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IL GASDOTTO DELLA DISCORDIA E IL CASO NAVALNY

Nel 1997, grazie ad un accordo tra le compagnie petrolifere, la russa Gazprom e la finlandese Neste, è partito il progetto Nord Stream con l’obiettivo di collegare la Russia ed il Nord della Germania con un gasdotto che attraversa il Mar Baltico. Il progetto prevede due linee, inaugurata la prima tra il 2011 e il 2012 che collega la città russa di Vyborg a Greifswald, per una lunghezza di 1.222 Km. La seconda linea – definita Nord Stream 2 – doveva collegare Ust-Luga a Greifswald in parallelo a quella già esistente, e diventare operativa nel 2020, se non fossero intervenute le sanzioni imposte dagli Stati Uniti nel 2019 che ne hanno ritardato la costruzione. In effetti già nel gennaio 2019 gli USA, tramite il loro ambasciatore in Germania, avevano avvertito le compagnie tedesche di abbandonare i lavori sul gasdotto, minacciando sanzioni se non lo avessero ascoltato. Sanzioni che, approvate dal presidente Donald Trump nel dicembre del 2019, causavano l’interruzione dei lavori e la rinuncia della compagnia svizzera Allseas, che fabbricava i componenti del gasdotto.

La costruzione di questa seconda linea serviva ad aumentare la quantità di gas trasportata in UE ogni anno, portando 110 miliardi di metri cubi di gas all’anno in Germania.

A seguito delle sanzioni, il presidente russo Putin dichiarava che avrebbe potuto concludere la costruzione del gasdotto anche senza l’aiuto delle compagnie straniere.

Ma, anche a causa della pandemia, il progetto non è proseguito anche perché alcuni osservatori politici hanno evidenziato che la realizzazione di questo progetto, consentendo un collegamento diretto con l’UE senza passare attraverso paesi di transito come Ucraina, Slovacchia, Polonia e Bielorussia potrebbe rappresentare un rischio di influenza politica nei loro confronti. Anche per alcuni Stati affacciati sul Baltico la realizzazione del progetto è sempre stata vista con sospetto perché avrebbe garantito alla Russia la possibilità di mobilitare navi e mezzi militari nelle loro acque territoriali. L’ultimo Stato in ordine di tempo a chiedere di fermare il progetto è stata la Finlandia. Come ha sottolineato l’europarlamentare Henna Virkkunen (Epp) “il gasdotto è un problema per l’intera UE e uno strumento fondamentale per influenzare la Russia, che sta dimostrando di non rispettare i Trattati internazionali ed i diritti fondamentali”. Il caso Navalny ha rimesso in discussione il completamento dei lavori del gasdotto Nord Stream a cui, secondo il punto di vista del governo tedesco e dell’UE, la Germania potrebbe rinunciare, in mancanza di chiarimenti richiesti alla Russia su tutta la vicenda. Ricordiamo che l’oppositore russo sarebbe rimasto vittima di un avvelenamento nel corso di un viaggio da Tomsk a Mosca. Avvelenamento che non veniva confermato dai medici russi di Omsk che lo avevano immediatamente preso in cura ma ribadito invece dal governo tedesco, dopo il trasferimento dell’oppositore nell’Ospedale La Charité di Berlino.

Le autorità tedesche, senza però averne alcuna prova, hanno ritenuto che dietro la mano di chi aveva avvelenato la bevanda di Navalny ci sarebbe addirittura il governo russo o quantomeno i servizi segreti russi.

All’8 settembre, dopo le cure proseguite nell’ospedale tedesco, risultano migliorate le condizioni di Navalny che è fuori ormai dal coma indotto, reagendo positivamente alle cure che gli sono state prestate, anche se “un effetto a lungo termine del pesante avvelenamento non è ancora escluso”. Il principale oppositore del Cremlino, secondo le analisi effettuate in un laboratorio militare della Germania, secondo notizie riportate dalla stampa tedesca e diffuse nel resto del mondo, sarebbe stato “inequivocabilmente” avvelenato in Russia con un agente nervino di tipo Novichok. Questo ha messo in discussione il completamento del controverso gasdotto russo-tedesco Nord Stream 2, che ha pesantemente diviso il partito della Cancelliera tedesca Angela Merkel, la quale per la prima volta ha ipotizzato la possibilità di bloccare il progetto se non arrivassero precisi chiarimenti già richiesti al governo russo.

E’ notizia delle ultime ore (11.9) che Mosca seguirà le indagini sul caso di Alexei Navalny, ancora ricoverato all’ospedale di Berlino. La Procura generale della capitale tedesca ha in effetti aderito alla richiesta russa inviata al Dipartimento di Giustizia del Senato di Berlino.

La Russia ha dichiarato infatti di volere avere informazioni sullo stato di salute di Navalny dubitando peraltro dei risultati delle analisi svolte dal laboratorio militare tedesco, sotto la supervisione del Ministero della Difesa. Agenti della polizia russa e funzionari del Ministero dei Trasporti, saranno così autorizzati ad entrare in Germania e interrogare, quando e se possibile, l’attivista russo. In considerazione di questa vicenda, il governo francese, ha rinviato alla prossima settimana (quella attuale) la visita a Mosca dei suoi Ministri degli Esteri e delle Forze Armate, già prevista dal progetto di collaborazione che il governo francese ha sottoscritto con il Cremlino in materia di sicurezza.

Anche il nostro Presidente del Consiglio è stato tra i primi a condannare questo tentativo di avvelenamento e comunicato – come ha riferito in un’intervista a “Il Foglio” – di aver ricevuto assicurazione, nel corso di una telefonata con Putin, che “la Russia è intenzionata a chiarire l’accaduto e a collaborare con le autorità tedesche”. Prontamente smentita questa notizia da parte del portavoce di Vladimir Putin che in un comunicato ha puntualizzato che la chiamata era avvenuta per “iniziativa della parte italiana” deplorando qualsiasi tentativo di interferire negli affari interni della Repubblica e su Navalny ritenendo “inammissibili accuse frettolose e infondate a riguardo”.

A parte la gaffe di Conte e le titubanze di Macron che ha deciso di rinviare la visita ufficiale già programmata a Mosca, il caso Navalny ha riportato alla luce la prospettiva che la Germania rinunci a completare i lavori del progetto Nord Stream 2, tanto avversato dagli Stati Uniti e dai Paesi Baltici per cui – se non ci fosse stato un caso Navalny – sarebbe stato proprio il caso di inventarlo. A tal proposito, il Ministro degli Esteri russo Lavrov ha messo in guardia di giudicare frettolosamente e solo dopo aver accertato se vi sia stato avvelenamento e se vi è stata una corresponsabilità, diretta o indiretta del governo russo, a tutt’oggi ancora da dimostrare, ricordando polemicamente di valutare anche chi venga avvantaggiato da un mancato completamento del progetto Stream 2. Una decisione del governo tedesco di non completare i lavori, lascerebbe incompiuta un’opera gigantesca già in fase di attuazione che priverebbe certo la Russia di ingenti profitti (quelli cui aspirano gli USA) ma, sotto il profilo energetico creerebbe grossi problemi non solo alla Germania ma anche ai paesi europei interessati ad acquistare gas dalla Russia. Riaprendo, altresì, una stagione di conflitti con la vicina Russia, a favore di una politica atlantica che farebbe tutti gli interessi del governo USA. Insomma, si tratta di mettere in discussione la politica di sicurezza europea cui già da diversi anni sta lavorando l’UE in una prospettiva continentale. Come dice il proverbio “tra i due litiganti, il terzo gode”. Cerchiamo di tener conto di tutti gli aspetti del caso e, pur nel rispetto dei patti internazionali, evitare che l’Europa possa valutare la sua politica nei confronti degli USA che apertamente le stanno tentando tutte per far valere la sua posizione di super-potenza anche sul futuro dell’Europa e della sicurezza continentale.

14/9/2020

IL GASDOTTO DELLA DISCORDIA E IL CASO NAVALNY

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