UNA BRECCIA NELLA POLITICA DELL’UE
La Città Santa è ancora una volta al centro dello scontro a causa della volontà di alcuni paesi di aprire la propria sede diplomatica a Gerusalemme. E’ la volta della Repubblica Ceca che ha deciso di aprire a Gerusalemme una filiale della sua ambasciata in Israele che ha sede a Tel Aviv.
L’autorità nazionale palestinese e la Lega araba hanno condannato questo gesto. Per il Ministro degli Esteri palestinese, la decisione di Praga “è un palese attacco al popolo palestinese, ai suoi diritti, una flagrante violazione del diritto internazionale” che danneggia le prospettive di pace mettendo in discussione la sovranità sui luoghi santi delle tre grandi religioni monoteiste.
Dopo la guerra dei sei giorni nel 1967, la parte Est di Gerusalemme, rivendicata dai palestinesi come capitale, fu occupata dalle truppe di Tel Aviv violando la linea di armistizio ONU che divideva in due settori la città. Il problema da allora è rimasto irrisolto: da una parte il governo palestinese che chiede la restituzione dei territori occupati in violazione del diritto internazionale e Israele che continua ad occupare questa parte della città malgrado le sanzioni dell’Onu. Per ora solo gli USA, sotto la presidenza Trump e il Guatemala hanno fatto da apripista in contrasto con la politica precedente che condannava la pretesa di Israele di considerare Gerusalemme come capitale del proprio Stato. Ad essi si è aggiunto recentemente anche il Kossovo che ha comunicato domenica 14 marzo scorso di aver aperto ufficialmente la sua ambasciata a Gerusalemme, dopo che l’UE aveva criticato la decisione di Pristino. Questa decisione del governo di Praga appare del tutto inopportuna anche perché contrasta con la posizione dell’UE di ritenere del tutto illegittima la decisione di Israele di continuare l’occupazione militare di Gerusalemme Est. Ancora più grave è che il Presidente Babis abbia dichiarato che “la Repubblica Ceca considera Israele un partner strategico”; tra l’altro è uno dei più forti sponsor di Israele nell’UE, sostenendo che la Cpi non avrebbe titolo per indagare su crimini di guerra nei territori palestinesi.
Ancora una volta una decisione che contrasta con la politica dell’UE rendendo così sempre più evidente la necessità impellente di procedere ad una riforma degli Statuti dell’Unione che possa consentire una piena integrazione tra economia e politica all’interno dell’Unione.
Aprile 2021