SI RIACCENDE LA CRISI TRA ARMENIA E AZERBAIJAN
Dopo gli accordi sottoscritti con la mediazione della Russia, nessuno scommetteva che la pace sarebbe ritornata tra i due paesi in guerra.
Puntualmente il conseguente status quo che si è creato per via militare ha lasciato alcuni ulteriori focolai di crisi. Il 12 maggio scorso è scoppiata la cd. crisi di Syunik, provincia armena al confine del Nagorno-Karabakh, rientrato a far parte del territorio azero in base agli accordi sottoscritti. Un contingente di circa 200 soldati azeri si è addentrato nel territorio armeno. L’episodio ha avuto come nuova conseguenza lo spostamento di circa 3,5 Km del confine a favore dell’Azerbaijan, dopo una negoziazione trilaterale armeno-russo-azera, per evitare che la crisi degenerasse, anche se nessuno può garantire che non ci saranno altri tentativi per cambiare la linea di confine, soprattutto da parte azera, facendo crescere il malumore delle masse popolari armene, che hanno denunciato la responsabilità del governo in carica e soprattutto del Presidente della Repubblica per la sconfitta militare subita da parte dell’esercito azero.
La crisi innescatasi ha costretto il governo in carica ad anticipare le elezioni politiche già fissate per il 2023 al 10 giugno prossimo. Ma, oltre agli aspetti politici, l’area oggi occupata dall’esercito azero ha un’altra peculiarità: quella di trovarsi vicino ad un bacino d’acqua, il lago Sev. Una risorsa idrica di cui il governo di Baku vorrebbe appropriarsi per cui è possibile che si apra un nuovo scenario conflittuale per l’utilizzo di questa risorsa idrica essenziale anche per il Nagorno-Karabakh. Vicenda questa che potrebbe mettere in discussione il quadro politico armeno dopo le elezioni perché se l’elettorato garantisce all’attuale partito al potere, nato dalle speranze della rivoluzione, un buon margine nei sondaggi, la crisi di Syunik oggi è l’epicentro di nuove minacce per l’Armenia. Senza dimenticare che la crisi economica sta facendo davvero sentire il suo peso generando uno spaventoso rialzo dei prezzi di prima necessità e un conseguente deprezzamento della moneta locale rispetto al dollaro.
Non secondario è il ruolo della Russia che fino ad oggi è riuscita a riportare una pace precaria che potrebbe invece favorire il paese vincitore per strappare altre fette di territorio al paese confinante, già martoriato da quest’ultima guerra che ha obbligato centinaia di migliaia di Armeni a lasciare il Nagorno Karabakh andando a gravare sulla già debole economia armena.
Maggio 2021