SCONTRO APERTO A BRUXELLES SUGLI EUROBOND
Il gruppo dei paesi del Nord Europa si è dichiarato recisamente contrario all’emissione di eurobond, titoli di credito spendibili per finanziare la ripresa di cui possono beneficiare i paesi dell’Euro-zona, che ne garantiscono solidalmente il pagamento. Un’operazione questa appoggiata da un gruppo di paesi tra i quali la Francia, Spagna e Italia. Alla base di questo rifiuto vi è il patto sottoscritto all’epoca del varo della moneta unica in base al quale, appena i paesi dell’euro avessero raggiunto l’obiettivo di un debito pubblico al di sotto del 60% del PIL, non ci sarebbero stati ostacoli ad una “comunitarizzazione del debito”. L’entrata in vigore della moneta unica in effetti portò ad un calo dei tassi per cui una parte dei paesi ne profittarono per migliorare la produttività e risanare i conti. “Altri, tra cui il governo berlusconiano, se ne servì per una manovra di alleggerimento del peso fiscale, rinviando le necessarie riforme. La prospettiva di una condivisione del debito pubblico venne accantonata per anni” come scrive Andrea Bonanni su “La Repubblica” del 30 marzo u.s.. “Fu con la crisi finanziaria del 2008 che i mercati si resero conto della vulnerabilità dei bond emessi da alcuni governi più indebitati. La risposta più semplice – ancora si legge su La Repubblica – sarebbe stata l’emissione di titoli di debito comune per garantire la solvibilità complessiva della zona euro. La stessa Commissione aveva formulato un progetto da sottoporre agli Stati membri ma non se ne fece nulla”. L’Italia e gli altri 8 paesi chiedono il varo di uno strumento finanziario che non avrebbe l’obiettivo di rendere comuni i debiti pregressi ma di affrontare le nuove maggiori spese per far fronte alla recessione. Anche se così fosse, non si fa che “rivoltare la frittata” in quanto, in caso di default, a pagare i conti resterebbero i paesi economicamente più forti. E’ evidente che, però, alla luce delle difficoltà economiche generate dalla pandemia, non vi può essere altra soluzione che quella di un intervento finanziario di forte impatto per consentire alla macchina economica di riprendere la marcia. Saranno dunque i paesi più forti, che oggi fanno parte dell’UE a decidere se accettare o meno questo rischio, ben sapendo che, se non ci sarà accordo, potrebbero saltare o gli Stati più deboli sotto il profilo economico o nel caso peggiore tutta anche la moneta unica. Insomma, non ci sarebbero vincitori ma solo vinti. E questo potrebbe essere il dato politico più forte che possa convincere i paesi del Nord a riesaminare la richiesta avanzata dai paesi del Sud Europa. In questo quadro si inserisce anche il Commissario all’Economia, l’ex Presidente Gentiloni, che ha detto di avere buoni motivi per credere che si possa arrivare ad un accordo condiviso. Lo speriamo nell’interesse di tutti i popoli europei che ancora credono alla prospettiva della nascita degli Stati Uniti d’Europa che sarebbe, dal punto di vista politico, la soluzione ideale per evitare il rischio che si ritorni ad un’Europa delle nazioni.
1/4/2020