ASILE – IL RITORNO DI LULA
Il giudice del Tribunale Supremo Federale Edson Fachin ha annullato tutte le condanne penali a carico dell’ex presidente Lula da Silva rendendo di nuovo possibile la sua corsa contro Bolsonaro alle presidenziali del 2022. Il Giudice Fachin si è limitato a segnalare che la Corte federale della città di Curitiba, che condannò Lula per corruzione, non aveva competenza territoriale per perseguire l’ex presidente. Per quelle condanne l’ex presidente ha trascorso 580 giorni in carcere in una cella all’interno delle sede centrale della polizia federale, senza poter comunicare all’esterno. Il potere politico gli negò anche di partecipare ai funerali del fratello. Certo non è ancora la vittoria definitiva in quanto il processo dovrà ripetersi a Brasilia ma certo è una sentenza che ha restituito la dignità umana e politica a Lula. La vicenda giudiziaria è stata spesso descritta dai difensori di Lula come un processo politico per escluderlo dalle elezioni presidenziali del 2018 quando era in testa nei sondaggi e favorire così il candidato Bolsonaro. Tra gli argomenti a sostegno di questa tesi, sta il fatto che il magistrato che seguì il caso Sergio Moro, è diventato successivamente “superministro della giustizia” nel governo Bolsonaro, prima però di dimettersi nell’aprile 2020, dopo un acceso scontro pubblico con Bolsonaro. Una lunga inchiesta della rivista “Intercept” ha fatto emergere telefonate intervenute tra i giudici del processo contro Lula e il PM Moro che, malgrado il ruolo di pubblica accusa, avrebbe aiutato i colleghi ad imbastire l’accusa di corruzione contro Lula. “L’uomo che aveva incarnato per diversi anni il riscatto di milioni di poveri e diseredati –scrive La Repubblica del 10 marzo u.s. – che aveva sfamato chi non aveva da mangiare, che ha aperto scuole e università, che aveva saputo placare le tensioni e la violenza che assediano le Favelas e le metropoli, esce a testa alta da un incubo durato cinque anni”. Bolsonaro che ha rappresentato in questi anni gli interessi della grande industria nazionale e dei grandi cartelli USA contribuendo alla distruzione dell’Amazzonia, è in forte declino anche in virtù della sciagurata gestione della pandemia e della conseguente crisi economica. Oggi il Partito dei Lavoratori con il ritorno in campo del suo ex presidente, vede crescere la possibilità di ritornare al potere. I sondaggi lo danno ancora fortissimo nel gradimento dei brasiliani e Bolsonaro non nasconde il suo nervosismo, passando ad attaccare i giudici della Suprema Corte che hanno liberato Lula. Anche il fronte della sinistra sud-americana si è schierato al fianco di Lula. “Giustizia è fatta” ha dichiarato il Presidente argentino Alberto Fernandez accusando apertamente Bolsonaro di aver ordito un piano per eliminarlo dalla scena politica. Dello stesso avviso sono il leader socialista Evo Morales Presidente della Bolivia ed anche la sinistra europea ha fatto sentire a Lula la sua solidarietà. Certo, nella situazione attuale del sub continente americano il ritorno in campo di Lula potrebbe costituire nuova linfa per una politica di riforme a favore delle classi meno abbienti e soprattutto affrontare con fermezza la sfida dei cambiamenti climatici, interrompendo la devastazione di un’area, quella amazzonica, che è un patrimonio di diversità che va preservato, fermando la devastazione selvaggia di questo grande polmone essenziale non solo per la vita delle comunità locali ma anche per il forte impatto che esercita sul clima mondiale. Certo, dovrà battersi contro gli interessi di quanti oggi sono i responsabili della deforestazione e della scomparsa di centinaia di specie animali oltre a essere fonte di malattie per le comunità locali. In questa sua battaglia Lula potrà contare sull’appoggio dell’Europa che aveva anche intimato al governo Bolsonaro di porre fine a questa devastazione del vasto territorio amazzonico. Secondo l’ISPI “anche con il nuovo inquilino alla Casa Bianca il vento sembra propizio per Lula dal momento che l’ex presidente USA Donald Trump aveva apertamente parteggiato per l’allora presidente Bolsonaro”. A nostro modesto avviso, non c’è da fare molto affidamento su questa prospettiva. Oggi l’amministrazione Biden sta cercando di recuperare in tutto il mondo quella posizione di supremazia che ha esercitato per anni, badando soprattutto ai suoi interessi di grande potenza. In realtà, Bolsonaro in questi anni ha consentito all’industria USA di sfruttare le grandi risorse del Brasile per cui con ogni probabilità la politica riformista di Lula si troverà in rotta di collisione con gli interessi della grande industria USA e a questo punto cadrà la maschera di questo presidente che in Europa sta già facendo sentire la pressione sui paesi “alleati” per ricompattarli con le posizioni espresse dalla nuova amministrazione.
Marzo 2021
Avv. E. Oropallo