SCACCO AL RE
Dopo un penoso appello lanciato in Senato martedì scorso ai “patrioti” o, che dir si voglia, ai “costruttori” infine Conte – sia pure con un numero risicato – è riuscito ad evitare un ritorno al Colle ma non credo che possa ritenersi soddisfatto perché questo gruppo così raccogliticcio non fa che accrescere la debolezza di questo governo. Se i problemi esistevano già prima della decisione del gruppo di Italia Viva di sfilarsi da questa alleanza, i problemi continuano ad esserci anche oggi e non sarà questa nuova pattuglia a poter offrire un contributo utile per rispettare i tempi del Recovery Fund. Qualcuno ha detto che si è evitata una crisi “al buio”; al contrario questa di Conte è una vittoria di Pirro, perché infine dovrà dimostrare che il governo abbia le carte giuste per superare questa crisi. Se lunedì era stato il Commissario UE all’economia Paolo Gentiloni a sottolineare che il documento va rafforzato, martedì è stato il vice-presidente della Commissione Dombrovskis a mettere in guardia il governo italiano sul rischio di non ricevere il contributo previsto dal Recovery Fund. “Spero – dichiara il vice-presidente della Commissione – che l’instabilità politica non metta a repentaglio il vostro piano. Siete il maggior beneficiario dei fondi europei”. “Il numero due di Ursula von der Leyen ha ricordato – scrive sempre La Repubblica del 19 u.s. – che 11 paesi hanno già inviato formalmente a Bruxelles i loro piani”. Insomma è forte la preoccupazione che alla fine di febbraio l’Italia non faccia pervenire formalmente a Bruxelles il piano nazionale per accedere ai fondi europei. C’è da chiedersi se sia oggi il governo Conte in grado di recuperare il tempo perduto e redigere in poco più di un mese quel piano che non è riuscito a preparare da settembre ad oggi. “Se l’Italia farà flop – scrive ancora il quotidiano – non sarà possibile rendere permanenti i bond europei, bloccando l’evoluzione della zona euro”. E se non notificherà il piano italiano a Bruxelles per la fine di febbraio, potrebbe anche non incassare il primo importo (circa 27 miliardi) previsto per giugno. Ma c’è anche il timore che, dopo il primo assegno di giugno, “l’Italia non riesca a rispettare il cronoprogramma che, secondo le regole del piano, l’Italia si deve autoimporre, per incassare le successive tranche di finanziamenti UE, perdendo così l’ultimo treno per rimanere agganciata al cuore della zona euro”. In un’intervista resa sempre al quotidiano La Repubblica, Fabrizio Barca, economista ed ex ministro nel governo Monti, mette in guardia Conte perché “così come è il Recovery Plan, è pieno di trappole che ne possono determinare il fallimento”. Tra l’altro Barca torna a chiedere di inserire il salario minimo legale nel piano, come segnale di ripartenza del paese contro i contratti pirati e la concorrenza sporca sui salari, criticando che esso già era nel patto del governo e poi messo a dormire. “Dopo 16 mesi, adesso è giunto il momento della verità – scrive Claudio Tito sempre su La Repubblica di ieri-. A questo punto gli alibi sono finiti e l’esecutivo deve dimostrare di saper fare il proprio mestiere. Le scadenze e gli impegni che si stagliano davanti ad esso non concedono ritardi o dilazioni. Finora in effetti, grazie anche alla pandemia, Conte è stato protetto – aggiunge Tito – da una sorta di ombrello emergenziale. Italia Viva non sarà più un fattore di disturbo interno e il Covid non può più essere considerato un nemico sconosciuto”. Il bruco ha voluto diventare farfalla. Eccolo accontentato. “Il giudizio sul suo operato dipenderà esclusivamente dai risultati che riuscirà a conseguire”. Se mi è concessa un’ultima valutazione su questa crisi di governo, c’è da sorprendersi che tutta o quasi la stampa italiana ha fatto il tifo per Conte, senza considerare che la crisi era stata avviata proprio dal suo rifiuto di rispondere alle critiche di Renzi ritenute però più che giustificate. Al contrario, la stampa, non ha certo aiutato a chiarire le ragioni di questa crisi. Ma ancora più grave è l’atteggiamento del PD che è rimasto al fianco di Conte, criticando la decisione dell’ex premier Renzi di sganciarsi da questo governo. Oggi la strada per questo governo è irta di difficoltà in quanto alla pandemia e alla preparazione del Recovery Plan si aggiunge che a fine marzo i lavoratori e le aziende si troveranno a fronteggiare la fine della CIG e la fine del blocco dei licenziamenti. A questo proposito, il Segretario della CGIL ha già fatto sapere che sarà necessario proseguire il blocco e garantire la CIG fino al mese di giugno. Quindi ci saranno altre risorse da reperire per far fronte a questi impegni. “Oggi non è più il tempo di decidere per non decidere”. Il premier intende allargare i confini della sua alleanza per rendere questo governo più forte ma non ci sono i tempi per farlo oggi anche se in prospettiva potrebbe farlo. Nel corso della trasmissione “Di martedì” l’ex segretario del PD Bersani ha parlato addirittura di un futuro dove destra e sinistra possono collaborare assieme per ridare fiducia a questo paese. Insomma, abbattere le differenze in nome del benessere di questo paese. Ma è proprio certo che questo connubio possa essere un esperimento di nuova “democrazia”? A nostro avviso potrebbe essere un primo anello di una trasformazione della democrazia in una sorta di “democrazia illiberale” che è il sogno di tutti i sovranisti.
21/01/2021