzare l’UE e le sue frontiere esterne.