RIESPLODE IL CONFLITTO SUL CONFINE AZERO-ARMENO
La fine dell’URSS ha generato nei paesi ex-sovietici rivendicazioni territoriali che nascondono spesso interessi economici rilevanti, soprattutto quando si tratta di difendere le risorse energetiche di cui alcuni paesi sono ricchi o per antichi e non sopiti rancori ancora presenti tra paesi confinanti. Al confine azero-armeno nel luglio scorso sono ripresi gli scontri per il controllo del Nagorno-Karabakh, una piccola enclave armena nel territorio azero. Le due ex repubbliche socialiste, si contendono questa striscia di territorio che nel lontano 1994 fu occupata dall’Armenia che ne ha scacciato la popolazione di etnia azera che vive così sfollata in Azerbaigian mentre l’indipendenza di questo minuscolo Stato non ha ricevuto il riconoscimento da nessun paese.
E’ una situazione potenzialmente esplosiva se si tien conto che dietro questi paesi ci sono potenze maggiori, la Turchia che appoggia Azerbaigian dichiarando che non lascerà solo questo Stato fratello ma anche la Russia non vuole lasciare soli gli armeni che potrebbero invocare il suo aiuto militare nell’ambito dell’organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO) di cui l’Armenia è membro. La Russia ha scarso interesse ad una escalation del conflitto e il Ministro degli Esteri russo Lavrov ha incontrato nel luglio scorso i rappresentanti dei due paesi per discutere della stabilizzazione della situazione al confine e la ripresa dei colloqui sul Nagorno-Karabakh mentre l’Alto Rappresentante dell’UE per gli affari esterni e la politica di sicurezza, Josep Barrell, ha chiesto la fine degli scontri armati. Potrebbe trattarsi di una crisi locale ma non è così. L’Azerbaigian fornisce gas e petrolio all’Europa, per cui come ha denunciato l’ex presidente dell’azienda di Stato azera, vi sono seri rischi per la fornitura di gas e di petrolio verso l’Europa per cui anche l’UE è direttamente interessata a chiudere questo focolaio di guerra “regionale”. Entrambi i paesi stanno attraversando una grave crisi economica e sanitaria a causa della pandemia.
L’Azerbaigian sta incontrando gravi difficoltà per la ingente perdita dovuta alla caduta del prezzo del petrolio per cui utilizza la tensione ai suoi confini per controllare meglio le tensioni sociali all’interno del paese mentre l’Armenia, priva di mezzi, con un’economia già grigia e isolata, sta subendo grossi problemi anche per la grave diffusione del contagio tra la popolazione.
Un ulteriore elemento inquietante sono state le minacce da parte azerbaigiana di colpire con missili la centrale nucleare di Metsamor in Armenia: una minaccia che, se posta in essere, potrebbe avere gravi conseguenze umanitarie e ambientali che vanno ben oltre i confini del Caucaso. Essa ha destato notevoli preoccupazioni a livello internazionale.
Da parte sua l’Armenia avrebbe dichiarato di essere in grado di colpire la diga di Mingachevir in Azerbaigian, anche se poi il governo armeno si è affrettato a smentire queste minacce.
Grande assente, almeno fino ad oggi, in questo scontro che si consuma ai confini del nostro continente, resta l’UE che avrebbe una occasione per rilanciare la sua diplomazia ma pesa sull’immobilismo europeo, l’influenza turca, attore fondamentale nella regione e paese alleato all’interno della NATO, che anche in ragione del negazionismo di Stato sul genocidio armeno, si proclama pronta ad intervenire in aiuto dell’Azerbaigian.
Nell’affrontare questo conflitto, l’UE potrebbe partire dal riconoscimento, previo il ritorno di profughi e sfollati nelle loro città e villaggi, in Nagorno-Karabakh con la garanzia di una regione indipendente sia da Baku che da Yerevan sapendo bene che se la crisi si aggravasse c’è il rischio concreto di un conflitto che coinvolgerebbe tutti i paesi della regione, dalla Russia all’Iran e alla Turchia, ponendo in serio pericolo la sicurezza e la stabilità stessa dell’UE e dei suoi confini, anche se questa soluzione viene contestata sia dall’Azerbaigian che da molti commentatori politici. Il fatto è che la guerra del 1992/1994 ha portato all’espulsione di circa un milione di azerbaigiani dal territorio del Nagorno-Karabakh attualmente occupato dalle truppe armene.
“La indipendenza del Nagorno-Karabakh – scrive Daniel Pommier Vincelli su EURACTIV Italia- è ingiustificata dal punto di vista del diritto internazionale” perché, pur riconoscendo alla minoranza armena il diritto a spazi di autonomia, a forme di autogoverno, alla tutela dei propri diritti culturali, linguistici e sociali, tutto ciò “non può superare il principio dell’integrità dello Stato nazionale sancito da quattro risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle N.U.”. Potrebbe trattarsi di un caso analogo alla richiesta di indipendenza che fu avanzata dai separatisti della Catalogna sulla quale l’UE non volle intervenire, ritenendo che si trattasse di un conflitto interno alla Spagna che andava risolto dalle istituzioni democratiche spagnole.
Qualunque sia la soluzione migliore, riteniamo che l’UE faccia sentire la sua voce perché non può non tener conto dei collegamenti che la vicenda ha con la sicurezza europea e, se nel caso catalano l’UE ha sbagliato ad intervenire, non è detto che questi errori si debbano ripetere, riaprendo profonde lacerazioni e conflitti tra i popoli europei.
Se L’UE vuole avere un peso a livello europeo, deve completare al più presto il suo percorso di riforme, non più rinviabili, perché possa essere un unico soggetto politico, con piene condivisioni di tutti i paesi membri, per competere con le grandi potenze come gli USA, la Cina o la Russia che continuano ancora oggi a spadroneggiare in tutto il mondo.
Dopo la pausa estiva, sono riprese le ostilità fra i due paesi per cui la Russia ha definito il conflitto una questione molto delicata. Dopo il 17 luglio numerosi velivoli di trasporto russi, hanno volato verso l’Armenia dove la Russia ha una base militare per cui il consigliere del presidente azero Ilham Aliyev, ha denunciato che in effetti la Russia avrebbe fornito all’Armenia nuovi armamenti destando ulteriori preoccupazioni sull’esito di questo conflitto che continua ad essere un pericolo costante per la sicurezza della regione e del resto d’Europa.
Una ragione in più perché le istituzioni europee intervengano per evitare il ripetersi di altre sciagure per questo continente.
17/9/2020