LA CONFERENZA SUL FUTURO DELL’UE
Probabilmente a maggio, se ci saranno le condizioni, sarà varata una conferenza per decidere sul futuro dell’UE. L’iniziativa è partita dalla Presidenza della Commissione europea: si tratta di un piano abbastanza ambizioso nella prospettiva di dare all’UE un ruolo più autorevole nel panorama mondiale. Una anticipazione dell’Unione politica con diversi obiettivi come quello di abbattere ogni emissione di gas serra entro il 2050, nonché di varare una politica comune in tema di immigrazione e di salvaguardare i diritti umani. Di pari passo impostare quelle riforme istituzionali necessarie per rendere efficace la manovra di cambiamento. Sotto questo profilo, purtroppo, a ben vedere manca proprio quella volontà politica che dovrebbe portare ad una riforma dei Trattati per dare più potere sia alla Commissione che al Parlamento. A tal proposito, ricordiamo che nel 2002 i paesi dell’UE diedero vita ad una Convenzione per la Costituzione europea che, partita sotto i migliori auspici si arenò miseramente difronte al rifiuto di Francia prima e Olanda poi di sottoscrivere il testo finale delle modifiche preparato sotto la guida dell’ex presidente francese Giscard d’Estaing. Sette anni dopo, nel 2009, si varò il Trattato di Lisbona che, pur riprendendo le prospettive dell’unificazione politica, ben pochi progressi ha prodotto in questi anni, alle prese con una crisi economica che ancora non si può dire superata e mentre il gruppo dei paesi cd. sovranisti – servendosi del diritto di veto previsto dall’art. 31 – ha fatto miseramente fallire ogni iniziativa di cambiamento. La crisi finanziaria ha fatto crescere il potere del Consiglio europeo dove, ormai, tutti i provvedimenti possono essere presi solo all’unanimità. Sono soprattutto i paesi di Visegrad come la Polonia e l’Ungheria che tirano il freno su quasi tutte le proposte politiche, soprattutto nel settore della politica migratoria e nel campo dei diritti fondamentali posti a base della Carta dei diritti dei cittadini europei. Recentemente, proprio per le ripetute violazioni di queste regole basilari dell’UE, il Parlamento si è trovato d’accordo a sanzionare il comportamento di questi due paesi che potrebbe anche portare all’uscita dall’UE. E’ il primo segnale di una politica forte nei confronti di chi viola le regole, soprattutto perché viene da un organismo che è stato direttamente votato dai cittadini europei e, quindi, ne rappresenta gli umori. Ma non basta in quanto alla fine, se non si smantella il funzionamento del Consiglio, tutto finirà per arenarsi. La Conferenza, dunque, si apre con il rischio di fallire prima ancora di iniziare ad operare, soprattutto se si considera che il primo “test” è quello dell’approvazione del bilancio dell’UE per il periodo 2021-2027. Un bilancio che si collega strettamente alle iniziative che la Commissione intende portare avanti. Per l’approvazione del bilancio c’è tempo fino alla fine dell’anno ma già si sono manifestati i primi segnali di dissenso che hanno preoccupato anche la Cancelliera tedesca Merkel, che ha sostenuto questa iniziativa. Molte personalità politiche che hanno fatto la storia dell’Europa, come Prodi ex Presidente della Commissione europea o Draghi, ex Presidente della BCE, si sono espressi a favore di queste riforme necessarie per superare l’immobilismo politico che frena ogni iniziativa di sviluppo. La riforma dei trattati, è l’unica strada che resta da percorrere, se si vuole effettivamente riaffermare la centralità dell’Europa in questo contesto mondiale in continuo mutamento.
24.2.2020
La conferenza sul futuro dell’UE